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mercoledì 14 agosto 2013

The House of the Devil

12:40
(2009, Ti West)



La riflessione che mi è sorta spontanea a fine film è la seguente: Ti è nato nel 1980, quindi quando è uscito questo film aveva 29 anni.

Avete idea di cosa altro può produrre il suo cervellino da qui alla pensione?

Sam è una studentessa universitaria che, come tutti i suoi colleghi ha sempre bisogno di denaro extra. Per questo motivo, quando legge un volantino 'Baby sitter needed' non esita a telefonare. Cosa importa poi se il tipo non si presenta all'appuntamento che avevano fissato e la riempie di bugie? Per 400 dollari si può sopportare.
Eppure, la sua amica Megan l'aveva messa in guardia. . .

Parlando di The Innkeepers vi avevo elencato i motivi per cui avreste sicuramente amato il film. Questa volta, invece, voglio dirvi cosa accadrà durante la visione.

Fase 1: Premere il tasto play. Sembra scontato, ma è la cosa fondamentale. Se, come me, avete visto prima il film del 2011, inizierete la visione con delle aspettative quantomeno altissime. Tranquilli, nessuno resterà deluso. (Quanto è bello iniziare un film con quel fremito di entusiasmo, con la golosità di pregustarsi qualcosa di qualità e con la curiosità che è data solo dall'ammirazione per quel dato regista?)

Fase 2: Conoscere Sam e Megan. Che amerete tanto quanto avete amato Claire, forse anche un po' di più. Sam è quella pacata, educata, matura, che si fida fin troppo delle persone, quasi ingenua. E con degli outfit adorabili, concedetemelo. Megan è quella divertentissima, dico davvero. Quella goffa, che si intasca le caramelle da casa degli sconosciuti, ma che allo stesso tempo è anche più previdente e preoccupata per l'amica. Le darebbe lei i soldi, pur di non lasciarla sola in quella casa.



Fase 3: Titubare. La situazione è strana, molto. Il signor Ulman fissa immediatamente un appuntamento a Sam poi le dà buca, la assume come baby sitter quando invece deve fare la badante. Comincerete a sentire il tarlo del dubbio e insieme a Megan vi ritroverete a cercare di distogliere Sam dalla stupida idea di restare in quella casa, anche se Ulman è un nonnino così carino che mi ricorda il mio prof di latino delle superiori, e non sono ironica perché era tenero davvero.



Fase 4: Ma non succede niente! Siete soli nella casa con Sam. Quella testarda ha deciso di rimanere davvero. Ma in fondo la capite, si tratta solo di poche ore. Insomma, vi siete preoccupati per niente. L'anziana signora dorme pacifica chiusa nella sua stanza, e la ragazza può godersi un'enorme casa vuota, il suo walkman e la pizza ai peperoni.

Fase 5: Eppure. . . qualcosa non convince. Megan non risponde al telefono, ma soprattutto, a noi è dato vedere qualcosa che Sam non sa. La tensione comincia a salire, ogni rumore sembra peggio di quello che è, i sensi sono all'erta, i nostri e i suoi, perché la tranquillità è andata definitivamente a farsi benedire. Continua a non succedere praticamente niente, ed è proprio quel niente che uccide i nostri nervi.



Fase 6: La Paura. Non dirò altro, per evitare spiacevoli spoiler, ma preparatevi perché Ti è un bastardone. Un'ora e un quarto per arrivare a questo punto, che è agghiacciante. E triste, e spaventoso, e grintoso, poi di nuovo triste e poi vi lascia così: =O


Sei fasi per finire un film che è un Capolavoro. Che è esattamente quel tipo di film che vorrei vedere ogni volta che scelgo un titolo. West è bravo, bravo, bravo. Con quella faccetta simil-hipster che si ritrova e la cuffietta forever non scommetteresti su di lui manco una lira. Invece finisci The House of the Devil e pensi che un tipo così deve proprio amare molto quello che fa. E infatti lo fa da dio.


P.S.: Grazie, Erre!

venerdì 12 luglio 2013

Non solo horror: Requiem for a dream

18:03
Titolo originale: Requiem for a dream
Anno: 2000
Durata: 102 minuti
Trailer:


PRESENTI SPOILER! (praticamente vi racconto tutto il film.)

