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lunedì 16 gennaio 2017

#CiaoNetflix: Sherlock s4e3 - The final problem

21:15
Oggi niente post sull'orrore. Oggi è il giorno in cui Sherlock finisce, e non esiste che si parli di altro.
Chiedo scusa per la monotonia recente del blog, ma capirete che ho aspettato 3 benedecti anni per questi episodi. Questo, un altro post sull'argomento che esce sabato e poi, davvero, è finita.
Qui sul blog, almeno, chè nella mia testa c'è materiale per i prossimi sei mesi.
E poi inizieranno revisioni, maratone, ricerche su tumblr, lacrime...


OVVIAMENTE DICO TUTTO E CREDETEMI CHE NON VOLETE SPOILER.

Ci siamo lasciati con uno sparo e una rivelazione gigantesca: la terapista di John era in realtà Eurus, sorella degli Holmes completamente rimossa dai ricordi di Sherlock a causa di un grande, gigantesco trauma. Eurus era imprigionata nel carcere di massima sicurezza di Sherrinford (che evidentemente non era il terzo fratello come tutti sospettavamo), ma l'abbiamo vista fuori, nel secondo episodio.

L'inizio mi aveva spaventato: non mi stava piacendo per niente. La sceneggiata a casa di Mycroft per farlo confessare e fargli sputare la realtà sulla sorella mi aveva un po' messo su il grugno insoddisfatto, ma John mi ha rimessa cheta cheta in un angolino, sfoderando la battutona fan service che ho amato perchè SONO UNA FANGIRL OK?

There's a place for people like you, the desperate, the terrified, the ones with nowhere else to run.  221B Baker Street.
E io lì a fare la ola sul divano, estasiata. Il fatto che si vivesse la questione della sorella ricomparsa con grande leggerezza mi aveva confusa, ma non rispondo dei miei sentimenti.
Mycroft, quindi, diventa cliente. Sottopone la sua storia alla coppia e la trasforma in un caso. Non è la prima volta che membri della famiglia vengono declassati a clienti, ogni volta che ripenso a His last vow e rivedo John indicare la sedia a Mary mi sento lo stomaco sussultare.
Ora, non so bene che opinione avere sul fatto che Sherlock abbia completamente rimosso la sorella, non so quanto sia scientificamente possibile e non so se mi interessa, perchè voglio mantenere inalterata la mia sospensione dell'incredulità, e perchè chi si ricorda dei casi canonici sa che la logica rigidissima non è sempre stata la regola.
Facciamo l'indiretta conoscenza di Eurus bambina attraverso i ricordi che iniziano a farsi spazio e a tornare (bellissima la bambina e adorabile che Mycroft sia cicciotto come il Mycroft grasso del mind palace di Sherlock) e la sorella si palesa subito come estremamente brillante, la migliore dei tre, ma pericolosa. Proprio mentre si chiarisce che Eurus non può essere scappata, ecco che un drone con una granata entra nel 221B.
Quello che c'è ora è uno degli scambi più belli dell'episodio: i tre uomini sono immobili, in cerchio, e parlano con i volti immobili. Il dialogo tra i fratelli è splendido, e l'interferenza di Watson è leggera e adeguata. Il 'good luck boys' di Sherlock è carinissimo e stringe il cuore. Cumberbatch è quasi un ventriloquo, perdio. È in questa scena che, finalmente, si inizia la rivalutazione di Mycroft. Amiamo Sherlock e Watson dall'inizio perchè sì, la serie è la loro. Mary arriva e si fa amare dalla prima comparsa. Mrs Hudson ha un cambio tardivo ma ormai inesorabile (scena dell'aspirapolvere, che ve lo dico a fare), mancava giusto Mycroft. Bravissimo Gatiss (a quanto pare più a recitare che a scrivere) e meravigliose tutte le sue scene in questo ultimo episodio. Umano, passibile di errore, molto più sentimentale di quanto ci sia mai stato detto.
Questo mette una pietra sopra al cinismo: abbiamo salvato Sherlock, ammesso che ci fosse qualcosa da salvare, ora è toccato a Mycroft. Noi sentimentali abbiamo il controllo del mondo e dalla nostra parte ci sono le menti più geniali del pianeta. Non c'è niente che possiate fare per fermarci.

