Visualizzazione post con etichetta libri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta libri. Mostra tutti i post

domenica 18 settembre 2016

New York Times By The Books Tag

18:18
Ho rubato un tag dal Tubo! Si può fare, dite? Rischio qualcosa?
Oh, si parla di libri, quando si parla di libri diciamo che il mio concetto di legalità si ammorbidisce un po'.
Mi andava di parlare di libri, di pubblicare un post rapido e leggero, e quindi qui siamo.
In quanto Tag dovrei taggare qualcuno, ma siccome parlare di libri è una delle cose più belle del mondo io spero che lo facciate tutti perché voglio parlarne con chiunque, sempre, ovunque. Rispondete anche qua sotto, va bene qualsiasi cosa.


1. Quale libro stai leggendo in questo momento?
Mai un solo libro per volta, stavolta è il turno di Infinite Jest di David Foster Wallace e La breve favolosa vita di Oscar Wao di Junot Diaz. Diversissimi ma sto amando molto entrambi. IJ più che un libro è un'esperienza di vita, ma di quelle gigantesche dopo le quali non si è più gli stessi. Oscar Wao parla di una famiglia dominicana esportata negli States, e lo fa con un tono leggero e brillante, infarcito di riferimenti nerd. Non è un romanzo gioioso (con un titolo così...) ma rispetto all'altro signore che sto leggendo è una passeggiata.

2. Qual è l'ultimo grande libro che hai letto?
Forse l'ultimo gigante (e ci aggiungerei una serie di parole in rima adeguate come devastante, estenuante...) è stata la Trilogia della città di K di Agota Kristof. Non so se oggi sarei in grado di rileggerlo, non amo le cose che parlano di guerra e onestamente nemmeno mi ricordo perché mi ci sono tuffata. Romanzo notevole, ma stancante.

3. Se potessi incontrare un grande autore - vivo o morto - chi sarebbe? Cosa gli chiederesti?
Scegliere uno solo è frustrante, però.
In questo preciso momento, data la mia fissa, direi David Foster Wallace, ma mica gli chiederei nulla. Starei a guardarlo, accenderei una miccia per farlo partire con un discorso e poi starei a guardarlo adorante. Vorrei conoscere quello che era il filo dei suoi pensieri, entrare in quel gigantesco cervello e lasciarmene affascinare ancora di più.
L'altro, ovviamente, Neil Gaiman. Il mio lettore ebook si chiama Neil perché se devo intitolare qualcosa di prezioso a qualcuno quel qualcuno è lui. (La mia macchina si chiama Joyce per la Oates, forse ho un problema.) Con Neil invece vorrei interazione totale, lo seppellirei di domande sulla nascita dei suoi prodotti, su come si siede al tavolo la mattina e dalla sua testa esce Coraline. Come funziona? Cosa senti nella testa? Parti dalle voci o dalle immagini? Ti viene più semplice creare dialoghi o immaginare mondi? Voglio sapere tutto.

4. Quale libro saremmo sorpresi di trovare sugli scaffali della tua libreria?
I mammuttoni della Newton Compton sulla cucina, quelli da 4,90€ l'uno:D
Ho un feticismo, mi piacciono da matti.

5. Come ordini la tua libreria?
La mi libreria è una cartella sul pc, leggo quasi esclusivamente in digitale.
I pochi libri fisici che ho conservato sono divisi per collana o casa editrice e in ordine di altezza decrescente.
Sul pc, invece, ho un ordine ossessivo compulsivo. Prima una divisione generica: classici, contemporanei, italiani, horror, saggi e romanzi in inglese. Ogni cartella poi è divisa di nuovo: provenienza dell'autore prima, e poi per singoli autori, mentre i miei booktuber preferiti hanno cartelle a loro riservate con all'interno i libri che hanno consigliato nei loro video.

