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giovedì 1 ottobre 2015

Ballata dell'odio e dell'amore

14:25
(2010, Alex De La Iglesia)

Dopo un'estate da dimenticare, un periodo di lontananza importante dal blog (quasi più mentale che effettiva), con cosa potrei ricominciare?
Vediamo...un capolavoro? Un cult? Una trashata? Un film di merda così ci risentiamo tutti a nostro agio?
Ma no!
Perché non rimettere le dita sulla tastiera parlando di un film che ha spaccato le opinioni a metà, così da causare liti e lanci di sassi nei commenti, perché non iniziare subito dando motivo alle persone di defollare immediatamente?
Esatto, perché?

Perché non sono riuscita a resistere ad un nome così splendido.
Perché con questo video qui il mio adoratissimo Claudio Di Biagio mi aveva conquistata.
Lui apre la sua recensione spiegando come il film o ti conquisti completamente o non ti riesca a convincere del tutto.
E io, che avrei disperatamente voluto che Balada triste de trompeta mi facesse innamorare, rientro nella seconda categoria. Un po' perché con un titolo così non puoi deludermi, le parole sono troppo importanti. Un po' perché le immagini sono di una bellezza commovente, con tutto quel grigiore.

Ma prima è il caso di raccontarvi di cosa parliamo.
Javier, ultimo di una generazione di pagliacci, segue le orme del padre e intraprende la strada del pagliaccio triste. Non ha alternative, non è mai stato bambino e non ha idea di come si faccia ad essere allegri. Finisce a lavorare in un circo come tanti, la cui attrazione principale è Sergio, il pagliaccio felice. Felice solo in scena, però, fuori dal suo lavoro è un ubriacone violento e prepotente. Proprio con questo esemplare della feccia umana Javier divide l'amore, quello per la trapezista Natalia.
Non finisce bene per nessuno, e come potrebbe?


Avrei tanto voluto restare estasiata davanti allo schermo, perché mi ero presa una cotta per il titolo, il 'mood', il volto dei personaggi, la storia...
invece MEH.
Cerchiamo di essere chiari: quando leggo recensioni estasiate di persone molto ma molto più competenti e capaci di analisi di me ci credo sempre. Questa volta idem, ho visto molta gente esaltare il lavoro di De La Iglesia, in modo anche molto ben argomentato e mi sono arresa al fatto che questa volta la colpa è mia e mia soltanto. Se leggo 'Questo film mi ha fatto schifo/è un capolavoro punto e basta.' prendo la tua opinione e le dedico lo scopo che viene dato ai giornali vecchi. Non me ne faccio niente. Quando invece un'opinione è ben costruita, supportata da tesi intoccabili e in cui credo, allora alzo le mani.

Penso sinceramente che questo film sia lo splendore che certi esaltano. Lo credo sinceramente. Solo che io non l'ho capito.
Non è che non abbia capito il film, dai. La storia è semplice, tutto sommato.
Ho colto i sentimenti strazianti, uno per uno. Ho apprezzato che il vero cattivo qui non fosse quello che ci aspettiamo noi, quanto piuttosto la sua bionda mogliettina (e non è uno spoiler), ho apprezzato che si trattasse anche il tema delle donne vittime di violenza che per un motivo piuttosto che un altro non riescono a rinunciare al loro aguzzino.
Può essere che il mio problema sia il riuscire a restare concentrata in un film in cui si mescolano sentimenti così disperati ad un aspetto così grottesco. Aspetto che, lo ripeto nel caso vi sia scappato, ho trovato bellissimo.

Solo che davvero, non mi sono commossa.
Forse sono un mostro.
Non lo so, eppure piango sempre quando vedo l'episodio in cui Rachel molla Ross perché lui è andato con quell'altra dopo che LEI gli aveva chiesto una pausa. Sta stronza maledetta senza cuore.
L'amore mi commuove sempre, soprattutto quello disperato, combattuto, quello che ti marcisce dentro. (Ma no, non mi piace Romeo e Giuletta, mi dispiace.) In questo caso, però, nonostante si rientrasse perfettamente nella categoria di quel tipo di amore lì, io impassibile davanti allo schermo a vedere questo pover'uomo deformarsi il volto per lei.