Proseguiamo con l'episodio, e altri due mostri sacri fanno la loro comparsa: Eurus e Moriarty.
Di Moriarty voglio uno spin off. PAZZESCO. Entrata in scena, occhialetti, movenze, voce. È un figo incredibile e ha lasciato un segno enorme nell'episodio. E sì, c'entra anche il mio problema con i Queen.
Eurus, finalmente.
Imo, stupenda pure lei. Inquietante al punto giusto, disperatamente commovente poi, un ingresso in scena fulmineo. Redbeard ci ha accompagnato fin dalla prima stagione e ora che è diventato un qualcosa di reale è stato una palata in testa, anche se le teorie del web avevano ipotizzato qualcosa. Diventiamo tutti peggio dei complottisti pentastellati quando si parla di sto telefilm.
Dolcissima la carezzina sul capo finale, che sembra tanto messa lì a strappare lacrime apposta, ma che con me ha funzionato al 100% e che fa subodorare che i rumors avessero ragione: niente s5.
Onestamente se finisse così andrebbe bene.
Non ho trovato questo episodio al pari di altri, perchè questa serie ha toccato picchi esplosivi, di pura elegantissima perfezione. Alcune cose non mi sono affatto piaciute (la reazione dei genitori Holmes alla scoperta che la figlia era viva? tremenda e recitata con i piedi), altre mi sono entrate dentro e resteranno nel mio cervello a macerare a lungo, come è sempre stato.
Ora Sherlock è finito, forse per sempre. Ogni volta che finisce un prodotto di finzione così potente è un colpo al cuore, la nostalgia è reale io credo che sentirò la mancanza di questi due molto a lungo. È una serie invasiva e invadente, entra nel cervello e nei sentimenti e ci resta per settimane, monopolizzando i pensieri. Ma è un monopolio straordinario.

Vi lascio qui la sigla, per tornare a sentirla quando avrete voglia di un sorrisino con stretta allo stomaco.



Se non avete mai visto Sherlock fatevi questo immenso regalo.
Buona fortuna per i vostri sentimenti.
I miei sono già perduti.

martedì 10 gennaio 2017

#CiaoNetflix: Sherlock, S4E2, The lying detective

13:46
Chissà come mai i prodotti di finzione ci coinvolgono così profondamente. Non succede sempre e non succede a tutti, ma quando succede è un fenomeno incredibile, chiederò delucidazioni alla mia amica psicologa. Penso abbia a che fare con l'empatia, o qualcosa del genere.
C'è qualcuno, però, che lo sa molto meglio di me, ed è Steven Moffat, creatore della serie e autore dell'ultimo episodio andato in onda, The lying detective. 


COME AL SOLITO SPOILERISSIMI, CULO CHI LEGGE SENZA AVER VISTO L'EPISODIO

In questa puntata un nuovo Magnussen è sceso su di noi: risponde al nome di Culverton Smith, noto filantropo. Sherlock intuisce la sua natura di serial killer, ne diventa come suo solito ossessionato, e troverà il modo per riprendere con sè John nelle indagini., anche se entrambi stanno ancora elaborando il lutto per la scomparsa di Mary.