Nessuno mi aveva avvisato. Carico il film, mi accomodo sul divano, incosciente di quello che REALMENTE avrei visto, e premo play.
Voi non fatelo mai.
Preparatevi, leggete, informatevi, perché questo film vi sconvolgerà. Vi smuoverà le budella, vi spezzerà il cuore, vi porterà in un mondo in cui non volevate entrare.

Un mondo in cui Harry (Jared, mi leggi? Sei bellissimo, t.a.t.) deve gestire la sua tossicodipendenza, quella della sua ragazza Marion, quella del suo amico Tyrone e i problemi con sua madre, rimasta vedova e che cerca di dimagrire nel modo sbagliato (prima il dispiacere di avere una figlia posseduta, poi diventa pure tossica, che brutta vita pora donna). Si parla di droga, nient'altro.

Il declino inizia in estate.
L'estate è la stagione della positività, dell'allegria, dei grandi progetti, tutto è roseo in estate, leggero come i vestiti da spiaggia, come un gelato di merenda. Sarah, la madre, riceve la notizia che sognava da sempre: potrà apparire finalmente in tv, nel suo programma preferito! Per apparire al meglio, si mette a dieta, si tinge i capelli, ha finalmente la sua occasione e vuole sfruttarla al meglio. La storia d'amore tra Harry e Marion procede a gonfie vele, si amano, lei progetta di aprire un negozio d'abbigliamento, ha talento, possono farcela. E possono farcela soprattutto perchè Harry e Tyrone hanno la 'loro occasione', una partita di droga che li può rendere ricchi, e che gli permetterà di realizzare i loro sogni.
Dicono veramente così: 'La nostra grande occasione'.
Parliamo di droga, capite? Ma quanto è SBAGLIATO?

Però funziona. Tutto sembra funzionare. I ragazzi fanno soldi, Sarah dimagrisce. Siamo in estate, e tutto va per il meglio.



Ma l'estate non dura in eterno, prima o poi l'autunno arriva. E comincia a portarsi via le ore assolate, la leggerezza della mancanza di pensieri, perché arrivano i problemi. Non c'è ancora il gelo terrificante dell'inverno, ma ci vuole la giacchetta. Perché la droga inizia a scarseggiare, Harry e Tyrone non sanno come procurarsela, Marion ne sente un bisogno assoluto e le pillole che il medico ha prescritto a Sarah per dimagrire non sono del semplice Kilokal. Tutto diventa più scuro, angoscioso, ha smesso di splendere il sole estivo e si vede. Inizia il declino, il vortice che coglierà le loro vite e da cui non potranno più uscire. Ed è in autunno che si vede la terrificante scena della prostituzione di Marion. Niente scene squallide di ragazze in stazione che si sentono chiedere 'Quanto vuoi?'. Una cena elegante, lei bellissima, il sesso al buio e Harry seduto inquieto e disperato ad aspettarla a casa. Mi ha spezzato il cuore. Mi ha reso insostenibile guardarla, perché sentivo l'amarezza dentro, la disperazione di un gesto che ti fa orrore ma che ti senti costretta a fare perché questa è la vita che TU hai scelto.

Da qui, l'arrivo dell'inverno è un secondo. Ormai è tutto irrimediabilmente compromesso. Il gelo è sceso, sono lontani i mesi della leggerezza. Sarah è ufficialmente una tossicodipendente, gli sguardi che lancia al frigorifero, il suo nemico, sono talmente pieni di inquietudine da non riuscire a esprimerla. Vedere il suo viso logorarsi, la tinta dei capelli arretrare di fronte all'incedere della ricrescita, il suo collo tirato e scavato, lo sguardo terrorizzato, è un'esperienza che ti rimane dentro, grazie ad un'interpretazione che ha del sovrannaturale. Un Oscar non sarebbe stato sufficiente a premiare tale coinvolgimento, tale intelligenza, tale realtà.
Harry e Tyrone vengono arrestati, con il primo in fin di vita per un braccio infetto (e credetemi, potrete aver visto i film più gore della storia, ma vedere l'ago inserirsi per l'ennesima volta in quel buco sporco e malato, vi darà uno dei più forti pugni nello stomaco che ricorderete), Sarah è ricoverata in un ospedale psichiatrico e Marion è ufficialmente entrata nel giro della prostituzione (vederla così esposta, su quel tavolo, con il 'Dai! Dai! Dai!' degli uomini intorno mi ha ricordato quella scena di quel film estremo - e qui chiedo l'aiuto dei lettori più colti di me - in cui esponevano una donna di colore al centro della stanza, come se fosse un cane da concorso).



