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giovedì 22 gennaio 2015

Nightmare: Dal profondo della notte

17:24
(1984, Wes Craven)

Prestate attenzione al dialogo che segue:

'Ah, quindi sei appassionata di cinema, eh? E quali generi ti piacciono?'
'Gli horror'
'Eh??'
'HORROR, mi piacciono gli horror.'

A questa mia affermazione le reazioni sono le più diverse e spassose, ma ne riparleremo.
Oggi vi racconto di quando dico che mi piacciono gli horror e la gente risponde pressapoco così:
'Noooooo, grandissima, anche a me! Fia li ho visti tutti oh, Halloween, Non aprite quella porta, Venerdì 13, Nightmare, UN CASINO!'

L'avete notato per forza anche voi.
Gli slasher vanno via come il pane.
Amati da tutti, visti da tutti.
Se poi considerate il boom di remake degli anni 2000, la slashermania è ritornata alla grandissima. Anche quelle persone che ad un certo genere si avvicinano solo superficialmente, state certi che almeno un Nightmare l'hanno visto.
Ho visto un pupazzetto di Freddy Kruger persino vicino al pc del figlio di Selvaggia Lucarelli, per dire.


Ma cos'ha sto Freddy più degli altri?
Partendo dal presupposto che i miei incubi sono abitati solo ed esclusivamente da Michael Myers e nessuno l'ha ancora schiodato dal suo trono malefico da cui controlla subdolamente il mio sonno, Freddy Krueger è praticamente perfetto.
Costruito perfettamente per funzionare.
E' brutto, sembra umano ma non lo è (il solo fatto di comparire solo nei sogni lo smaterializza del tutto, eppure...), fa un uso strepitoso di humor nerissimo, ti colpisce lì dove pensi di essere impenetrabile, nel sonno.
Ma un burattino per quanto possa essere ben fatto, ha bisogno di un bravo burattinaio.
Ed ecco che il ruolo finisce in mano a Robert Englund, che più che interpretare Freddy Krueger E' Freddy Krueger. Che è naturalmente dotato di un fascino irresistibile che rende il suo personaggio il più carismatico e affascinante di tutti quei villain che tanto conosciamo e tanto amiamo.


In Dal profondo della notte, tanto per raccontare grossomodo cosa succede a quelle due anime che non l'hanno visto, Freddy visita le notti di un gruppo di quattro giovani amici, che finiscono per morire uno dopo l'altro. Nancy è l'unica in grado di affrontarlo.


Ecco, Nancy. Altro bel tipino. Impaurita sì, perchè non è mica scema, ma determinata. Avrà tempo dopo di piangere i suoi morti, adesso deve salvarsi la pelle, e riuscirci con un uomo che ti ammazza in sogno non è così scontato. Senza contare su nessuno, nemmeno rivelando i suoi piani al suo ragazzo.
Soprattutto se oltre a lui devi affrontare i tuoi genitori, che ti nascondono più di quanto tu creda.

E anche Craven ci nasconde qualcosa.
Ci fa credere di andare a vedere un semplice film in cui qualcuno ammazza un po' di gente e invece troviamo sì adolescenti in fuga dalla morte, ma anche adulti complessi, assenti (vedi la mamma di Tina), incapaci di gestire vecchie ferite (o vecchie colpe?) e soprattutto che considerano i figli ancora troppo piccoli per parlarne con loro.

Rivisto oggi porta ancora splendidamente la sua età non più freschissima di scuola materna, tanto da farmi pensare (ancora più del solito) a quanto inutile sia stato il remake del 2010 dato che ad effetti speciali da queste parti stiamo ancora abbastanza bene, grazie.

Nightmare, semplicemente.
Un incubo.
Un riuscitissimo incubo.
 

domenica 7 settembre 2014

Maripensiero: i grandi film che non ho ancora visto

18:17
Vi voglio preparare: questo post vi farà cambiare l'immagine che avete (ammesso ma assolutamente non concesso che ne abbiate una, poi) dell'autrice di questo blog.
Sto per fare delle confessioni che non vorrei mai fare, per non dover ammettere che non sono così preparata come vorrei essere.

'E allora perché farle?' vi chiederete voi, che non siete affatto scemi.
Perché mi serve un ordine. Ho bisogno di priorità.
Perché pensate al numero di film che escono ogni anno nel cinema più vicino a casa vostra.
Sommateci i film che il vostro cinema non proietta.
Al risultato vanno aggiunti tutti i film usciti prima del momento in cui state facendo il vostro calcolo.
(Io sono nata nel 1990, capite? La prima ripresa cinematografica pare avere CENTODUE anni più di me.)
Unite i film indipendenti (tutti!) , quelli censurati, quelli girati nei paesi che non sono manco riprodotti sull'atlante geografico e poi gli orientali. Che producono più film loro che litri di latte una mucca all'anno. Dopodichè ci sono i cortometraggi, i prodotti televisivi, i documentari e tutti i film proiettati nei festival che poi finiscono nell'oblio dell'industria di distribuzione.
Io non ci sto dietro, e non me ne do pace.

Vorrei vedere TONNELLATE di film, ma lo sapete anche voi come funziona, c'è quella scocciatura che si chiama vivere.
Che alcune persone sarebbe meglio non lo facessero perché se poi hanno vite eccezionali di sicuro prima o poi ne verrà tratto un altro film.

Iniziamo dai non horror, che è una lista assurda ma che riesco a gestire meglio.
  • Le Iene, Quentin Tarantino. Per tutto questo tempo ho dato la precedenza agli altri suoi lavori. E considerando che è uno dei miei registi preferiti è una cosa deprecabile.
  • Scarface, Brian De Palma. A mia discolpa posso dire che tratta un tema che per me è particolare, devo proprio essere in vena per una cosa del genere, e finora non lo sono ancora stata. Stesso discorso vale per la trilogia de Il Padrino.
  • Blade Runner, Ridley Scott. Non ce la faccio, davvero. Mi viene la noia solo a leggere la trama, è troppo lontano dal mio genere.
  • 2001, Odissea nello spazio, Stanley Kubrik. MI DISPIACE, STANLEY. Io ti amo, tanto. Hai il mio cuore in totale gestione. Ma la fantascienza mi devasta. Lo farò, magari, prima o poi. Solo perché sei tu. Ma mi costerà tanta fatica.
  • Mulholland Drive, David Lynch. Finisco Twin Peaks e rimedio subito, lo giuro, lo giuro.
  • Apocalypse Now, Francis Ford Coppola. Finirò di leggere quel Cuore di tenebra prima io poi, ne sono certa. E allora, solo allora, vedrò il film.
  • Il grande Lebowski, Fratelli Coen. Questo è uno dei primi che recupererò, davvero.
  • Nessun film di Sergio Leone. Però le colonne sonore le so, eh. Quasi tutte.
  • Dogville, Lars Von Trier. Non lo so, sto danese qua mi lascia perplessa. Infatti ho visto solo Nymphomaniac e non sono certa di averci colto molto. 
  • Salò o le 120 giornate di Sodoma, Pier Paolo Pasolini. Non so se sinceramente lo vedrò mai, voi che dite?
  • Nessun fim di Akira Kurosawa. Ma non so dirvi il perché.