Empatia, dicevamo.
Quando scrivi di una grande perdita e di un grande dolore, hai due possibili scelte: o ce ne parli direttamente, riempiendoci gli occhi di immagini spezzacuore e di musica di Alessandra Amoroso, oppure li mostri. Per mostrarli senza parlarne devi essere molto, molto bravo sia in fase di scrittura che nella recitazione effettiva. È inutile che mi ripeta, tutti e tre gli attori che ruotano intorno a questo lutto sono straordinari e ci rendono il coinvolgimento semplicissimo da raggiungere. Quello che è meno scontato è che Moffat abbia scritto del dolore in un modo bellissimo, se questo fosse possibile.
John va in terapia, sembra non cavarsela male, ma vede Mary. La vede, la sente, le parla. Eppure non solo lui stesso è lucidissimo (non sta perdendo la testa per il dolore, non sta impazzendo), ma la visione stessa di Mary lo riporta costantemente con i piedi per terra, ricordandogli che lei non è altro che un prodotto della sua mente. Io non so quanto il fatto che quella lì fosse davvero sua moglie (o almeno che lo fosse al tempo, ora sono separati) abbia influenzato sulla performance di Freeman. C'è uno sguardo, in particolare, che mi ha annientata: John e Mrs Watson sono di fronte al video che Mary ha fatto per Sherlock. Quando la si sente dire, per la prima volta, 'Save him, save John Watson' la camera è fissa su di lui, e lui se ne esce con un'espressione che è un po' un sorriso, un po' un ghigno disperato, un po' il tentativo di non esplodere, ed è INCREDIBILE. Una scena da un secondo eppure una delle più alte di tutto l'episodio. Questo è lo Sherlock che ricordavo, una scena scura e minimale che è un proliferare di sentimenti.

E Sherlock?
Sherlock non è in sè, è Shezza, è tornato lo Sherlock tossicodipendente. Non che le droghe gli siano mai estranee del tutto, ma è tornato nel pieno del suo consumo. E anche se la trama ci dice che il suo consumo era volto anche al caso del serail killer, noi sappiamo che non è solo così. Non risponde di sè, lo vediamo toccare il suo punto più basso, urlare, scalpitare. Siamo abituati ad un aplomb diverso, raramente ha perso il controllo, raramente ha espresso i suoi sentimenti. Questo, però, vale solo a parole. Come la straordinaria Mrs Hudson ci ha fatto notare, Sherlock è molto più emotivo di quanto vuole far trasparire: spara, colpisce, accoltella quello che gli sfugge. Non tollera di perdere e di non capire, e non c'è niente di più umano di questo. È di Sherlock la battuta migliore dell'intero episodio, nella scena (che al momento in cui scrivo ho visto quattro volte), del confronto con John:
'In saving my life she conferred a value on it, in a currency I don't know how to spend.'

E per la prima volta, Sherlock sembra soffrire davvero. Sembrava fermo anche quando stava prendendo una manica di mazzate da John, nella scena che a me ha spezza il cuore più di tutte. Ma qui, quando ha lo sguardo perso nel vuoto nell'ammettere che c'è qualcosa che non sa, è devastante. Vorrei dire che mi sono fatta forza, che non ho pianto, invece mi sono prosciugata. Subito dopo, la confessione di Watson alla moglie, all'immagine che ha di lei. Il tradimento (mai consumato), i pensieri, l'averla trascurata. Nemmeno il momento leggero in cui si ritira in ballo Irene Adler è stato sufficiente ad abbassare l'esplosivo impatto emotivo del momento.

Mary, in tutto ciò, è strabiliante. Buffa, allegra, intelligente, curiosa come sempre. C'è un quarto di secondo in cui rivolge uno sguardo orgoglioso al suo uomo, gli sussurra 'Attaboy' con una dolcezza che hanno causato pelle d'oca costante. Per tutto l'episodio fa quella cosa che John le attribuisce nell'ormai citato confronto con Sherlock: tira fuori il meglio di lui. Lo spinge ad andare oltre, a chiedere informazioni, ad approfondire. Ad un certo punto dice un semplice 'JOhn, do better' che è la summa del suo comportamento per tutto l'episodio. Ed è quello che gli lascia alla fine, quando sembra pronta a lasciarlo andare, incitandolo ad essere sempre l'uomo che lei credeva lui fosse.