6. Quale libro desideri leggere da sempre ma non l'hai ancora fatto? Quale libro ti vergogni di non avere ancora letto?
Io e il mio problema con i libri giganti facciamo la corte a Guerra e Pace da un bel po', soprattutto dopo il mio periodo di fissazione con Anna Karenina. Sta lì, pronto alla lettura, ma ancora non ci sono arrivata. Vergogna no, ho un percorso da lettrice piuttosto variegato, avrò tempo per tutto. Se mai uscirò viva da Wallace.

7. Deludente, sopravvalutato, semplicemente brutto. Quale libro avrebbe dovuto conquistarti ma non è accaduto?
Piano con le parole, però. Io leggo solo cose che al 90% mi piacciono, ho imparato a conoscermi. L'ultima volta che con infinito dolore ho lasciato un libro è stato Io sono il tenebroso della straordinaria Fred Vargas. Il grande dolore è dato dal fatto che si tratti del secondo volume di una trilogia, quella degli Evangelisti, il cui primo volume al momento è uno dei miei libri preferiti di sempre, con un primo capitolo indimenticabile. Il secondo non mi è piaciuto altrettanto e non l'ho finito, la delusione era cocente. Ma lo riprendo, non esiste che Vargas mi deluda, non è contemplabile.

8. Che tipo di storie ti attirano? Da che generi ti tieni lontano, invece?
Qualunque cosa: è più lo stile di scrittura che mi coinvolge piuttosto che un genere in particolare. Mi ritrovo a cercare spesso gli horror perché li sento sempre affettivamente vicini, ma non sono necessariamente il mio genere letterario preferito. Mi tengo lontanissima da romanzi d'amore (con quale presunzione qualcuno crede di poter davvero parlare d'amore? Anche i film non li tollero, con pochissime eccezioni) e dai gialli, di cui ho fatto indigestione al liceo. Oggi tollero solo Vargas.

9. Puoi far leggere un libro al Presidente. Quale sceglieresti?
Ho pensato al Presidente del Consiglio e ho pensato alla saga dell'Amica Geniale di Elena Ferrante. È ambientata a partire dagli anni '50, ma incredibilmente attuale, un ritratto dolceamaro dell'Italia del Sud, ma non solo.

10. Prossima lettura?
Ho in canna Il giardino dei Finzi Contini. Opinioni? L'avete letto?

Avanti, miei prodi. Parliamo di letteratura.

giovedì 10 dicembre 2015

Non solo cinema: Annientamento

08:00
Se siete qua significa che avete una connessione Internet, e avere una connessione Internet di questi tempi è la sola condizione necessaria per sapere cosa sia Annientamento.


Per chiunque sia appena tornato sulla Terra da un viaggio interplanetario: trattasi del primo libro della trilogia del momento, quella dell'Area X, frutto del lavoro del buon Jeff Vandermeer, che se amate scrivere come moi conoscerete per quell'incanto del Wonderbook. Pare essere la trilogia che dà nuova veste al new weird, la rivoluzione, il culto.

Sempre se siete appena tornati dal viaggio di cui sopra vorrete sapere di cosa si parla: si parla di quattro donne, senza nome ma identificate solo tramite il loro lavoro, che partono per una spedizione all'interno di una particolare zona degli Stati Uniti, la famigerata Area X. Pare che questa Area sia una zona particolare, in cui la natura ha ripreso il sopravvento e in cui si verificano fenomeni poco chiari. Le precedenti spedizioni sono state un fallimento, nessuno è tornato e chi lo ha fatto era meglio se ne stava dov'era. Noi affrontiamo la dodicesima, la prima ad essere composta da una squadra di sole donne.

Io sono convinta che Vandermeer abbia una mente di quelle a cui guardo con un misto di invidia marcissima e sconfinata ammirazione. Lo pensavo sfogliando il Wonderbook e lo penso avendo concluso il primo volume di questa benedetta trilogia di cui non me ne poteva fregare di meno fino a quando il web si è messo in testa che la dovevamo amare tutti.