L'ultima sequenza è indescrivibile. Delirante, allucinante, dolorosa, crudele, surreale, difficile da vedere.
Questi sono i film che dovrebbero proiettare nelle scuole superiori. Scene estreme e tutto il resto, ma i 18enni non sono sempre sprovveduti, conoscono il sesso e conoscono la droga. Uno schiaffo così poderoso in pieno viso non potrebbero prenderlo da nessun altra parte, se non guardando Requiem for a dream.

Interpretazioni perfette sotto ogni punto di vista, una regia quasi poderosa e una colonna sonora da pelle d'oca.
Finita la visione mi sono sentita svuotata, stanca, sporca, dolorante. Se non è Cinema questo, io proprio non so.
 
 

sabato 25 maggio 2013

Lasciami entrare, Tomas Alfredson

15:13
Titolo originale: Lat den ratte komma in
Anno: 2008
Durata: 114 minuti
Trailer:



Delicatezza s.f. 1 Caratteristica di delicato. 2 Gentilezza di sentimenti, di maniere: d. d'animo. Discrezione. Atto gentile.

Lasciami entrare è la favola di Oskar ed Eli. Maltrattato dai compagni di classe e alle prese con i genitori separati lui, vampira lei. Si conoscono, con tutta l'assenza di malizia che dovrebbe essere caratteristica dei 12enni, diventano amici, entrambi così 'diversi' dalla normalità convenzionale.

Quindi, cosa ci fa un film del genere nella categoria 'horror'?
Ah, non ne ho idea.
Quel che è certo è che ognuno di voi, ogni singola persona che per qualche motivo, e in chissà quale modo, è arrivata in questo spazietto rosso, dovrebbe cercare questo film, al di là di qualsiasi genere o categoria, e aprire il proprio cuore alla sua bellezza.

Inizia la pellicola e conosciamo il giovane Oskar, lo vediamo sfogare la rabbia che gli si è accumulata dentro durante la giornata, con i suoi capelli biondissimi e la sua 'passione' per i coltelli. Gli si vuole già bene, perchè non potrebbe essere altrimenti.
E poi arriva lei, Eli, si conoscono in quel modo goffo e spontaneo che hanno i ragazzini, con la curiosità e l'orgoglio, il 'sì ti parlo, ma guarda che di te non me ne frega niente'.

Chiaramente gliene frega qualcosa, visto il crescendo di affetto che li coinvolge. Come accade sempre, con questi affetti così piccoli, e innocenti, il mondo lo si dimentica. Ci siamo solo noi due, ill resto non conta.

Ma Eli deve nutrirsi, la sua natura non può annullarsi solo perchè lei, consapevole della sua drammatica situazione, è stanca di uccidere e non ne può più (sentirla sfogare col padre, vedere lo sguardo disperato di lui, vi spezzerà il cuore). Questo porterà delle conseguenze, è piuttosto ovvio che gli omicidi non possono passare inosservati.



Questi due ragazzini, ognuno così complesso nel proprio essere diverso, sono interpretati splendidamente da due giovani (Kare Hedebrandt e Lina Leandersson - non immaginate quanto ci ho messo a copiare i nomi!) che spero di rivedere presto e che mantengano quello sguardo disincantato che mi ha conquistata.

Tanto per fare un esempio: quando i due si conoscono, la ragazzina è vestita leggerissima, quando siamo in Svezia e pare chiaro che fa un freddone. Passa il tempo, il loro legame si rafforza, e la sensazione (poi ditemi se sono folle e l'ho colto solo io) è che Oskar l'abbia 'riportata' sulla Terra, abbia riportato la sua attenzione sul mondo reale e lei finalmente potesse percepire il freddo.
E sono un fantastico esempio di come le cose sarebbero molto più semplici per tutti noi se fossimo tutti più diretti e sinceri. Eli chiede: 'Io ti piaccio?' e lui risponde 'Sì, molto.' Se le relazioni fossero davvero così, se tutto si potesse ridurre ad un 'Ti piaccio?' forse le persone sarebbero meno tese e ciniche.