È solo che io certi tipi di analisi, così profonde con i paroloni complessi, non li so fare. Non sono brava a leggere i sottotesti, a capire le intenzioni degli autori e dei registi, mi accorgo a malapena se un attore abbaia o invece è bravo. Un film mi emoziona oppure no, motivo per cui tengo 'solo' un blog e non sono invece una critica affermata.
Forse semplicemente Balada triste de trompeta è un film troppo intelligente per me.
Ipotesi da tenere sempre bene a mente quando dico che un film mi ha fatto schifo.


giovedì 11 giugno 2015

Musarañas

11:26
(Esteban Roel, Juan Fernando Andrés, 2014)

Vi è mai capitato un periodo di freddezza?
Guardavo film ma mi lasciavano indifferente, mi mancavano le parole.
E qui lo sento, il vostro sospiro di sollievo.
Poi leggo di Musarañas.
Soprattutto, leggo Luis Tosar.
E il mio momento di silenzio finisce.

Montse è una giovane donna che vive rinchiusa in casa con la sorella minore. Non riesce a varcare la soglia di casa da anni.
Uno spiraglio di mondo esterno le si apre nel momento in cui soccorre Carlos, un vicino di casa caduto dalle scale, che da quel momento starà in casa loro fino a quando non si sentirà in grado di andarsene.


Prima d'ora non mi ero mai fermata a riflettere sul mio viso e sul modo in cui lo uso. Adesso, proprio perché ci sto pensando, mi rendo conto di quante volte nella vita reale il mio viso rimane come una maschera di cera, quando non voglio palesare qualcosa che sto provando, per esempio. Immagino sia una cosa che facciamo tutti, più o meno consciamente.
E' anche probabile, invece, che lo faccia solo io e faccia la figura della tonta, ma tant'è.
Ci sto pensando perché nella passata ora e mezza sono stata folgorata da uno dei visi più particolari su cui abbia mai posato lo sguardo: quello di Macarena Gomez. Una bellezza decisamente non convenzionale.
Stavo pensando al modo in cui usiamo il viso perché prima d'ora ho visto pochissime persone usarlo come fa lei. Perché quando hai dei lineamenti così particolari (e, quindi, riconoscibili) è facile cadere nel 'Ahhhhh! Ma quella è Macarena Gomez!'. E invece zero. Pur essendo quello il suo viso, all'apparenza anche poco truccato, Macarena è completamente annullata dentro Montse.


La cosa che però mi ha fatto cadere inevitabilmente innamorata di Musarañas è che di suo sia una pellicola davvero, davvero bella a prescindere dalla Gomez. E' sinceramente inquietante e claustrofobico (come non esce Montse di casa, anche noi ne siamo vincolati, salvo una piccolissima eccezione), la tensione, soprattutto nella parte finale, è quasi insostenibile. I colori sono tenui, quasi spenti, l'ambientazione è deliziosamente vintage senza strillare 'EHI! SIAMO NEGLI ANNI 50!'. E anche tutti gli altri attori sono di un signor livello (risalutiamo Tosar, in personaggi sempre più merda in ogni film che passa).
Eppure, l'interpretazione assolutamente fuori dalla norma della nostra protagonista lo eleva a film eccezionale. Lei, le sue mani costantemente in movimento e i suoi occhioni sbarrati. Lei che interpreta un personaggio così complesso, e sembra farlo con una naturalezza tale che mi fa dubitare della sua salute mentale anche nella vita reale.
Un personaggio, tra l'altro, incredibile. Fortissimo, combattutissimo, pieno di sofferenza. Un personaggio crudele ma a cui non si riesce ad attribuire alcuna responsabilità per quella stessa crudeltà. Io, che non ho mai desiderato entrare nel mondo del cinema ma solo fruirne dall'esterno, non posso che guardare con sconfinata ammirazione quello che una persona può fare con il suo corpo. Prenderlo, e renderlo quello di qualcun'altro.


Sono molto ammirata da quello che gli spagnoli riescono a mettere in piedi. 
Io mi trasferisco.

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