Mrs Watson finalmente smette di essere l'ochetta che credevamo, sappiamo da sempre che ha molto più carattere di quanto ci sia mostrato, perchè sappiamo del suo passato. Qui è la figura materna di cui i due uomini avevano bisogno: è determinata ed estremamente protettiva, il suo confronto con il sottovalutatissimo Mycroft è esemplare. Mycroft, dalla sua, non è male come viene rappresentato. È lui quello realmente incapace con gli umani, non possiamo mica fargliene una colpa.

In conclusione, il caso: brillante. I serial killer sono i preferiti di Sherlock, lo sappiamo dal primo episodio ('It's Christmas!'), e lo vediamo dalla passione con cui ci si butta. Il suo cervello torna ad essere al massimo delle sue capacità, portandolo, come sempre, due passi avanti agli altri (o due settimane, dipende dai punti di vista).
Il finale è stato soprendente: sapevamo dai rumors che in questa stagione il terzo Holmes avrebbe fatto capolino e conoscendo lo stile di scrittura della serie sappiamo che le pistole di Cechov non sono certo una novità, quindi se inseriscono qualcosa o qualcuno di nuovo questo deve colpire. Io, però, che sono nata e morirò babba, non avevo capito un cdn e quindi ho AMATO il finale.

Scusate per il fiume di parole fuori programma. Mi prudevano le dita, non avrei mai potuto aspettare sabato a parlarne.


sabato 7 gennaio 2017

#CiaoNetflix: Sherlock, S4E1, The six Thatchers

13:44
Prima di Lost, prima di Friends (questa è pesante, ma bisogna guardare la realtà), prima di Sense8, nel mio cuore c'è sempre stata lei, Sherlock. La mia serie tv preferita. 
L'ho detto.
E no, smettetela, non è (solo) per Cumberbatch.
Da ANNI soffrivo come un cane nell'attesa di questa stracavolo di quarta stagione che lo stracavolo di Moffat, portatore di delizie e sofferenze, mi faceva aspettare. E ora è qui, ed è l'ultima. Soffro atrocemente al pensiero che tra due settimane sarà tutto finito, e per sempre. Ma ora è il momento della gioia, Sherlock is back!


In questo primo episodio vediamo Holmes avere a che fare con il ritorno presunto di Moriarty, nemesi storica. Quando quindi un caso apparentemente semplice si rivela più articolato del previsto, il pensiero andrà subito a Moriarty.

Se mi lasci in sospeso per un tempo così lungo innanzitutto meriti di essere sfanculato in tempo record. Mi trattengo per un momento, dandoti il tempo di dimostrarmi che questa attesa ne è valsa la pena. 
MA NON È COSì PORCA MISERIA LADRACCIA MALEDETTA
Cosa è successo, BBC? Ti sei stancata? Non volevi più fare Sherlock ma il finale della scorsa stagione ti ha vincolato? SONO AFFARI TUOI io quelle transizioni lì che mi pareva di guardare un fotoromanzo di GrandHotel non le voglio vedere maimaimai più. Giurami che nel prossimo episodio la smettiamo con questo trash e ci riprendiamo la sobria eleganza che ti ha contraddistinto fino ad ora. Siamo d'accordo? Non posso stare qua a guardarti mandare in vacca la serie tv più bella che sia mai stata realizzata senza fare niente. Ti faccio due scatole sui social che mi faccio denunciare per stalking. La testa di Cumberbatch che si fonde con il mare deve scomparire dal web e dobbiamo tutti scordarci che è esistita.
Le immagini non le ho riconosciute come familiari, mi sono sembrate davvero scadenti e non sono cose che posso accettare da un prodotto di questo tipo. Mi fa malissimo il cuore.
Chiariamo, l'episodio non mi è dispiaciuto. Ma a me le immagini interessano tantissimo, sono per me fondamentali, e non riesco a credere che la BBC non potesse fare meglio. Persino la scena di Lestrade fuori dalla porta di Sherlock con la ragazza di cui non ricordo il nome: concordiamo che c'è qualcosa nell'inquadratura di quella scena che non ha niente a che vedere con lo stile a cui siamo stati abituati?
Per il resto abbiamo: un'inconsueta lentezza, uno script un po' sottotono e casi poco pungenti.