Gli horror, e qui ho già mal di cuore.
  • Freaks, Tod Browning. Ancora per poco, però, ho in mente di vederlo a breve per un'idea qui sul blog.
  • The Wicker Man, Robin Hardy. Non lo so, mi attira e mi respinge ogni volta. 
  • La bambola assassina, Tom Holland. Eh, oh.
  • Lo squalo, Steven Spielberg. Io lo so che Steven lo amate tutti, ma io no, quindi continuo a rimandare.
  • Il bacio della pantera, Jacques Tourneur. NON. LO. TROVO. 
  • Il signore del male, John Carpenter. Ok, questa è pesante. Mi autoflagello ogni notte torturata dal senso di inadeguatezza. Ma ho troppa paura che mi faccia paura. Il perché chiedetelo a Friedkin.
  • Buio Omega, Joe D'Amato. Semplicemente, non ci siamo ancora incontrati.
  • Che fine ha fatto Baby Jane? di Robert Aldrich. Vedi alla voce 'Il bacio della pantera'
  • Ichi the killer, Takashi Miike. Credo sia un po' troppo forte anche per me!
  • Non ho mai visto film horror molto vecchi. Mai. Niente dottori Calegari, niente Golem. Ho semplicemente paura di non capirli e di diventare una di quelle squallidone che dicono 'Eh ma gli effetti speciali?'. Credo di dover 'studiare' ancora un po' per quelli.
  • Mi muovo zoppicando nel cinema orientale. Partendo dal presupposto che già distinguo a fatica un nome (o un volto) cinese da un giapponese da un coreano da un tailandese, figuriamoci che dimestichezza ho col loro cinema. Miike a parte. Mi rendo conto che suona razzista, ma credetemi, è solo questione di mia profonda ignoranza.
Credete siano pochi?
Mancano all'appello anche diversi film di Fulci, la saga di Hellraiser, qualche Bava, Craven lo conosco solo di sfuggita e nemmeno Argento lo conosco completamente.
Certo, qualche capolavoro l'ho visto anche io, non pensate.
Questo per esempio, o questo, o addirittura quest'altro.

Aiutatemi a fare un po' di ordine in questo caos! Ditemi da cosa partire per la mia operazione recupero, quali sono i vostri preferiti o quali si chiamano di sottotitolo 'Lascia Perdere'.


Sono ammesse le prese in giro, qui nei commenti. Ma gli insulti no, dai, che poi ci resto male.

domenica 27 luglio 2014

Cannibal Holocaust

18:21
(1980, Ruggero Deodato)



OCCHIO AGLI SPOILER.

Nel 1980 Stanley Kubrik ha regalato al mondo il suo bebè, l'ha chiamato Shining e l'ha condiviso con noi, così come millenovecentoottant'anni prima qualcuno di più noto e, pare, misericordioso, ha fatto col suo figliolo immacolato.
Come ha risposto l'Italia? Con Cannibal Holocaust, filmino discreto che più di 30 anni dopo continua a dare scandalo. Se dobbiamo far parlare di noi, o lo facciamo bene o niente.

So che questa storia delle premesse ogni volta finirà per diventare noiosa, ma ne devo fare comunque una.
Io posso sopportare le peggio scene gore, gli squartamenti, il dolore, le botte da orbi e il sangue a fiumi. A volte chiudo gli occhi (o metto in muto, sono più i rumori spesso ad infastidirmi che non le immagini), a volte mi irrigidisco e fingo di stare su Facebook. Ma le sopporto quasi tutte.
Gli stupri no.
Mai.
Non posso vedere scene di violenza sessuale, siano esse su donne, uomini o animali.
(Di pedofilia non ne posso nè voglio nemmeno parlare.)
Le poche che ho visto in qualche film sono state spesso in grado di farmi cambiare opinione sul film stesso.
E' in assoluto il tema a cui sono più sensibile, motivo per cui difficilmente troverete nella cameretta rossa recensioni di rape and revenge.
Per questo il post che state per leggere non potrà vestirsi d'oggettività.

Quattro giovani reporter partono per un servizio in Amazzonia. Quando non faranno ritorno il dottor Monroe tornerà nella foresta a cercarli, ma troverà soltanto i filmati che avevano girato.

Io ve lo dico subito che via il dente via il dolore.
L'ho detestato.
Ok, l'ho detto, adesso posso argomentare.

Riesco chiaramente a vedere tutti i lati positivi del film uno in fila all'altro come tanti bei ragazzini in attesa di tuffarsi in piscina, davvero.
Ruggerone non è certo il primo pirla che passa, e si vede. Ho ammirato tantissimo che sia finito in quelle zone davvero a lavorare in quello che certamente non è un clima favorevole insieme a VERI indigeni del posto. E' probabilmente la cosa che ho preferito. Che poi i suddetti indigeni assomiglino ad Ariel di Zelig è un altro discorso.


Ho amato ogni singolo fotogramma della foresta, gli animali, la MUSICA, le riprese.
Tecnicamente - per quel poco che posso capirci io - è pure un bel film.

Apprezzo sempre i tentativi di portare alla riflessione, le critiche sociali, i film che una volta conclusi vorrebbero farti pensare, o almeno che ci provano.
Il cinema è un mezzo potentissimo, potrebbe fare miracoli.

Mi piace anche il fatto che ci si spinga così oltre con la violenza. 30 anni prima degli occhi cavati di Hostel e delle torture di Saw, Deodato ha portato la violenza estrema quasi nelle case delle persone, quando fino ad allora era rimasta negli angolini elitari ed oscuri del cinema.



Eppure.

A fine visione non ho riflettuto su quanto brutti e cattivi siano i reporter che ci fanno vedere le immagini brutte e cattive e ci speculano sopra. Non ho valutato in modo sapiente lo stato della comunicazione dei media, non ho passato le notti insonni a pensare allo stato della civilizzazione delle tribù indigene dei posti in Sederonia, nè mi è passato per la testa di giudicare chi dovrebbe essere civilizzato e poi è più bestia degli animali.
Nemmeno per un secondo.

A fine visione mi sono rimaste delle fredde e inutili scene di violenza che non mi hanno portato altro. Non mi hanno nemmeno disgustato così tanto. Se avete un minimo di dimestichezza col genere, Cannibal Holocaust, per quanto forte e duro sia, non è la cosa così tremenda che ci è stato fatto credere dagli slogan pubblicitari.
Mi è rimasta in mente una stupida e squallida scena di sesso (per una volta consenziente) tra due dei reporter che ancora mi chiedo per quale motivo sia stata girata.
Mi è rimasta la scena - forse la più misogina che io abbia mai visto in tutta la mia vita - del fidanzato che stupra un'indigena davanti agli occhi della fidanzata, con lei che tenta di opporsi e l'amico di lui che la trattiene.
L'immensa viscitudine di quei 'Continua a riprendere, continua a riprendere' non mi ha fatto riflettere manco per niente sulla crudeltà della razza umana. Mi ha solo profondamente disgustata.
Mi è rimasto l'amaro in bocca per un film che avrebbe potuto essere grandioso, e invece è mediocre e zoppicante.
Mi è rimasto anche un po' di senso di rabbia, perché con tutti i bei film horror che abbiamo regalato al mondo noi italiani, uno dei primi che alle grandi masse viene in mente è questo, che è sì un grande precursore dei tempi, un apristrada a tanti sottogeneri e blablabla, ma non è un bel film.

Almeno hanno fatto tutti la fine che meritavano.