Io sono una lettrice veloce, mangio i libri e non c'è alimento che mi sazi di più.
Eppure, queste 180 paginette mi hanno portato via un sacco di tempo. Perché all'inizio ho DETESTATO Annientamento con tutte le mie forze.
Poi ho realizzato che non era il libro ad essere il destinatario del mio odio, quanto quella viscida, algida, supponente e presuntuosa della sua protagonista.
Ho faticato a proseguire nella lettura perché tutte queste pagine sono in prima persona. Sono considerazioni personali e riflessioni di questa sublime stronzetta.
Resa assolutamente umanissima e tridimensionale dalle capacità del suo creatore, ma detestabile come poche.

Bisogna essere disposti a passarci su. Accettando che lei è così e facendosela andare bene, si passa a vedere tutto quello che c'è dietro, e quello che c'è dietro, in quanto frutto della mente di cui sopra, non poteva che essere un lavoro incredibile.
Si tratta 'semplicemente' di sana ma atroce inquietudine, quella che pervade completamente e lascia annientati, appunto.
Con quella brutta cretina di una biologa entriamo in un luogo ostile e di cui non sappiamo nulla, non sappiamo niente di quello che ci può succedere, nè del modo in cui ci può accadere. L'Area X è un mistero di quelli completi e totalizzanti: ci vai (volontariamente, per i motivi più disparati) ignorando quasi tutto di quello che la riguarda e nel giro di pochissimo tempo ti renderai conto che anche quel poco che sai è falso. Non sai niente nemmeno di chi ti circonda, chi sia o meno meritevole della fiducia che, volente o nolente, in una situazione simile sei costretto a dare. E, a loro volta, gli altri non sanno niente di te, e tu hai delle importanti limitazioni su quello che puoi o vuoi dire.

La biologa è vittima da qualsiasi punto di vista: è vittima dell'Area, che ha su di lei un'influenza che non si può controllare, è vittima della psicologa che ha il ruolo grossomodo di leader della missione, è vittima della misteriosa organizzazione che studia l'Area, è vittima delle proprie radicali e infrangibili convinzioni. Ogni passo compiuto in una certa direzione potrebbe essere l'ultimo, ogni scoperta, ogni volta che sembra di stare andando nella direzione giusta, ci si sta avvicinando invece sempre più al pericolo.
Un pericolo senza faccia, senza nome. Perché non si tratta solo di una creatura, di un mostro che, in quanto reale e singolo, si può sempre (in potenza) sconfiggere. Qui il problema è che il pericolo è ovunque e non si ha la più pallida idea di cosa sia e di cosa possa causare.
È paralizzante.

Il mio amico Jeff va letto.
Se non altro per sapere se questa volta l'amore collettivo del web è stato ben incanalato.
E per me, nonostante tutto, sì.

giovedì 18 giugno 2015

Non solo cinema: Julia

08:42
QUALCHE SPOILER PERCHE' SONO UN'INCAPACE

Fino a qualche tempo fa ero convinta che Peter Straub fosse il vicino di casa sfigatello di Stephen King, il quale mosso a compassione aveva aggiunto il nome dell'amico accanto al suo in certi titoli.
Invece no!
Peter Straub ha grossomodo quella faccia qui:


Oltre a teneri occhialini rossi cum coppola, il signor Straub ha anche una gran bella penna con cui scrive tanti romanzi horror.
Si è avvicinato al mondo del fantastico con questo breve Julia, nel quale dà al romanzo il titolo della sua protagonista.

Julia, appunto, è una donna che, in seguito alla perdita in circostanze tragiche della figlia Kate, decide di lasciare il marito Magnus. Compra una nuova casa, nella quale però accadono strani eventi che la portano a indagare sul passato dell'abitazione e dei suoi precedenti inquilini.


Non mi ha comprata da subito, il libretto di Straub, anzi.
Proseguendo, però, la realizzazione che niente stava andando come avrei pensato mi ha fatto completamente cambiare idea.
Ma andiamo per gradi.
Julia scappa dal marito perché lo ritiene responsabile della dipartita della piccola Kate. Fin dalle prime pagine, però, frasi accennate e indizi appena mostrati ci convincono che la colpa sia in realtà attribuibile alla madre.
E io, dall'alto della mia somma ignoranza e della mia incapacità di aspettare di finire un libro prima di giudicarlo, pensavo: 'Ma perché me lo dici ora?'