Leggendo alcune critiche in giro, però, e mi riferisco in particolare a quella di Wired, mi sono trovata in forte disaccordo sulle argomentazioni. 
Partiamo da una: l'articolo rimprovera l'assenza di Moriarty, e lo fa anche ripetutamente. Ma davvero, dopo la super conclusione della stagione 3, ci aspettavamo che la questione Moriarty venisse bruciata nel primo episodio? Davvero? Non era più probabile che invece Moriarty in questa stagione tirasse fuori la sua vera natura, ovvero non quella di nemesi reale di Sherlock, quanto piuttosto di sua ossessione? Moriarty non è importante in quanto pericoloso criminale, ma in quanto mette in dubbio le sue capacità, in quanto diventa il suo chiodo fisso. Tutto l'episodio è PIENO di Moriarty, non come presenza fisica (cosa che credo non avverrà nemmeno nei prossimi episodi) ma in quanto pensiero ossessionante, che è la sola cosa che conta del personaggio. La sola esistenza di Moriarty mette Sherlock in crisi costante, che lui sia presente o meno. Il solo ipotizzare un suo ritorno è elemento di caos e confusione. Che ci si potesse aspettare altro mi incuriosisce. 
Altre cose che io ho trovato positive: l'ennesima conferma di Martin Freeman come attore più sottovalutato della sua generazione. Qualcosa nello sguardo di Freeman colpisce drittissimo nei sentimenti, è intenso da morire e MAI, MAI che risulti esagerato o mascherina. È credibile, in ogni istante, anche quando guarda il suo riflesso nel vetro di un bus e torna con i piedi per terra. Senza fare spoiler mi riesce difficile argomentare ancora di più, quindi continuiamo sotto l'alert.

DA QUI SPOILER CHE POI SE LEGGETE SONO AFFARI VOSTRI

Lo stesso articolo di Wired, che sto usando per sviluppare la mia, di argomentazione, parla - male - della morte di Mary. La definisce fan service. Ma il canone è stato letto? Mary è stata uccisa da Conan Doyle, mica da Moffat. E il personaggio era stato inserito nella vicenda talmente bene e in modo talmente unico (non è la moglie che porta via l'uomo al suo amico, ma è parte integrante della vicenda e delle indagini e, soprattutto, è amatissima da Sherlock stesso) che nessuno si sarebbe auspicato la sua dipartita per riuscire ad ottenere di nuovo la bromance tra i due uomini. Avremmo potuto risparmiarcelo, nella serie? Sì, certo, ma perchè? Perchè non inserire un elemento di disturbo, perchè non sfruttare la cosa che ci avrebbe finalmente e definitivamente eretto Sherlock a quello che è: un umano?
Ora, non guardando Doctor Who mi sento di poter parlare solo in parte, ma a me pare che a Moffat e compagnia piaccia assai prendere personaggi che non hanno niente di umano per poi esplorare la loro umanità. Se Sherlock ha scoperto l'affettività con la presenza di John prima e Mary poi, il dottore ha sempre bisogno di una companion. In che modo questo è un male? Non sono stati snaturati i personaggi, sono solo evoluti, e alla quarta stagione un po' di evoluzione non solo non fa male, ma è naturale.

Tirando le somme del primo episodio: inizio poco brillante, dopo una simile attesa chiedevo tanto, tanto di più. I tre volti protagonisti si sono confermati attori straordinari, e, come mi era successo anche con quella cosa tremenda che è stata Gilmore girls vA year in the life, il solo respirare l'atmosfera dei luoghi e dei volti familiari è stato bellissimo.