Per chiudere, non posso fingere che l'argomento animali non ci sia.
Per i pochi che non lo sapessero, le scene di violenza sugli animali sono reali, e a questo proposito si è detto e fatto di tutto.
L'opinione che più ho trovato vicina alla mia è quella di Andrea, recensore del canale Youtube ShivaProduzioni. Sentite cosa ne dice.



Poi le chiappe di Luca Barbareschi rientravano nella lista di cose che avrei anche fatto a meno di vedere.

venerdì 13 giugno 2014

Halloween - La notte delle streghe

17:05
(1978, John Carpenter)


'Lui non è un uomo.'

Ritorno al blog, proprio di venerdì 13, con questa frase.
Che da sola racconta meglio di ogni altra un film di cui onestamente mi vergogno un po' a parlare.

Notte di Halloween 1963: Michael Myers, un bambino di 6 anni, uccide a pugnalate la sorella che gli faceva da baby-sitter.
Vigilia di Halloween 1978: Michael, ricoverato per anni in manicomio, riesce ad evadere e torna a casa, e sembra che il suo obiettivo sia uccidere altre baby-sitter.

Quanto è sottile la differenza tra l'essere umani dall'essere animali?
Noi diamo per scontata la nostra superiorità, facendoci vezzo del nostro uso della ragione, della nostra proprietà di linguaggio e della nostra capacità di ponderare le decisioni.
Un animale è istintivo, se ha fame mangia, se ha sete beve. Semplice ed essenziale.
Ma se il bisogno dell'animale fosse uccidere?


Ad una visione superficiale, Michael Myers, senza ombra di dubbio il più affascinante di tutti i serial killer della storia della cinematografia tutta, potrebbe sembrare solo questo: un animale, guidato dall'istinto.
Se si prova ad andare più a fondo, Michael Myers è ancora peggio. E' ad un livello ulteriore, ancora inesplorato.
Lui non parla, non comunica. Persino gli animali emettono suoni per comunicare tra di loro.
(Tranne i lombrichi, credo. Comunicano i lombrichi?)
Non dice mai una sola parola. Non la dice durante il film e sappiamo dai racconti del medico che non ha MAI detta una in anni di ricovero.
Ma soprattutto, non ha un volto. Non ha espressioni, e nel nostro comune linguaggio non verbale è praticamente come dire che non ha emozioni. Certo, la faccia ce l'ha, sotto la maschera, ma il fatto che ci sia impedito di vederla è un segnale fortissimo.
Nonché un'idea geniale.
La maschera che Myers indossa è una banalissima maschera umana dipinta di bianco. Senza il rossore delle gote, le sopracciglia, il colorito delle labbra. Una mano di bianco e un volto normale diventa spaventoso. E' la prima cosa che mostriamo, il volto, la prima che ci identifica, quasi più del nome.
Tolta l'umanità al volto, fatta di colori, peli, piccoli o grandi segni, cosa resta?
Michael Myers.
E questo chi cavolo è?
COSA è?

Il Male, a detta del dottore.
E definizione più precisa non può essere data.
'Era come svuotato' - continua il dottor Loomis - 'Non capiva, non aveva coscienza, non sentiva nè gioia nè dolore'
Onestamente, è sconvolgente. Le scene in cui Loomis parla di Michael sono da pelle d'oca, più delle scene d'omicidio. Sono il momento in cui si capisce che per L'Ombra della Strega non ci sarà mai redenzione.
Ma la paura vera si prova a cinque minuti dall'inizio del film, quando, dopo lo storico, indimenticabile e ormai mitico inizio, i genitori di Michael tornano a casa e lo trovano sulla porta di casa, col suo costumino di Halloween, il coltello insanguinato in mano, e gli sfilano la maschera, e lui se ne sta lì, col faccino da bambino di sei anni, a fissare in camera, e io che me ne sto lì, davanti allo schermo, che deglutisco con un brivido ghiacciato sulla schiena.


E in tutto ciò, quello che aveva Carpenter erano pochi spicci, attori quasi tutti di seconda scelta e una maschera del Capitano Kirk di Star Trek.
E dopo anni ancora i brividi.
E le lacrime di amore che colano copiosamente lungo le guance.







domenica 27 aprile 2014

Il fenomeno Amityville - parte II

18:48
Proseguiamo il nostro discorso sulla faccenda Amityville, che avevamo iniziato qui.
Ero stata preventivamente avvisata da Frank di Visione Sospesa sul fatto che il secondo episodio della saga avrebbe fatto paura, ma ormai saprete quanto sono coraggiosa e temeraria.


Comunque, questo secondo film è pure lui tratto da un libro, Murder in Amityville scritto da Hans Holzer. Però George Lutz, che con sta questione della casa maledetta ci stava facendo su le palanche, ha detto:
'No, Dino (DeLaurentiis, il produttore), per piacere, ascolta ammè che di ste cose ne so, ispirati a Amityville Horror Part II!'
Ma Dino, che qualcosina sapeva pure lui, ha risposto:
'Senti bello, resta nel tuo che qui comando io e questa è casa mia.'



Tribunali e mica tribunali, per decidere che Damiani poteva ispirarsi a quello che gli pareva a lui a patto che specificasse che il film non c'entrava nulla con lui.
Ma appurato che il film è ambientato PRIMA dell'arrivo dei Lutz, come poteva c'entrare con lui?
Megalomane.

AMITYVILLE POSSESSION - 1982 - Damiano Damiani

Prima dei Lutz con tutti i loro casini, nella casa di Ocean Avenue ci stavano i DeFeo.
Che in questo caso si chiamano Montelli.
I quali, poveri Montelli, non partono da una base gioiosa ed equilibrata. Papà Montelli è uno schifo di uomo. Mamma Montelli è un'isterica senza palle. Figli Montelli Senior sono dei precursori della moda Lannisteriana e Figli Montelli Jr non contano niente, però sono teneri perché sono fratelli anche nella realtà e sono tanto carini.
Arrivano in quel fenomeno di casa, non fanno in tempo a disfare le valigie che inizia a scorrere sangue dai lavandini, scritte sataniche sul muro, è una velocissima discesa verso gli inferi che non lascia un attimo di respiro.


Amityville Possession è un prequel che supera abbondantemente il predecessore, facendogli anche mangiare la polvere del sorpasso. E' un film teso, angosciante, spaventoso. Fa davvero paura, come mi aveva detto Frank. Siamo da subito consapevoli che nella casa qualcosa non va, ma ci viene spontaneo non dare troppo peso alla questione perchè siamo belli coinvolti nei problemi famigliari. Padre violento, madre succube, figli incestuosi. E' pieno di spunti, al punto che quasi quasi ci dimentichiamo che qua c'è un figlio posseduto di troppo.
La vicenda è bella divisa in due, con una prima parte più umana, che poco ha a che vedere con il soprannaturale. Si arriva poi alla seconda che ha inizio con lo scoppio vero e proprio della possessione, in una scena che ha dell'incredibile.
Sonny, il figlio maggiore, è solo in casa, in un periodo nel quale cominciava a sentire un po' di inquietudine e malessere. Si aggira angosciato per casa, consapevole di non essere solo. Si volta qua e là, guardando in faccia qualcosa che a noi è celato. Cresce la tensione, fino a quando questo 'qualcosa' lo inchioda disteso a letto e fa continue e costanti pressioni sulla sua pancia. Come se la possessione non fosse più una cosa 'spirituale' ma una vera e propria possessione fisica, con la presenza che entra letteralmente nel tuo corpo e lo fa proprio.
Un punto di vista interessante e poco sviluppato altrove, anche nello stesso Esorcista che Daminìani così spesso cita.