E CERTO che me lo diceva subito, perché l'oblio che ha colpito la nostra protagonista è solo il primo sintomo di un disagio che crescerà in modo esponenziale fin dalle prime pagine del romanzo. E perché la morte della figlia non ha alcuna rilevanza ai fini della trama, se non l'essere il motivo scatenante della sua fuga.

Questo perché, ad un certo punto, arrivano i fantasmi.
O meglio, arriva IL fantasma.
Che si palesa nei modi più convenzionali possibili: apparizioni allo specchio, rumori improvvisi, stanze caldissime, acqua del rubinetto disgustosa (vi dice niente Casper?). . .
Julia, in preda al dolore, si convince che sia la figlia.
Non ci vorrà molto a comprendere che ci troviamo di fronte ad un doppelganger perfetto che andrebbe incorniciato.

Quello che poi è ancora più affascinante è che le medesime apparizioni potrebbero essere tranquillamente da parte di umani: Magnus sta controllando a vista la moglie, entra in casa e volutamente lascia disordine e fa rumore per spaventarla.
Lei ne è consapevole, ma abbiamo tra le mani una donna di una fragilità estrema: pur sapendo a chi attribuire il vaso di fiori distrutto, è convintissima della presenza di un fantasma. Dimentica di lavarsi, di mangiare, la sua stessa salute passa in secondo piano rispetto alla necessità di scoprire cosa sia successo in quella casa e perché quel fantasma ce l'abbia proprio con lei.

Oltre all'interessante questione dell'entità e della precedente proprietaria, a farmi capire quanto svagliavo a sottovalutare il povero Peter sono stati i personaggi secondari.
Una medium terrorizzata, per esempio. Che pare una baggianata, ma è fin troppo facile ritrarle come donne esperte che ne hanno viste di ogni e ormai non hanno paura di niente.
Un marito potente, con una personalità dominatrice, ma anch'esso pieno di sofferenza e che, nel momento adeguato, riesce a convincersi che qualcosa di sovrannaturale ci sia davvero.
Mark, il cognato, che si rivela completamente diverso da quanto credevamo, e infine Lily, uno dei motivi per cui questo libro è così grande. Lei e il suo essere così viscida, una donna subdola e opportunista, legata in modo morboso e quasi lannisteriano al fratello Magnus.


Una discesa nemmeno troppo lenta verso l'inferno personale di Julia, in cui siamo trascinati insieme a lei, in modo apparentemente semplice e che in realtà si rivela efficace e coinvolgente.
Scusa, Peter, se ti ho sottovalutato.

sabato 20 dicembre 2014

Non solo cinema: La strada

10:04
Post con spoiler perché non ne facevo da un po'


Per il mio compleanno, R e un gruppo di pazze persone che immagino mi vogliano molto bene mi hanno regalato un ebook reader. Io leggo da che ho memoria, e so da fonti certe che quando ancora non potevo leggere per ovvia incapacità avevo persone che leggevano per me. Non sono certo una feticista della carta, però, benchè sia una di quelle strambe creature che annusano i libri. Desideravo un lettore da tempi immemori e ora il mio piccolino è il mio migliore amico e il principale compagno di merende.

Questa intro che avrà sicuramente rivoluzionato la vostra giornata serve a dirvi che grazie al mio trekstor riesco a leggere molto più di prima. Più libri = più libri horror.
E quindi eccoci qui, con un nuovo ingresso nel blog che non vuole diventare una rubrica fissa con cadenza regolare (come se poi io ne facessi), ma un modo in più per condividere con voi quello che mi piace.
Ma sempre di horror parliamo, perchè sono una persona molto originale.

Ho voluto iniziare con McCarthy perchè penso sia il modo migliore per ricordare a chi ha problemi di memoria o di comprensione dell'ovvio che l'horror non è solo sangue squartamenti fantasmi mostri killer orrore e sconvolgimento.
L'horror può penetrare più a fondo, può gettarti nello sconforto, nella perdita completa della speranza, nella desolazione di una condizione che non ha soluzione.
Vah che poetessa.

