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lunedì 6 febbraio 2017

Alien

18:35
In questo periodo che per me è stato di grandi recuperi, Alien pendeva sulla mia testa, la lacuna che mi causava più imbarazzo in assoluto. A volte molto semplicemente non mi sento all'altezza del Cinema quello grande con la maiuscola e quindi rimando. Solo che quest anno è morto John Hurt, che sebbene nel mio cuore sarà per sempre lo splendido Olivander, ho deciso di omaggiare nel mio piccolissimo lanciandomi nella visione di una delle mie più grandi soggezioni.

Inspiegabilmente manca il gatto

Protagonista di Alien è l'equipaggio del Nostromo, un'astronave di ritorno sulla Terra. Gli uomini e le donne presenti sulla nave vengono svegliati dall'ibernazione da un segnale di emergenza a cui sarebbe stato molto, molto meglio se non avessero risposto.

Inevitabili anticipazioni 

Vediamo di partire come al solito da me. Ne ho parlato spesso, ho visto molti più film recenti che anzianotti e i miei occhi sono viziatissimi. Poi capita spessissimo che il Cinema mi castighi, come in questo caso, ma ogni volta parto convinta di dovermi adattare ad effetti vecchiotti e immagini datate. Non è che questo sia sinonimo di minore qualità, ma so che siete troppo intelligenti perchè io stia qui a specificarvelo.
Alien è un film del '79, i miei sensi erano preparati a dover fare il doppio del lavoro. Risultato? Pare girato ieri. Un invecchiamento degno di Audrey, elegantissimo e quasi incredibile. Un esempio tanto ovvio quanto efficace: io poche volte distolgo lo sguardo dallo schermo. Non è mica un vanto, solo che è così, gli occhi si abituano a tutto. L'ultima volta in cui una scena mi è stata davvero insostenibile stavo guardando Martyrs, scena degli spuntoni in testa alla prigioniera, incubi eterni. Non lo faccio con film recenti, dagli effettacci pazzeschi fatti al pc che non lasciano spazio all'immaginazione, ma non sono riuscita a guardare la scena della morte di Hurt. Certo, poi si va sul Movie Database, si cercano i trivia che sono sempre una goduria da leggere, si spiega tutto, si crede di essere a posto. Poi riguardo il film: non la so ancora guardare. Ma la cosa DAVVERO incredibile è che io sono già provata quando arrivo lì, perchè prima il sempre povero John Hurt ha sulla faccia un coso repellente. Ad un certo punto Ash cerca di sollevare un tentacolo dele facehugger, e la pelle si solleva insieme. Non si strappa, non c'è ancora sangue, si intuisce e si dice solo cosa potrebbe succedere.
Oh, è bastato un niente, e io cappottata dall'impressione.

Avevo una paura incredibile di annoiarmi, perchè questo è quello che mi fa la fantascienza. Ci provo con un'intensità che lo so solo io, e non mi perderò il Dune di Villeneuve neanche a morire, ma mi annoio. Le astronavi già mi mettono a disagio perchè non so mai come chiamarle e la parola astronave mi fa ridere e pensare a cose poco serie, non riesco a darle pathos. È indubbiamente un demerito mio, eh, ma è così. Ci sto lavorando. Alien è tutto in un'astronave, in un'intricatissima e labirintica astronave, e la cosa non mi è pesata per un istante. Perchè ero persa insieme a loro, disperata insieme a loro, mi è mancata l'aria insieme a loro. Li ho visti cadere come i dieci piccoli indiani, perdendo fiducia l'uno nell'altro con una velocità spaventosa, incapaci di capire se e come ci fosse possibilità di salvezza, e me la sono fatta sotto insieme a loro. Perchè aldilà della classificazione di genere, che sia fantascienza o horror o fantahorror o horrorscienza (??), la cosa fondamentale è che il senso di sconfitta assoluta con cui mi sono ritrovata a visione finita non me l'ha dato nessun altro film, non così. Ripley da sola con Mr Jones sulla scialuppa a registrare il messaggio è uno dei finali più intensi a cui abbia mai assistito.
Se volete un'analisi approfondita delle implicazioni e dei mille piani in cui si può studiare un Capolavoro come questo ci possiamo anche provare, ma come al solito non è questa la sede. Qua restiamo sul basilare, su un concetto di Cinema che può essere straordinaria opera d'arte restando anche intrattenimento purissimo, capace di colpire anche lo spettatore meno analitico (spoiler: io) per incollarlo al divano terrorizzato. Due ore che scorrono come due minuti, intense a livello di tensione e di emozione. Perchè la solita cosa che le persone si dimenticano di dire quando parlano dell'horror è che spesso e volentieri offre spunti di riflessione sull'umanità profondissimi, e lo schiaffo di Lambert a Ripley (due personaggi femminili stupendi) ne è la più forte dimostrazione. Indimenticabile.