Il prossimo, comunque, è scritto d Moffat.
Steven, sorprendimi.

venerdì 22 aprile 2016

Non solo horror: Hamlet

14:25
Non sono mai stata una di quelle che su un isola deserta porterebbe Shakespeare. E se proprio dovessi portarlo lascerei a casa volentieri le tragedie in favore delle commedie.
Colpa della mia prof delle superiori? Colpa della mia ignoranza e basta? Chi lo sa.
Sta di fatto che è così, e dovrò migliorare.
Amleto, però, ha sempre esercitato su di me un fascino tutto suo, per colpa della versione del 96 di Kenneth Branagh.

Un bel giorno, grazie al video che trovate qui sotto, scopro che è in giro a Londra un nuovo Amleto.
Con Cumberbatch.

Mi sono sentita male a lungo, pensando a quanto inutile sarebbe stata la mia esistenza se non avessi  mai avuto l'occasione di vedere il mio adorato Benedict nei panni dell'altrettanto adorato principe di Danimarca.
E invece il mondo ha agito in mio favore, portandomelo in sala.
In lingua originale.

Per quanto possa sembrarvi assurdo, prendetemi sul serio quando vi dico che ogni parola che seguirà non sarà influenzata in alcun modo dal mio sconfinato amore per il Cumberbatch.
Il fatto che lui sia smisuratamente bello, che abbia un'eleganza e un portamento da scombussolamento ormonale, che si porti a spasso la voce più bella e sensuale mai udita in tempi recenti, che ne sia talmente infatuata da essermi presa una cotta anche per il modo in cui porta la fede nuziale, non hanno niente a che vedere col fatto che lo consideri anche un attore straordinario.
E la mia dichiarazione di imperituro amore si conclude qui, con un piccolo pensierino per tutte le altre donne che guardano a quel paio di occhi che riflettono la luce sospirando.
Prego, signore, è un piacere condividere con voi tutte:


Ok, Amleto.
È stato bizzarro guardare il teatro al cinema.
Non che si sia sofferto alcunché, ma è stato particolare, e mi è piaciuto molto.

Balza subito all'occhio la singolare scelta dei costumi, dal momento che Orazio si presenta in scena con la tenuta più hipster che abbia mai visto in lavori così seri. Scelta che magari avrà fatto storcere il naso ai puristi, ma che io ho trovato gradevole, quasi frizzante.
Così come piene di vitalità si rivelano le scene con un brillante e divertente Polonio. Eppure nessuna delle risatine strappate dalla sua colorata recitazione ha tolto il minimo pathos al profondo dramma che si stava svolgendo intorno a lui, ignaro del dolore, del trauma, costretto a ridurre tutto ad una pena d'amore.
Vorrei dire che ho amato tanto anche Ofelia, ma mentirei sapendo di mentire: troppo Zooey Deschanel per convincermi. E badate che a me la Deschanel piace, ma non qui, non così. L'ho trovata poco delicata, è una critica che ha senso di esistere?