Ho poi adorato il modo in cui la storia è strutturata.
Tutto gira intorno al momento in cui Sonny uccide la famiglia. (Non è uno spoiler, il film racconta la storia dei DeFeo morti ammazzati dal figlio.) Tutto quello che succede gira intorno a quella scena. Eppure il film non finisce lì. Non è il momento finale, non è che da lì parte il crescendo finale cum esorcismo cum esplosione.
Muore la famiglia, ma continua l'esplorazione della mente di Sonny, continuano le scene (spaventose) in cui il demone si manifesta.
Continuo a farmela sotto.

A fine film, però, rimane un dubbio amaro sulla natura umana.
Tra padre bastardo e violento e figlio - suo malgrado - posseduto, chi è il vero demone, lì dentro?



domenica 6 aprile 2014

Il fenomeno Amityville - parte I

13:15
L'idea per questa serie di post, che avranno come mio solito una cadenza puramente casuale, è nata per una mia fissazione quasi maniacale, ovvero quella per un certo tipo di storie controverse, in cui non si sa dove finisce la realtà e inizia la finzione.
In nessun film al mondo il confine è stato così sottile quanto in tutta la vicenda Amityville.

La storia
Questo gran polverone trova la sua origine nel 1977, quando un signore di nome Jay Anson pubblica un libro chiamato Orrore ad Amityville (titolo originale: The Amityville Horror - A true story). Come si evince dal titolo originale pare che la vicenda fosse ispirata ad una storia vera.
La storia in questione è quella della famiglia Lutz che si trasferisce in una casa (ormai leggendaria) in cui un anno prima un ragazzo, Ronald DeFeo sterminò la propria famiglia. Subito dopo il loro arrivo nella casa si manifestarono strani eventi.
Prima di tutto va specificato che l'omicidio della famiglia DeFeo avvenne realmente, nel 1974, e davvero per mano del maggiore dei figli, che dichiarò alla polizia di essere stato guidato nel gesto da alcune 'voci'. Secondo Wikipedia, Ronald Jr si troverebbe ancora in carcere.


Fin qui tutto a posto, tutto vero.
Oddio, va beh, tutto a posto magari no. Ma avete capito.
La vicenda 'vera ma non si sa quanto' è quella dei Lutz.
Comunque non è che la questione DeFeo sia così chiara, perché ad oggi (e voglio dire, siamo nel 2014) ancora non si è capito come abbia fatto quel tossico (sì, era pure tossico) disgraziato a sparare a tutti senza che NESSUNO, e dico nessuno, abbia sentito NIENTE.
Non gli altri membri della famiglia, perché fino a prova contraria non puoi sparare a tutti contemporaneamente, non i vicini di casa. Silenzio assoluto.
E lui stava sparando.

Un anno dopo, George e Kathy Lutz acquistarono la casa, consapevoli di quanto vi era accaduto ma francamente stica. Viene un prete a benedire la casa, qualcosa lo prende a sganassoni e gli grida di andare via. Ma loro, sprezzanti del pericolo e a testa alta, restano. Allora la casa si mette a sanguinare melma verde, puzzare vergognosamente, sbattere le porte, occhi rossi a guardarli dalle finestre, impronte caprine sulla neve che noi sappiamo chi è che ha gli zoccoli, vero? A post.
Allora loro capiscono di aver fatto la minghieta a rimanere e chiamano gli acchiappafantasmi che allora andavano via come il pane e dopo aver visto che il fantasma o chi per esso non accettava lo sfratto si sono sfrattati loro.

Lo shock fu tale che dovettero per forza collaborare con il sopracitato Anson (il cui cognome fa assonanza con quello di un certo tizio a cui io storie demoniache non ne racconterei ma tant'è) per scrivere un libro sulla vicenda, perché il mondo doveva sapere.
Il libro viene pubblicato, esce, un successone, tutti a farsela sotto, tranne i Lutz che con tutti i soldi che ci hanno fatto potevano tranquillamente pagarsi la terapia a vita. Ma la curiosità della gente di fronte a queste storie ha portato delle indagini, degli approfondimenti.
Il risultato?
L'avvocato di DeFeo Jr confessò di avere inventato la storia.
George Lutz continuò a sostenere la veridicità della maggior parte dei fatti narrati.

Dove stia il vero e dove il falso sembra essere il vero mistero, ed è forse questo ad aver portato una storia che niente ha di eccezionale al livello di fama che questa ha raggiunto.
Perché di libri e film tratti da storie vere ce ne sono a migliaia, ma il successo di Amityville ancora non l'ha uguagliato nessuno.
E questo è il motivo per cui, tra mille saghe horror che ci sono, ho scelto di approfondire proprio questa.

In tutto ciò, però, chi se la gode di più è la casa, che mentre il mondo litiga su una sua ipotetica possessione se ne sta in panciolle, beata e bellissima, al 108 (sì, hanno cambiato il civico) di Ocean Avenue.
In Street View oggi la vedete così.


Se vi interessasse approfondire la questione vi lascio all'episodio di History's Mysteries che ne parla.



Amityville Horror - 1979 - Stuart Rosemberg


Il film capostipite risale al 1979.
Ha inizio proprio con l'omicidio DeFeo, mostrato prima direttamente, e successivamente in (secondo me bellissime) scene in cui si alternano la visita dei Lutz alla casa e i vari spari. L'evolversi della vicenda però è molto rapido, in venti minuti si manifestano le prime stranezze.
La cosa che balza all'occhio durante la visione è la totale assenza di spaventi canonici. Non si salta mai sulla sedia, ma gradualmente sale un senso di ansia, incomprensione, inquietudine. Gli eventi sono inizialmente leggeri ma ugualmente assurdi, il personaggio della piccola Amy è angosciante nella sua totale ingenuità, già i titoli di testa sono fastidiosamente strani.
Si porta sicuramente a casa il titolo di cult, di padre indiscusso di tutte le case infestate che adesso tanto ci rompono (e tra l'altro, questa è sicuramente la casa più bella), e di fenomenale successo di marketing.
Eppure.
Eppure non è sto granchè, non porta benissimo i suoi anni, ma soprattutto alla fine mi parli gran tanto della porta dell'inferno e invece solo qualche goccettino di sangue sulle pareti. Non gioca sufficientemente bene le sue carte, potrebbe osare molto di più, anche perchè qualche anno prima L'Esorcista aveva già abbattuto parecchie barriere. Sembra che Rosemberg non voglia abbandonare una certa comfort zone.
Peccato.
Però vedere un papà che prende la porta ad accettate a me scalda sempre il cuore.



lunedì 23 dicembre 2013

Zombi

12:03
(1978, George Romero)
 


Guardate questo signore, che faccia adorabile che ha.
Gli lascereste i vostri figli, vero? Come ad un nonno adorabile e affettuoso.
Ecco, vorrei farvi ricredere perché, parlando per modi di dire, l'abito non fa il monaco.
O la fisionomia non fa la bontà d'animo, vedetela come volete.
Perchè sapete, pare che gli piacciano le cose spaventose.