E, alla fine di tutto, Alien dà una lezione fondamentale: l'importante è salvare il gatto.



Per una recensione ben più approfondita della mia, QUA c'è quella di Exxagon.

martedì 25 ottobre 2016

Incontri ravvicinati del terzo tipo

14:53
Me ne frega qualcosa di alieni? No.
Me ne frega qualcosa di Spielberg? No.
Quindi che film guardo?
Incontri ravvicinati del terzo tipo.
Chiaro.

Roy è un elettricista, Jillian la madre di un bambino tra i più belli che io abbia mai visto in un film. Insieme ad altre persone assistono a strani fenomeni in cielo, e capiscono che si tratta di alieni. La loro curiosità non viene affatto soddisfatta dalle autorità,e toccherà a loro andare a fondo.


Io non lo so cosa mi sia venuto in mente, perché se oggi penso a me che guardo un film di millecinquecento ore (va beh, sono due abbondanti, ci siamo capiti) che parla di astronavi con le lucine mi viene da ridere. Non è la mia cup of tea, e capisco che in effetti verrebbe da chiedere quale sia, la mia cup of tea, dato che non mi piace quasi niente.
Come mi era già successo guardando Pacific Rim, però, ho provato ad uscire dalla mia adorata comfort zone, e a buttarmi su qualcosa di fuori dai miei canoni. Come con Pacific Rim, ne è valsa la pena.

La curiosità è una di quelle caratteristiche che mi fa piacere le persone. Figuratevi quindi come mi è piaciuto Ray. Avrebbe potuto archiviare tutti i folli eventi che gli sono capitati sotto l'etichetta 'eh va beh avevo sonno' oppure 'forse dovevo bere un pochino di meno'. E invece no. Lui si è fissato che gli alieni stanno arrivando e ne vuole sapere sempre di più, lui e quella sua esilarante faccia mezza scottata.
Come spesso mi capita, non avevo letto niente al riguardo, volutamente. So di essere molto influenzabile e non volevo essere una di quelle per cui Incontri ravvicinati è bello perché sì. Non sapevo se aspettarmi uno di quei film in cui gli alieni sono brutti e cattivi e ci vogliono morti, e speravo di no perché l'ultima volta che ne ho visto uno è stato quella pagliacciata de Il quarto tipo e non volevo ripetere l'esperienza. Avevo anche paura che fosse uno dei film pieni di buoni sentimenti di SS, che a me in generale non soddisfano e fanno un po' sbuffare.
Effettivamente, è stato questo il caso.
La differenza è stata nel modo in cui ai buoni sentimenti si è arrivati, perché poco prima un bambino era stato rapito e va bene tutto ma di buono non ce n'è nemmeno l'ombra.


Riesco tranquillamente a vedere i bambini degli anni 80 a fremere dall'eccitazione per questo film, e questo non può che essere un complimento. La scena dell'arrivo della nave madre (si dice così? Riccardo invoco il tuo aiuto) è incredibile, da bocca spalancata. E mi immaginavo milioni di bambini così, con le manine incollate allo specchio ad ammirare le luci e l'enormità della nave, e secondo me questo è sinonimo di successo spaventoso. Perché prima è stato brutto, e spaventoso (sappiamo per esperienza che i papà che perdono la testa ci fanno paura), poi però è diventata magia.