Ma aldilà della questione sentimentale, quello che più ho amato di Lasciami entrare è che tutto è così semplice. Non ci sono elucubrazioni mentali da fare, è tutto incredibilmente lineare, chiaro, quasi basilare. Non ci sono elementi di troppo, non troppe argomentazioni tirate in ballo, perchè tutto quello che c'è riempie a sufficienza il cuore di chi guarda.

Il tutto accompagnato da una colonna sonora entrata prepotentemente tra le mie preferite di sempre.

Prima che io mi metta a frignare di nuovo, davvero, concedetegli una visione.

mercoledì 13 febbraio 2013

Masters of Horror: Incubo mortale

14:04

(Prima stagione, ottavo episodio)

Titolo originale: Cigarette burns

Regia: John Carpenter

Anno: 2005

Trailer:



Se una persona si accinge a leggere un blog in cui parlo di cinema horror, ci sono ottime probabilità che sappia il significato di 'Masters of horror'. Per chi invece non ne sapesse nulla, tiro fuori la Mari maestrina e ne parlo un po'.

'Masters of horror' è un'iniziativa nata dalla mente mica tanto stupida di Mick Garris. Il signor Garris ha avuto l'idea di prendere i migliori registi di genere in circolazione, dargli in mano 1,8 milioni di dollari e dirgli: 'Girami un mediometraggio di 60 minuti a Vancouver. Per il resto, fai quello che ti pare.' Ne sono uscite due stagioni di film, da 13 episodi ciascuno, trasmessi dalla televisione americana.

Se devo parlarne, e figuriamoci se sto zitta, devo partire dal migliore. Dal Maestro.

 
Cari amici non appasionati di film de paura, se esiste un Master degno di tale nome, quello è John Carpenter. Quel regista a cui gli altri guardano con timore reverenziale (e vorrei ben vedere), quello a ci si stende il tappeto rosso dell'ammirazione quando ci si accinge alla visione di un suo lavoro. Big J.
Insomma, prendi il Sommo Regista, dagli totale libertà di gestione e lui ti tira fuori 'Cigarette Burns'.
Trattasi della vicenda di Kirby Sweetman gestore di un cinema che per rimpolpare gli introiti si occupa anche di ricercare materiale raro per collezionisti esigenti. Uno di questi collezionisti è il signor Bellinger, che assumerà Kirby per la ricerca di 'La fin absolue du monde'. Non un film qualsiasi, ma il film maledetto per eccellenza, proiettato solo una volta e poi fatto distruggere, perchè la sua visione causò attacchi di violenza inaudita tra gli spettatori. La ricerca però porterà il protagonista a confrontarsi con molto più che un semplice film.
 
 
 
La tematica, che già il Nostro aveva sfruttato per Il seme della follia, attizza. Le leggende sui film maledetti incuriosiscono, fanno molta presa.
È proprio la curiosità l'arma con cui Carpenter tiene gli spettatori per tutta la visione di 'Incubo mortale' (Devo dire qualcosa sul titolo italiano? Non ce n'è bisogno, vero?). Dal primo momento non fai che pensare a cosa cavolo potrà mostrare di così tremendo 'La fin absolue du monde' che Miike non abbia ancora mostrato. Va a finire che non riesci a scollare gli occhi dallo schermo, il crescendo di tensione si fa sentire, ma tu sei talmente impegnato a capire che cosa piffero succede che te ne accorgi solo dopo.
Il tutto con una dose di sangue non eccessiva. A parte alcune scene che, davvero, una risata te la strappano. Ma ci sta, smorziamo un attimo il clima che si sta facendo impegnativo.
 