Una volta , infatti, mi ha raccontato una storia.
Una storia in cui il mondo così come lo conosciamo non esiste più. Mi ha parlato di morti che ricominciano a camminare e si nutrono della carne dei vivi. E mi ha parlato del tentativo disperato di quattro persone di sopravvivere quanto gli è possibile in questo casino.

Su Romero (che per chi non lo sapesse, è il signore della foto) si potrebbero scrivere enciclopedie, trattati, saggi, e comunque non sarebbe sufficiente. Il cinema horror così come lo conosciamo deve buona parte del suo essere alla mente geniale nascosta dietro a tutti quegli zombie.
Zombie che sono qui espressi nella loro forma migliore e originaria. Sono lenti, poco furbi, guidati solo dalla fame. Non è che spaventano, perchè li vedi arrivare un quarto d'ora prima. Fanno paura, perché con tutta la capacità, la forza di volontà e il coraggio che i pochi superstiti possono dimostrare, la situazione è tale che è cristallino che il mondo è giunto al capolinea.

 
Questo è il valore aggiunto che distingue Zombi da qualsiasi altro film, non solo di zombie, ma in generale. Non c'è speranza, non c'è futuro, ma nemmeno ci sono accenni al passato, perchè pensare a quello che si è perso potrebbe essere troppo doloroso, ma soprattutto perchè non c'è spazio per la nostalgia, bisogna pensare solo a sopravvivere.
Per questo il personaggio che amo di più è quello di Roger. Più di tutti lui è pieno di entusiasmo, si diverte quasi. Se solo si fermasse a pensare un secondo perderebbe ogni briciola di voglia di vivere, ma è costretto a godersi ogni minuscolo successo, perché è questa 'allegria' che gli dà lo spirito di continuare a combattere.

Certo, poi troviamo scene in cui tutti staccano il cervello per un momento, godendosi il centro commerciale in cui si sono rinchiusi. Scene che, nel loro essere gioiose, rappresentano probabilmente il momento più drammatico. Persone apparentemente qualsiasi che 'giocano' con i vestiti, per poi tornare ad affrontare la fine del mondo.
Perché se c'è un film in cui il termine 'apocalisse' suona appropriato è proprio questo, e nessuno quanto lui. Non si parla mai di come uscirne, di come raggiungere altri superstiti. Si convive col fatto che questo è il termine di tutto, e si cerca di andare avanti finchè si può, toccando livelli di dramma che porterebbero alle lacrime anche i sassi.



Simulazioni di una quotidianità che non tornerà, ma che si cerca di far rivivere per non impazzire completamente che conducono al crescendo finale, che è lasciato incerto ma che in realtà poi così incerto non è. Di sicuro, è crudele. La natura umana svelata nella sua vera essenza. Non dico di più.
Così come è crudele il fatto che non sappiamo da dove abbia origine tutto ciò. Che poi rappresenta la vita meglio di ogni altra 'metafora' di qualsiasi altro film.
A volte le cose succedono, e basta.

Quello che mi chiedo, guardando pellicole come queste è: i film a noi contemporanei invecchieranno mai così bene? O diventeranno tutti aceto?

Ah, poi volevo dire una cosa su Savini, che secondo me ha capito tutto, mica come noi che non sappiamo nulla. Perché gli zombie devono essere sempre decompostissimi? Se uno è appena morto mica cade a pezzi. Quindi, ci sono sì alcuni ritornanti messi male, qualcuno ha solo una brutta cera, altri son bluastri, ma mica tutti. Alcuni son bellini.





P.S.: Buon Natale, ragazzi!

mercoledì 30 ottobre 2013

La casa dalle finestre che ridono

11:58
(1976, Pupi Avati)


Avrete certamente notato che non parlo spesso dei film 'diversamente recenti'.
Siamo (e uso volutamente il plurale, perchè questo è un atteggiamento diffuso tra i più) abituati agli effetti speciali da anni 2000, alla fotografia patinata, agli attori noti dei nostri giorni, e questo, oltre a crearci una lacuna culturale, ci rende anche incapaci di comprendere e apprezzare quelli che sono i film 'di una volta'. Il che, per una persona che si definisce appassionata, è imperdonabile, quindi sto riempiendo i miei vuoti in questo periodo.

La casa dalle finestre che ridono è la storia di un paesino della campagna emiliana. Il classico paesino in cui tutti sanno tutto di tutti, ma in cui tutti tutelano i loro segreti più 'sporchi'.
Stefano è un restauratore, convocato a rimettere a nuovo un affresco di un pittore della zona, Buono Legnani. Durante i lavori, la tranquilla vita rustica si rivelerà un po' meno tranquilla di come sembrava.

Pupi Avati ci illumina creando un lavoro che fa paura. E questa è la prima cosa che uno si aspetta, lui ce la fa e siamo tutti contenti. Quello che però mi ha più di tutto sorpreso è il MODO in cui fa paura.
Fa paura quando ci sono le porte che si aprono e chiudono da sole, ma senza essere una storia di fantasmi. Fa paura quando ci sono tanti personaggi e non sai quale dei tanti sta ostacolando le ricerche di Stefano e non sai più di chi fidarti. Fa paura quando si entra in casa, in questa villa diroccata in cui il restauratore vive che sembra quasi una chiesa. Fa paura quando leggi anche il nome di Maurizio Costanzo tra gli seneggiatori.


Io devo dire la verità, sapevo del passato horrorofilo di Avati, ma l'ho sempre snobbato un casino.
'Maffigurati se perdo tempo a vedere i film di uno che si chiama Giuseppe e si fa chiamare Pupi.'
Cattiva Mari, cattiva.
Perché il caro Giuseppe detto Pupi era (è, buonanima, non è ancora morto) un maestro della tensione. Tensione che si manifesta chiaramente nel contrasto tra le scene girate negli interni, in particolare dentro la casa in cui Stefano vive, e gli esterni che invece sembrano la pubblicità della Latteria Soresina.



Il ritmo lento sembra essere simbolo di quella serena e rilassata vita campagnola che viene riprodotta così bene (e io nella Pianura Padana ci vivo, lo so bene), in un ritratto sociologico che ha dell'inquietante già di suo. Perché la gente, quando ti sente chiedere aiuto per strada (non è poi uno spoiler troppo rilevante), il più delle volte invece che uscire fa finta di non sentire. E se quello che vuoi dissotterrare tu rischia di minare il loro equilibrio e la loro tranquillità, le persone ti ostacoleranno con tutti i mezzi che hanno.

Sapete poi il mio amore per i finali a sorpresa. Più a sorpresa di questo, io proprio non so. Varrebbe la pena vedersi tutto il film anche solo per i 5 minuti finali. Una trovata incredibile.



Dopo tutti questi complimenti, devo riconoscere che la cosa che più ho amato, però, è che i dialoghi siano PERFETTI. Ho adorato l'uso di espressioni come 'Boh!', 'Fila!' e l'evergreen 'Porca vacca!'. La gente parla così, è inutile che nei film ci facciate sembrare forbiti ed educati, perchè 'Maledizione!' non lo dice nessuno.