Il vero punto della questione è che tutto questo non ha contato niente. Non ho nemmeno dato troppo peso al fatto che Guildenstern fosse indiano. Intendo proprio indiano dell'India, con l'accento di Rajesh Koothrapali. Il punto è che Cumberbatch ha preso possesso del palco, dell'attenzione del pubblico, della scena tutta, e ha coperto tutto il resto. Una monumentale presenza che è riuscita a sovrastare tutto ciò che la circondava senza mai dare la sensazione di VOLERLO fare. Mai che abbia dato l'impressione di godere della maestosità dei suoi interventi. Mai che abbia messo nell'ombra gli altri con la ferma intenzione di farci gridare che più bravi di lui non ce n'è.
Eppure ogni sua comparsa in scena le regalava luce nuova.
O forse si dovrebbe dire oscurità nuova.
Io non lo so se Cumberbatch nella sua vita abbia mai sofferto per grandi traumi, o lutti. Se non è così, il suo modo di trasmettere il dolore è spiazzante. Amleto è tante cose, ma prima di tutto è un uomo che soffre profondamente. Ha perso la guida di un padre ideale, nobile più nello spirito che nel sangue, e lo piange con una convinzione che lascia il pubblico affranto. Non paga di ciò, la vita lo mette di fronte allo sgretolamento del concetto di famiglia, ad una madre privata della sua umanità, alla totale assenza di empatia da parte di chiunque lo circondi.
E lui, lo Sweet Prince, impazzisce.
Per finta, lo sappiamo, ma in fondo potrà mai un uomo, dopo tale dolore, tornare quello di prima? Non lo sapremo mai, non per Amleto.
Non per quell'uomo che, in ginocchio su una tavola, vestito come un soldatino di piombo, si interroga sulla vita, nel monologo più famoso di sempre. Benedict fa il miracolo di pronunciare delle parole così note e ripetute da essere diventate quasi l'ombra di se stesse senza sembrare che le stia recitando. Per la prima volta in anni ho sentito qualcuno chiedersi 'Essere o non essere?' senza dirlo con il piattume e la consuetudine che la notorietà hanno inevitabilmente donato al lavoro di Shakespeare. Ho visto davvero un uomo affranto, accasciato sulle ginocchia, decidere se questa vita valesse la pena di essere vissuta o se porle fine per liberarsi dal fardello del dolore.


Vorrei essere in grado di parlare di Amleto nel modo in cui merita.
La cosa più semplice e superficiale che mi sento di dirvi per comunicarvi la potenza di questa particolare trasposizione è questa: ero al cinema con la mia amica, la mia partner in crime per eccellenza, davanti a noi una numerosa scolaresca delle superiori.
Ho iniziato la visione pronta ad usare la violenza contro le bestiacce adolescenti se solo qualcuno si fosse azzardato a fiatare.
Nessuno ha detto una parola, in tre ore abbondanti di opera teatrale in un inglese del 1600.
Il merito è di sicuro da attribuirsi anche al reparto tecnico, che con un gioco splendido di luci e musica ha trasformato un'opera in un'esperienza.

Tre ore di magia, e the rest is silence.

sabato 1 marzo 2014

Maripensiero: Sherlock

11:57
Mi dispiace, non ho resistito.
Dovevo parlare di Sherlock, prima o poi, perché ultimamente non parlerei d'altro. Ho una fissa senza precedenti. Mi sono innamorata.
CI SARANNO SPOILER. 

Tempo fa si sentiva un gran parlare di sto Sherlock e del suo compagno di merende Elementary, ma io, da appassionata della saga letteraria (in due mesi mi sono sparata tutti e dieci i libri, non leggevo altro) li ho sempre snobbati senza pietà. Con astio proprio.
E con Elementary è ancora così perché Watson DONNA CINESE NO.
La prossima volta mettiamo direttamente un opossum al posto di Sherlock Holmes allora.

La voce supersexy di Smaug (qui il post su Lo Hobbit), però, mi ha distolto dal mio snobismo, per lanciarmi senza cinture di sicurezza in quella che è diventata una delle mie serie preferite di sempre.

Quanto può essere difficile per un produttore, un regista e tutta la loro combriccola, girare qualcosa di dignitoso su un tema così sfruttato come Sherlock Holmes? Si è già detto e fatto tutto, eppure la BBC ha trovato la formula magica per giocare con Conan Doyle, attualizzandolo, ma senza idiozie esagerate. Si usa Google Maps, Sherlock ha lo smartphone sempre in mano, John non è uno scrittore ma un blogger, e per questo noi colleghi gli si vuole molto bene. Eppure i romanzi sono trattati con rispetto e considerazione, non vengono stravolti ma riadattati e, perdonatemi l'esagerazione, a volte migliorati.

E siccome non ne facevo da un po', diamo il bentornato ai miei elenchi puntati, ecco le cose che amo di Sherlock!