Non se se arriverà il giorno in cui film come questo mi faranno gridare al miracolo. L'altro giorno, però, mi sono molto divertita, mi sono lasciata di nuovo andare all'inaspettato e non esiste esperienza migliore.

martedì 1 dicembre 2015

Signs

17:34
Si sta parlando in massa di The Visit, ultima fatica di uno registi più perculati della blogosfera: Shyamalan. Lo so che non lo trovate mai in giro scritto col nome giusto, noi ci divertiamo a storpiare il suo nome da brave personcine mature quali siamo, ma garantisco che il film è suo.
Ne ha parlato anche Frank, qui, e parlandone diceva che Shallallà ha fatto delle belle cosine (e guardate che Frank è uno a cui non era piaciuto Il sesto senso) tra cui la prima parte di Signs, che ho realizzato di non avere mai visto.
Per cui, mentre i blogger seri parlano di nonni e mockumentary, io, facendo leva sulla mia possente trasgressione, parlo di Shyamalan sì, ma di alieni.

Alieni che travolgono le vite di Graham, Bo, Morgan e Merrill, una famiglia già scottata dalla perdita della donna di casa: mamma, moglie e cognata. Si parte dai cerchi nel grano, fino all'arrivo degli autori degli stessi.


Premesso che gli alieni non mi hanno mai fatto paura e che il fenomeno dei cerchi nel grano mi incuriosisce in un modo incredibile, a me il film di Shallallero è piaciuto.
E non è scontato, perché con questo qui o si parla di filmoni o di misere cacchette, non so come ci riesca. Vogliamo ancora tutti un gran bene a The Village, ma siamo gli stessi che cercano di capire come gli sia venuto di mettere Zooey Deschanel in un film horror.

Guardare Signs per la prima volta in questo particolare momento storico rimanda alla mente certi riferimenti che danno al film quasi un'aria di inquietante premonizione.
Enormi problemi globali (il mondo intero è colpito dai cerchi nel grano, si parla di Gerusalemme, Pechino...) vissuti nella piccola quotidianità di una fattoria sperduta chissà dove. Un pericolo incombente, la possibile fine del mondo (come lo conosciamo). Mi è stato fin troppo semplice pensare a quello che stiamo vivendo, al nostro comodo e pacifico mondo occidentale che viene scosso tremendamente da 'alieni' che, forti delle loro convinzioni, vengono qui e ci uccidono mentre siamo ad un concerto. E noi, comuni cittadini, non abbiamo alcuna arma per difenderci, possiamo al massimo inchiodare le finestre e calmare i nostri bambini raccontandogli il momento della loro nascita. Accendi la tv e senti le notizie, vedi la cartina dell'India tempestata di fenomeni di cerchi nel grano e pensi che l'India è lontana da te, quel segno strano nel tuo, di campo, te l'ha fatto il vicino di casa dispettoso. Poi non è più solo l'India, è la Cina, Israele...è il mondo intero che sta combattendo un nemico comune. Quando poi vai dal compaesano e scopri che quel nemico lì è chiuso nel suo sgabuzzino, cominci a fartela sotto dalla paura. Più le cose sono vicine a te più sono reali. E non è indifferenza verso il resto dell'umanità, è timore. Se il cerchio nel grano è proprio nel tuo giardino, a meno di un miglio dal viso di tuo figlio, il timore diventa terrore.
Mi sono riconosciuta in tantissimi sentimenti dei quattro personaggi: nell'ingenua paura della piccola Abigail Breslin, che sapete essere la salamotta che ha fatto nascere in me l'istinto materno (come si partoriscono bambine belle così? non me ne capacito), nella feroce curiosità del giovane Morgan, nella spietata serietà del padre. E nel liberatorio pianto finale dei quattro,


Posso quasi anche accettare che l'alieno sia francamente ridicolo, davvero. Ho sempre più paura del non visto, e unghie lunghe verdi avrei preferito davvero non vederle. Ma non ho mai detto che fosse un film perfetto. Joaquin Phoenix, poi, piccola perla che non è altro, lo voglio ricordare con un imbuto di alluminio in testa, perché nessun'altra immagine gli renderà mai altrettanta giustizia.
E poi, sì, poi parliamo anche di nonni.

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