Un sano Porca Vacca ti fa passare anche il mal di testa. Bravo Costanzo.


mercoledì 17 luglio 2013

Poltergeist

15:52
(1982, Tobe Hooper)



Quanto ci sguazzo dentro, io, in queste cose.
Sono un'appassionata di fantasmi. Perché, diciamoci la verità, nessuno crede agli zombie, ai vampiri e ai licantropi. Ma tutte le persone del mondo hanno messo in dubbio almeno una volta nella vita l'esistenza dei fantasmi. Quando si cammina in un corridoio buio, o si vede un'ombra con la coda dell'occhio, o si spegne la lampada prima di dormire, per una frazione di secondo tutti quanti si guardano intorno per verificare che non ci siano presenze.
E la cosa che mi affascina di più dopo i fantasmi sono le leggende metropolitane.

Se ne deduce che Poltergeist è per me un film cult. Riconosciuto universalmente come il re dei film maledetti, secondo forse solo a L'Esorcista (ma lui non fa testo perché ha tutti i primati dell'universo, tutti), ha dato vita alla leggenda metropolitana che lega le registrazioni del film (o meglio, dell'intera trilogia) alla scomparsa di quattro persone, prima fra tutti la piccola Heather O'Rourke, protagonista dei tre film, morta subito dopo le riprese del terzo capitolo.



Questa volta vittime della visita di un poltergeist sono i Freelings, mamma, papà e tre figlioli. La più piccola dei tre (interpretata da Heather O'Rourke, appunto), Carol Ann, una notte si sveglia e inizia a parlare col televisore. I genitori attribuiscono la colpa al sonnambulismo di cui soffriva anche la madre, e non danno troppo peso alla questione fino a quando tutti gli oggetti della casa iniziano a volare allora forse è il caso di iniziare a preoccuparsi. E ci si preoccupa per una buona ragione, perché le presenze sono riuscite a prendere la piccola di casa e portarla in una sorta di limbo, una dimensione intermedia, da cui i genitori da soli non possono tirarla fuori. Si rivolgono quindi a un team specializzato in parapsicologia.

Il cinema recente ci ha abituato male. Di ghost story serie si sente un po' la mancanza (con le dovute eccezioni), e di spaventosi film sui poltergeist non si hanno notizie. I fantasmi devono far PAURA, non far spaventare. Vivi in una casa con una persona morta, come minimo ti deve prendere un'ischemia cerebrale dall'angoscia. Invece recentemente si saltella sulle poltroncine e basta. I poltergeist dovrebbero essere ancora peggio perché, per chi non fosse interessato all'argomento, la differenza tra i due ectoplasmi sta nel fatto che i poltergeist sono quelli che rompono di più le scatole. Quelli ancora più cattivi, fastidiosi e se vogliamo anche pericolosi.
Sulla base di ciò, quello che mi aspetto da un film che si intitola proprio così è che la presenza che infesta casa faccia un casino infernale.

Ecco, in questo film il simpaticone fa un CASINO DELLA MADONNA. Lampi, alberi che attaccano i bambini, altri bambini che spariscono nel nulla, tutta la stanza che muove no stop 24h al giorno (pensa te che fonte di energia alternativa), facce strappate. .
Ma partiamo dal principio.

La piccola Carol Ann comunica per la prima volta con la presenza dopo 5 minuti dall'inizio del film. Tobe, non mi deludi mai.
Quando la madre intuisce per la prima volta che la loro casa è infestata ha una reazione spettacolare: si diverte! Saltella dall'entusiasmo, gioca, fa giocare la bambina, aspetta che lo spirito sposti le sedie, mostra i movimenti al marito come una bambina che vede i fuochi d'artificio per la prima volta.
Poco reale, dite?
Chissenefrega, sono stanca delle urla. All'inizio è una cosa semplice, qualche sedia spostata, e lei si diverte. Chiaramente, quando i fenomeni crescono d'intensità allora arriva la paura di cui parlavo sopra. E questi fenomeni non si fanno attendere, da subito gli abitanti abusivi si scatenano.

Entusiasmante.

Così definirei il film fino alla metà. Dall'arrivo della medium (figura eccessivamente 'caricaturale') in poi si avverte un calo inesorabile, tra forze vitali, memorie di piaceri terreni, riti con palline da tennis e una nonnina che affronta la luce con gli occhialini da sole (che però era splendida, questo va detto).
E poi, il finale. Orribile. Una cosa proprio brutta.



(P.S. Erre, il bimbo leggeva Capitan America con due poster di Star Wars sullo sfondo. Sareste stati ottimi amici!)
 


venerdì 28 giugno 2013

La sposa imbrattata di sangue.

17:42


Ci risiamo.

Filmone (filmonI), di quelli che tutti conoscono, tutti amano, e blablabla.

Ma voglio dire, siamo 6 miliardi sulla faccia della Terra, e tutti e seimiliardi leggono chiaramente la cameretta rossa. Ci sarà una buonanima che ancora non ha visto i due Kill Bill. E io, come al solito, sono qui a compiere la mia missione di pace e a diffondere il verbo.

Guardate Kill Bill.

E ora vi dico perchè.

In parole povere, c'è da uccidere Bill e questo l'avrete capito per conto vostro.
Ma perchè, povera creatura, cos'ha fatto?
Accadde che Bill mandò una bella squadra di assassini alle prove del matrimonio di Beatrix Kiddo con un tizio effettivamente insignificante a fare una strage. Tutti morti.
O almeno così Bill sperava, perchè la Sposa non è affatto morta, sebbene si fosse presa una pistolettata in testa.
Quindi, la poveretta è rimasta in coma un po' (e dopo la visione del Vol. 1 avrete qualche timore nei confronti degli infermieri) ma si è svegliata.

Incazzata nera.



E ha cominciato a vendicarsi di tutta quella banda di disgraziati che hanno cercato di farla fuori.
Con il piccolo ma non insignificante dettaglio che la suddetta Sposa è anche un'assassina, una sicaria, addestrata per uccidere.

Per parlare di Tarantino servirebbe una laurea in ingegneria quentiniana, troppo da dire, troppo già detto, e comunque neanche tutti i Quindici messi insieme basterebbero. E poi io non ne sarei in grado.
Quindi, per motivarvi a guardare una Sposa che ammazza della gente (ma dai, non è sufficiente questo?) vi dico che Kill Bill è DIVERTENTE.
Basta parlare del citazionismo, delle scelte stilistiche e roba varia. Kill Bill fa ridere, e se siete donne vi gaserà un sacco (un sinonimo vi prego, un sinonimo).

Se non vi fa impressione il sangue, chiaro, se no lasciate proprio perdere e guardate Biancaneve e il cacciatore, o Biancaneve e basta.



Diciamocelo, il desiderio di vendetta è umano. Credo poco a quelli che dicono 'Io perdono'. Le hanno ammazzato marito e figlia, questa ha tutto il diritto di andarsene in giro con la sua 'Death List' e farli fuori tutti. Non ha più niente da perdere. Quindi vederla (e parliamo di Uma Thurman, eh, immaginatevela e ditemi che non esisteva al mondo donna più perfetta di lei per questi film) farsi forza e diventare quasi inumana pur di raggiungere il suo scopo. E poi guardarla tornare umana lentamente, mentre mostra le sue debolezze e si mostra per quella che è realmente: una donna che soffre.



Si può far soffrire una bella bionda da sola? No che non si può, allora lei soffre ma fa soffrire anche un sacco di gente, tipo l'esercito degli 88 folli.


Ragazzi che scene, in Kill Bill, roba da memoriali. Lei da sola contro una folla di folli orientali e ne esce anche quasi illesa. Si vedono omicidi con le note dei Santa Esmeralda. Occhi cavati, e che ridere quell'occhio cavato mamma mia ho dovuto mettere in pausa il film per ridere, sepolture, una stanza piena di katane, sangue come se piovesse.