1 - Il modo in cui corrono i due omini. Uomini di testa più che d'azione che corrono in un modo buffissimo. Epico il momento in cui John, zoppo solo nella sua mente, dimentica il bastone e rincorre il taxi come se non ci fosse un domani.

2 - I fermo immagine. Però non so, si chiamano così? Sono splendidi.

3 - Mary, aka la moglie che ognuno vorrebbe avere. Non fa storie quando John esce con gli amici (l'amicO, ma insomma, ci siamo capiti), lo lascia divertire alla sua maniera. C'è chi guarda la partita con la birra e la pizza e chi rincorre criminali per Londra, va bene uguale. Ma anche Irene Adler, stagione 2, ma anche la signora Hudson, dolce, tenera e materna, quello di cui i due signori hanno decisamente bisogno. I personaggi femminili sono secondari, ma ben strutturati, interessanti, simpatici. Se cercate gnoccolone insipide avete decisamente sbagliato serie.


4 - Smart is the new sexy, l'ho letto su Facebook.

5 - B E N E D I C T  C U M B E R B A T C H . Il suo carisma incredibile, la sua voce, gli occhi, il suo essere davvero un bravo attore, che gioca tantissimo con gli sguardi, e quanto gli viene bene. Sorride due volte a puntata se va bene ma quando lo fa bisogna mettere in pausa per cogliere siffatto fascino. Porta un cappotto ridicolo, ma lo indossa con uno stile che levatevi tutti. Il colletto alzato che tutto è meno che tamarro. Parte sicuramente avvantaggiato dal fatto che interpreta un personaggio scritto divinamente e dal fatto di essere un figo non indifferente (ne parliamo, donne?). Non ho aggettivi per descrivere il pacchetto completo. Terrebbe tranquillamente in piedi la serie da solo, eppure non oscura gli altri. Che vi posso dire, è la mia celebrity crush del momento. Potrei parlare solo di lui in tutto il post.


6 - I casi e la loro risoluzione. Costanti strizzate d'occhio ai romanzi, ma con una loro personalità indipendente, intriganti, e con finali mai deludenti. Lanciatevi direttamente nella terza puntata della terza stagione che è un'esperienza irrinunciabile. Migliore da sola della maggior parte dei film che ho visto.

7 - Le location, una Londra elegantissima,un appartamento piccolo, incasinato, intimo, familiare, con parti umane nel frigorifero, occhi nei bicchieri, un costante esercizio al piccolo chimico.

8 - I cliffhanger. Usati in migliaia di episodi in migliaia di serie, ma qua i finali di stagione amici sono da arrabbiatura profonda. Ma quanto intrippano. Grazie a Dio io ho visto tutto di fila, se no credo avrei distrutto una parete alla fine della seconda.

9 - Quelle goffe, tenere, affettuosissime scene d'amicizia tra i due strampalati elementi, così diversi e complementari che è impossibile immaginarli separati, quanto sono dolci, anche nel costante gioco 'gay o no'. Come il momento incredibile, splendido, commovente e divertente del discorso di Sherlock da testimone al matrimonio di John, uno dei monologhi più belli che abbia sentito di recente. Il momento in cui Sherlock rivela il suo lato più umano, con quel poco di emotività che gli è concessa da un carattere troppo razionale, con l'eleganza e la compostezza che lo contraddistinguono puntata dopo puntata.
Una meraviglia di scena, certamente la mia preferita.
Sono romantica, che ci dobbiamo fare.


10 - Lat but not least, la sigla. Di per sè non è che sia proprio una canzone bellissimissima, ma quando compare nei momenti clou dell'episodio ogni volta mi strappa un sorriso incredibile, come rivedere un volto amico.


Guy Ritchie, fatti un piacere, fatti da parte, che qua ti hanno mangiato violentemente in testa. Sì, Robert, anche tu. Soprattutto tu.

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