 
Dialoghi bellissimi, attori credibili (Bellinger è Udo OcchiImpressionanti Kier, magnifico), musica adeguata (a opera del figlio di Big J, Cody), fotografia minimalista, un metacinema non troppo sottile, una cura per i dettagli e per le location che dimostrano, per l'ennesima volta, che quando uno è Bravo non ha bisogno di nulla. Non gli serve sfornare un film all'anno come pagnotte. Quando si smette di parlare di lui, ecco che Carpenter torna, e lascia tutti senza fiato.
L'unica cosa che non gli perdono è di aver chiamato il protagonista come un Pokèmon.





venerdì 1 febbraio 2013

Non solo horror: Memento

16:22

Titolo originale: Memento

Anno: 2000

Durata: 119 min.

Trailer:
 
 

Basato sul racconto 'Memento mori' di Jonathan Nolan.

Un film con un titolo così bello non poteva che essere un capolavoro.

'Memento' è la storia di Leonard Shelby (un fantastico Guy Pearce), che, in seguito ad un'aggressione nella quale sua moglie perse la vita, soffre di un disturbo della memoria, a causa del quale non riesce ad assimilare nuovi ricordi, e dimentica in un paio di minuti quello gli accade. Si aiuta come può: tatuaggi, biglietti, foto..
 
 

Il suo unico obiettivo è trovare l'assassino della moglie e ucciderlo.

E sia chiaro che non parliamo di un giallo, in cui la trama ruota intorno alla ricerca dal colpevole e stop, qui si va ben oltre.

Parliamo invece di un film dove niente è quello che sembra. Cioè, lo è per un po', poi si va avanti..no, si va indietro..cioè si va avanti ma in realtà si va indietro, perchè andare indietro ti permette di andare avanti.

Si è capito?

Tu parti con le tue idee, poi te le stravolgono, poi te le ristravolgono di nuovo e alla fine capisci che avevi ragione tu ma non nel senso che intendevi tu.

Non è un film semplice.

Che poi sì invece, è semplice, semplicissimo. Ma ci vogliono due ore a capire che è semplicissimo.

E sono due ore complicate.

Due ore nelle quali ridi, sghignazzi, poi ripiombi in una valle di lacrime quando Lenny si gira nel letto e non trova la moglie, e SA di non trovarla ma ci stai male lo stesso perchè poi lui prende la macchina e 'non riesco a ricordarmi di dimenticarti' che chiunque sia un minimo umano è già lì coi fazzoletti.

Tutto questo apparente caos è difficile da tenere in piedi senza che le persone si facciano venire l'esaurimento e spengano il film. Ma si può, quando sei un cervelluto come Chris Nolan.

Ci sono due questioni a portare questo film a un livello che gli altri ciao.

Il cast è perfetto. Interpretazioni commoventi, intense, tutte quante. Non ne trovo uno che non mi sia piaciuto. Teddy, per dire. Interpretato da Joe Pantoliano. Personaggio che già di suo si rivela il più interessante, quello su cui si fa lavorare di più il cervello. Se poi lo dai in mano a un professionista che qui si rivela così capace, il gioco è fatto. Esce il capolavoro.
 

Ma poi quanto intrippano questi film in cui non capisci per chi devi fare il tifo, in cui ti si fonde il cervello nel tentativo di comprendere quale sia la verità, quale personaggio sia quello che ti sta fregando. Ma tanto, sia chiaro che nessuno lo capisce del tutto. Fino a che non è finito il film, e tutte le questioni sollevate si risolvono, si concludono. Anche se ovviamente si erano già concluse prima, è che a noi è dato saperlo solo alla fine.
 
 

Potrebbe essere un film come tanti, ma il fatto che la storia ci sia presentata esattamente come nei ricordi di Leonard lo rende talmente intenso, riflessivo, intimo, che una volta finito, il tuo cuore rimane lì. E non parlo di quella commozione facile come quando muore Charlie di Lost. Che già lì lacrime a non finire. Qui è proprio il dolore che si può toccare con mano. Alcune scene sono strazianti.

La conclusione è che nei geni della famiglia Nolan deve esserci qualcosa che noi non abbiamo.

O forse dipende da quello che gli dava da mangiare mamma Nolan.





(Lo so che con Inception ha riprovato a fare la magia. E Inception è un bel film, davvero. Ma qui siamo su un altro mondo, i paragoni sono impietosi.)

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