Tutto questo, per arrivare al dolceamaro (ma più dolce) finale. Con una canzone che. . Ma cavolo, come vengono a Quentin certe idee? Come? Noi umani possiamo solo guardare e ammirare.


martedì 18 giugno 2013

Gremlins, Joe Dante

15:34
Titolo originale: Gremlins
Anno: 1984
Durata: 106 minuti
Trailer:



Denominazione del medicinale
Gremlins

Categoria farmacoterapeutica
Antidepressivo, calmante, antiafa.

Indicazioni terapeutiche
In pediatria l'uso è consigliato in compagnia di un genitore, negli adulti se ne consiglia una visione almeno una volta l'anno.

Controindicazioni
Nei casi più frequenti si riscontrano vocine affabili e talvolta imbarazzanti nei confronti della prima apparizione del mogwai Gizmo, ma si può arrivare leggermente alla commozione verso il finale, si raccomanda cautela.

Avvertenze speciali
Gremlins è la storia del giovane Billy, al quale il padre regala, per Natale, un esemplare di mogwai, dandogli tre indicazioni: non bagnarlo, non esporlo alla luce e non nutrirlo dopo mezzanotte. Si raccomanda pertanto di seguire il resto della vicenda per scoprire cosa accade quando non si rispettano le regole.

Gravidanza e allattamento
Se la visione di Gremlins non comporta problemi durante il periodo dell'allattamento, si raccomanda una particolare attenzione in gravidanza, perchè alcuni momenti che in una situazione normale vi farebbero solo storcere il naso, con le nausee non si sa mai.

Sovradosaggio
Non sono contemplati effetti collaterali dovuti ad un sovradosaggio, al limite ripeterete le battute a memoria, il che a lungo termine si rivela un esercizio importante.

Scadenza
Gremlins è un film immortale. Non è segnalata data di scadenza, conservatelo pure per anni per mostrarlo ai vostri figli.

è un medicinale, ma usufruitene con libertà, ogni volta che vi sentite tristi, per tirarvi su, o anche quando siete già allegri, per esserlo ancora di più. Ma leggete sempre il foglietto illustrativo che così fate contenta la casa produttrice.

venerdì 12 aprile 2013

Amare il cinema horror: how to

10:39

DEVO, anche stavolta, fare una premessa.

L'idea per questo post mi è venuta in doccia. Quando sono uscita l'ho scritto, ma una volta finito mi ha dato l'impressione di essere un po' snob, tipo 'Io cc'ho la cultura.'
Ecco, volevo chiarire che la cultura io non ccell'ho. Ho ancora milioni di film da vedere e libri da leggere, e idee da farmi e cose da imparare. Ma l'idea mi piaceva, e soprattutto spero che il post lo leggano la mia amica Sme ed Erre, che così seguono il programma e poi mi accompagnano a vedere Evil Dead al cinema il mese prossimo:)

Ho sviluppato una teoria.

Io, Mari, inquilina di questa camera rossa, ho elaborato la mia prima, personale, presuntuosissima, teoria su come una persona può avvicinarsi al mondo del cinema horror.
Un giorno pubblicherò grandi saggi ed encicliche, su questa teoria.
E soprattutto, tutte le aggiunte/modifiche che vorrete fare sono ben accette, poi sull'enciclica mettiamo tutti i nomi e dividiamo i proventi.

Insomma, questo post è dedicato a tutte le persone che vorrebbero tanto guardarsi 'Sinister', ma poi arrivano al cinema e vanno a vedere tutt'altro perchè gli piglia la strizza.

Alcune persone hanno avuto la fortuna (?) di avere genitori appassionati al genere, e quindi di sentire certi titoli fin dall'infanzia. Il grande amore di mio padre, per esempio, era La mosca. Capite bene che ce l'ho nel DNA, la passione.

Tra tutti i generi cinematografici di cui il mondo ci ha fatto regalo (la poesia, la poesia), però, forse l'horror è il più complesso da capire.
Mi spiego meglio: una buona commedia si apprezza sempre. Così come un buon film drammatico, un bel musical o un appassionante poliziesco.
Tante volte, però, si guarda un film horror che ha la stoffa del capolavoro ma, molto semplicemente, non lo si capisce.
Non per stupidità o che, ci mancherebbe altro, non mi permetterei mai. È solo approccio sbagliato. Prendete The Innkeepers, o Session 9, o Bed time. Gli esempi sarebbero infiniti. Sono film che si prestano facilmente ad essere scambiati per lenti e noiosi, eppure son dei gioielli.

Ecco allora la mia proposta.

La prima cosa da fare, secondo me, è abituarsi ai due elementi fondamentali del genere: gli spaventi e il sangue. Detto così sembra scontatissimo, ma sono due begli impedimenti, eh.
Anche se è chiaro che non ci si adatterà mai del tutto.

Io mi spavento che è una meraviglia. E certe scene particolarmente crude ancora non le reggo. Io dico solo scena delle pinzone in testa in Martyrs. Mammamammamamma le gocce fredde lungo la schiena.

Quindi, iniziate il vostro percorso con una bella maratona di Paranormal Activity.

'Ma a te non faceva schifo?'

Certo che fa schifo, è oggettivamente uno dei peggiori prodotti degli ultimi anni.
(Ultimi secoli? Della storia? Ok, ve lo concedo)
Ma bisogna riconoscere che con una persona che non ha mai guardato niente di spaventoso in vita sua questi film funzionano. Tutto ciò che hanno da offrire è una gran bella saltata sulle sedie, con conseguente tonificazione dei glutei. E probabile notte insonne, se siete proprio vergini di horror.

Detto ciò, vi garantisco che una volta visto il primo, vedere gli altri sarà una passeggiata.
Però guardateli tutti, davvero, in modo da avere messo definitivamente alla prova la vostra capacità di strillare e di coprirvi gli occhi con le mani.

Alternativa: la serie dei Piccoli brividi.

Chi è che ride? Sono seria.

Affrontata la questione 'spavento', arriva la questione 'sangue'.
Che è decisamente più complessa.
Se uno qualsiasi di voi ha problemi anche con le analisi del sangue, va beh, la cosa non fa decisamente per voi. Però credo che nessuno si veda volentieri squartamenti, frattaglie e altre finezze. Bisogna un po' farci l'occhio, ecco.

Per questo, io inizierei con i film slasher.
Per intenderci, i film in cui un omino, tendenzialmente dalle caratteristiche fisiche assai prestanti, ammazza un gruppo di persone.

Quindi, popcorn alla mano e Michael Myers nel lettore dvd. (Myers è sostituibile con Freddy Krueger, Leatherface, Creepers, Jason, e infiliamoci anche Chuck)
Perchè proprio loro, vi chiederete? Se non ve lo chiedete, ve lo dico comunque. Si parla di uccisioni, quindi volente o nolente sangue ce n'è. Ma non siamo ancora al livello delle torture che troverete più avanti. E, oltretutto, sono quasi tutti film datati, quindi tenete presente che la tecnologia degli anni 80 non permetteva troppo. Il giusto per iniziare.
In compenso, le grandi saghe che ho nominato prima sanno essere davvero divertenti.