Può essere horror la storia di un padre ed un figlio, che vagano per la strada senza vita di un mondo distrutto. Non sappiamo cosa sia successo, cosa abbia ridotto il pianeta ad uno scheletro di se stesso, ma non è rimasto niente della società come la conosciamo.
Padre e bambino non hanno più una casa, non godono più della compagnia della mamma ma nemmeno di quella di nessun altro essere umano. Camminano in mezzo al gelo, senza una meta reale, senza un luogo sicuro, costretti ad accendersi il fuoco ogni sera per non morire assiderati, alla ricerca di cibo nei modi che possano.
Privati di tutto, non hanno nemmeno un nome.

E tanto è gelida l'aria che padre e figlio repirano, tanto è fredda la scrittura di McCarthy, che è ridotta all'osso e minimale.
Cerca ogni tanto di scaldarci cuore e pensieri con qualche momento di tenerezza padre e figlio, ma sono solo attimi sporadici che portano una consolazione momentanea.
Perché a questa condizione non esistono consolazioni, perchè non ci sarà un rimedio.

Ed è, questa, una consapevolezza che ti colpisce duramente a fine libro.
Ti affezioni a questi due signori, a questi due vagabondi per necessità, e quello che vorresti non è altro che vederli insieme ad altre persone, in un luogo caldo e sicuro, perchè quel freddo che ti è narrato cominci a sentirlo anche tu, che ti prende nelle ossa. Vorresti vederli tornare a fidarsi del prossimo, vorresti che fossero in tanti i 'buoni che portano il fuoco'.
Ma quando concludi la lettura capisci che la speranza lì non sta di casa. E ti atterrisce.

Perché è un inserimento graduale nelle loro vite quello che mi ha malridotta di più.
Nelle prime pagine nemmeno mi piaceva, sto La strada. Andando avanti, però, ti ritrovi a vedere con i tuoi occhi che proprio la strada è l'unica cosa che hanno, oltre l'un l'altro. E non esiste situazione più disperata di quella di una persona che deve vedere il proprio mondo scomparire. L'autore ci fa capire chiaramente quanto l'unico ad avere subito una gigantesca perdita sia il padre. Il bambino in questo rimasuglio di mondo ci è nato. E' la sua normalità.
Il padre aveva tutto e ora ha solo il suo bambino.

Ripenso quindi a tutte le volte che sono triste, o che semplicemente ho una giornata no.
Ascolto le mie canzoni preferite, scrivo sul blog, esco a comprarmi la mia focaccia preferita, faccio due passi fino alla piazza del paese e scorro le vetrine.
Non sono cose che fanno passare la ragione della mia tristezza nè rimediano alla mia giornata di merda, ma mi rimettono nel giusto ordine di cose, mi riportano con i piedi per terra, mi calmano. Sono piccole azioni apparentemente inutili ma di cui ho bisogno quando qualcosa non va.
E se nella mia vita improvvisamente qualcosa non andasse e io non avessi nemmeno una delle mie piccole coccole per stare meglio? E' un circolo vizioso di dolore, una sofferenza in tondo che non può avere fine.

E nonostante tutto, nonostante le volte in cui ha pensato che sua moglie avesse fatto la scelta migliore, il papà parla ancora a suo figlio del volo degli uccelli.
Una lezione di speranza che voglio fare mia, e regalare a voi.

Buon Natale a tutti!

Disclaimer

La cameretta non rappresenta testata giornalistica in quanto viene aggiornata senza nessuna periodicità. La padrona di casa non è responsabile di quanto pubblicato dai lettori nei commenti ma si impegna a cancellare tutti i commenti che verranno ritenuti offensivi o lesivi dell'immagine di terzi. (spam e commenti di natura razzista o omofoba) Tutte le immagini presenti nel blog provengono dal Web, sono quindi considerate pubblico dominio, ma se una o più delle immagini fossero legate a diritti d'autore, contattatemi e provvederò a rimuoverle, anche se sono molto carine.

Twitter

Facebook