A questo punto, quelli di voi che si sentiranno pronti potranno cimentarsi con saghe un po' più recenti: Saw ed Hostel.
Anche in questo caso, la qualità lascia molto a desiderare, ma si sale di livello per quanto riguarda la violenza e la quantità di torture.

(ma se guardate Hostel, premuratevi che non ci siano i vostri genitori in giro, la cosa potrebbe farsi imbarazzante)

In generale, a questo punto, siete pronti per tutti gli horror commerciali. Quelli che trovate al cinema, nei siti di streaming, al noleggio. Non sono sempre male, non sono quasi mai capolavori. Esempi? I recentissimi La madre o Sinister, i vari remake o i film di Shyamalan, The descent, Il mai nato, The ring. Non solo sarete pronti a guardarli, ma comincerete chiaramente a notare la differenza tra la cacca e la qualità.

(Ma vi anticipo che Shyamalan è la cacca.)

Adesso arriva la parte figa. La parte che vi farà pensare che aver visto tutti i film citati sopra sia valsa la pena, per comprendere la meraviglia che i film dell'ultima tappa sono.
Perchè il succo della mia teoria è che per apprezzare il bello bisogna imparare a conoscere il brutto.

È banale dite?

E allora com'è che nelle sale italiane ancora c'è quasi solo la cacca?

Tornando alla meraviglia, adesso potete sbizzarrirvi.
Ma io vi farei partire dal passato. Carpenter, Cronenberg (solo il Cronenberg del passato, mi raccomando, che oggi non ci siamo), Fulci, Romero, Raimi, i GRANDI.

Volete fare un esperimento? Guardate La cosa ad inizio 'programma' e poi alla fine. Vi sembrerà di aver visto due film diversi.

Guardateli, amateli.
Ve lo prometto io, che li amerete.

Fatto ciò, tornate al presente, perchè non tutto è perduto.
West, Zampaglione, Muschietti (Lo so che la maggior parte di voi Mama non l'ha amato, ma lui sicuramente ci sa fare.)

Direte: 'Lamiseria, mi ci vuole un anno!'
Eh va beh, le cose belle bisogna conquistarsele.



giovedì 3 gennaio 2013

Carrie, lo sguardo di Satana, Brian DePalma

10:49

Titolo originale: Carrie

Anno: 1976

Durata: 106 min.

Trailer:



Quando si dice sguardo che uccide.
 
Il primo post dell'anno nuovo non poteva che essere un film supercult, un immancabile.

Carrie è una liceale piena di problemi. Primo tra tutti la madre, una fanatica religiosa. Come se non fosse sufficiente, è vittima del bullismo dei compagni di scuola. In mezzo a questa vita felice ci sta anche il fatto che è dotata di poteri telecinetici.

Come mi ha inquietata questo film, pochi altri. Quasi nessuno.

E come mi è piaciuta Sissi Spacek nella parte di Carrie, poche altre attrici.
 
 

Il film inizia col mostrare le scene di violenza della madre e di bullismo da parte dei compagni. Carrie affronta questa situazioni da vittima, a testa china, senza reagire, coperta dai capelli e dalle lentiggini. Ed è bravissima la Spacek, sul serio, per tutta la prima parte del film è stremita (trad. dal dialetto cremonese: spaventata, intimorita), talmente succube dei suoi problemi che vorresti scuoterla per dirle di reagire. Fino a quando lei reagisce e tu vorresti dirle: 'Ecco, magari non così tanto.'

Il film è quindi diviso in due parti, 'Carrie succube' e 'Carrie era meglio non prenderla in giro'.

In entrambi i momenti l'attrice è stata talmente intensa e credibile che solo i suoi occhi spalancati mi hanno fatto paura. Questo è un altro punto di forza della pellicola. Non ci sono azzardi e cose palesemente assurde, niente formule magiche, niente strane gesticolazioni. Lei spalanca gli occhi, li tiene sgranatissimi, e succede il finimondo.

Ma una cosa volutamente esageratissima c'era ed era Margareth White, meglio nota come la mamma pazza. Interpretata magistralmente da una grandiosa Piper Laurie, la signora White è una fanatica religiosa, ma di quelle che fanno più paura loro che non quel vecchio burlone di Satana che ci sta dietro. Talmente fanatica che picchia la figlia che poraccia le sono appena venute le sue cose e sta malissimo e sta scema pensa che adesso sia peccatrice. Il vero peccato qui è il mal di pancia. Talmente fanatica che rinchiude la figlia in uno sgabuzzino a pregare e si tira i capelli dalla disperazione quando questa si prepara al ballo della scuola. Talmente fanatica che vede come rosso un vestito rosa chiaro.
 
 

Oltre a due attrici che da sole porterebbero il film ad un livello superiore, ci sono anche un'attenzione ai dettagli che lo rende perfetto (l''Ultima cena' dietro al tavolo dell'ultima cena, una meraviglia), dialoghi mai esagerati, ma con certe uscite della madre che fanno scompisciare e che sottolineano l'aspetto parodistico del personaggio ('I brufoli sono il modo del Signore per mantenerti casta'), la faccia di tolla del giovane Travolta che non si smentisce mai, i capelli di Tommy Ross che gli manca solo il ciuffo rosso per essere Mirko di Kiss me Licia, quel Gesù (e va bene, è San Sebastiano. Ma fa paura comunque) nello sgabuzzino che fa una paura maledetta, le inquadrature rosse..

Poi, menzione speciale alla musica perchè non poteva essere più azzeccata. Se già il film di suo in quanto a inquietudine ne mette a pacchi, la musica dà un contributo pazzesco.

Altra menzione speciale, e qui devo fare un pochino di spoiler, perchè se no non posso dire nulla.

Il momento dell'incoronazione di Carrie e Tommy come re e reginetta del ballo è stato magnifico. Ha un'impronta favolesca fortissima e volutissima. Sembra per un momento di essere in una di quelle commedie americane in cui la protagonista all'inizio è bruttina e poi le togli gli occhiali e BAM! È la più bella della scuola.
 

Si ha l'impressione che quel momento sia l'apice. Come sulle montagne russe, fai tutta la salita, arrivi al punto più alto e poi inizia una vorticosa discesa. Carrie è così. Arrivi a quel punto, ma non sei felice, perchè sai cosa ti aspetta dopo, sai che inizia la discesa, e che farà paura.

Ma nonostante si sia preparati al peggio, il film ha una sorta di potere magico. Arrivi a quel punto, dove senti quasi la bellezza del momento, di Carrie sul palco a ringraziare tutti quanti, del sogno che si realizza, nonostante fosse talmente lontano dalla realtà da non essere nemmeno formulato, e senti la speranza forte che il secchio non cada. Lo sai cosa succederà, ma non riesci a non fremere sulla sedia. E questo è Cinema. Conosci perfettamente la fine, ma ogni volta sei talmente dentro la storia che non puoi guardarla in modo distaccato.
 
Quando poi arriva la vendetta, il Momento del film, tutta la pacatezza che caratterizza la prima parte del film brucia insieme alla palestra. Pochi istanti, poche scene, e tutta l'angoscia e l'orrore vengono a galla, in un crescendo che culmina nella poesia della scena finale, con Sam che torna a portare i fiori sulla casa accompagnata da un classico dello spavento facile che a me ha fatto tenere gli occhi sgranati due ore di fila, collirio time.

E comunque, una statuetta di San Sebastiano, o chiunque sia quello, in casa mia non ci entrerà mai.

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