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giovedì 21 dicembre 2023

2023 - un riassunto: le letture più belle

18:19
Quest'anno sono riuscita a leggere molto meno di quello che avrei voluto, ma sono stata abbastanza fortunata da incontrare sul mio percorso romanzi che mi hanno fatto presto dimenticare che la quantità ha lasciato un po' a desiderare. Non parlerò di ogni singolo libro letto quest'anno, ma giusto di quelli che resteranno con me un po' più a lungo.





La saga di Blackwater






Io e il Moderatore abbiamo preso l'abitudine di leggerci i libri a voce alta. È iniziata lo scorso anno, perché volevamo entrambi leggere Solaris e abbiamo deciso di "consumarlo" così. Il più delle volte leggo io a lui mentre siamo in auto per i tragitti un po' più lunghi, e alla fine anche i primi tre volumi della ormai celeberrima saga ce li siamo goduti così. Ora che ne abbiamo consumati tre mi sento di dire che è stata davvero la lettura adatta ad essere realizzata in compagnia, perché questo mix tra La forma dell'acqua e Dinasty si presta molto ad una lettura collettiva, commentata insieme. Questo ha reso la già simpaticissima vicenda se possibile ancora più accattivante. La storia ovviamente la conoscete perché se possibile sono i libri più condivisi e chiacchierati dell'anno - con l'eccezione del fairyporn di booktok - e anche io ne ho parlato ampiamente in più occasioni, qua ripeto velocemente quanto già espresso: li trovo graziosissimi e goduriosi, che scorrono via come acqua fresca senza mancare di qualche scena bella intensa ed esplicitamente gore che sarà la delizia degli amanti del genere. Penso che proseguendo si farà sempre più oscura e non vedo l'ora di vedere come andrà in conclusione.

Famiglie complesse





Anche questi li abbiamo già affrontati qui sul blog ma non sarebbero mai potuti mancare da un bilancio di fine anno. Sono due modi molto diversi di raccontare le famiglie, uno molto serio ed intenso (quello di Espach) e uno dissacrante e divertente (quello di Raimo). Il primo fiction e il secondo autobiografico, il primo una lettera aperta a chi non c'è più e il secondo in un certo modo quasi una lettera a se stesse. Mostrano come due approcci così diversi al trauma possano raggiungere lo stesso scopo: parlare al cuore di chi ne ha uno tutto suo, di trauma, per mettere insieme sul piatto quello che resta e cercare di ricostruirlo per guardare al futuro. Sono entrambi racconti di spietata sincerità su cosa sia l'infanzia e su cosa sia la crescita e su come sopravvivere alle famiglie d'origine. Il secondo si presta come perfetto regalo di Natale, il primo per l'amor del cielo no che è straziante.

True crime





Solo due sono stati i testi true crime che mi hanno accompagnata nel 2023 e francamente quando a scriverli sono i due maestri del genere allora sono sufficienti. Il testo di Stefano Nazzi, giornalista e oggi anche idolo delle masse grazie al suo ottimo podcast Indagini di cui sono amante devota, è ben diverso dagli episodi che ci regala ogni mese. Non si concentra infatti sulle indagini e i processi ma sposta il focus sui colpevoli, costruendo un profilo completo e attento delle persone che hanno compiuto alcuni tra i reati più gravi della cronaca italiana. In Nazzi, che è un professionista serio e competente, manca del tutto il desiderio di fare facile pornografia del dolore, e il suo lavoro è caratterizzato da una serietà e da un rispetto che lo rendono il migliore in Italia. Non si lascia andare a congetture o ipotesi, non fa commenti inopportuni e il suo tono è sempre quello di chi vuole solo trovare la chiave corretta per raccontare una storia. Il libro è una conferma della sua personalità anche se continuo a preferire il lavoro che fa col podcast. Qui racconta solo 10 casi in un testo breve, fa quello che può con lo spazio che ha.
Carrère, che ve lo dico a fare. V13 racconta del processo che è avvenuto dopo gli attacchi terroristici di Parigi del 2015. Il testo è diviso in tre: una prima parte dedicata al ricordo di alcune delle vittime, una seconda dedicata all'esplorazione dei terroristi, delle loro origini e delle loro storie - fondamentali per comprendere il fenomeno - e infine una terza parte dedicata alle parti finali del processo e di quello che ha significato per tutti coloro che, come lui, ne hanno preso parte, oltre che per la nazione intera. Questo è proprio il suo pane, la sofisticatezza con cui entra in punta di piedi in momenti di dolore inimmaginabile è unica e il modo in cui parla degli individui che hanno commesso gesti impensabili è onesto e giusto. Maneggiare con cautela, il lacrimometro è alle stelle.

Donne&antispecismo






Questi due - magnifici, magnifici, magnifici - libri non potrebbero essere più diversi tra loro. Il primo è il racconto esilarane di un'ex insegnate che scopre intorno a casa alcuni omicidi e sollecita la polizia a fare meglio il proprio lavoro, mentre il secondo è un testo su un futuro post apocalittico in cui la popolazione è decimata e i pochi che sono sopravvissuti possono cibarsi solo di carne di sirena. In comune hanno il fondamentale tema dell'antispecismo, però, che è così profondamente radicato nel loro DNA da renderli più simili di quanto appaiano. 
La protagonista del primo romanzo - la mia protagonista preferita di ogni romanzo di sempre - ama gli animali molto più di quanto non ami le persone ed è per lei di fondamentale importanza che questo amore venga compreso e rispettato dalle persone che la circondano. È un testo, quello in cui si muove, che pur mantenendo un tono squisitamente simpatico riflette sulla solitudine, sulla condizione degli anziani nella società e anche su quella degli animali. Ci si chiede che cosa determina il valore delle persone o addirittura se è giusto accettare che esista un supposto valore delle persone. L'ho trovato una lettura incantevole.
Sirene è molto meno accogliente. È un testo breve ma affilato, che non ha paura di mettere l'umanità di fronte alla sua natura e che spinge durissimo. Il mondo è finito, gli umani sono finiti: restano solo la mafia giapponese e le sirene, carne da mangiare e da scopare. L'unione tra sesso e alimentazione e il confine sottilissimo che li divide è il cuore del romanzo. Laura Pugno è un carro armato, sa bene dove può insistere e dove è il caso di spostare lo sguardo (spoiler: quasi mai. Occhio a tutti i trigger warning possibili) e questo suo testo è per me indimenticabile.

Donne del mito





Le nebbie di Avalon è, nonostante le immense problematicità della sua autrice, il mio romanzo preferito, lo dico senza doverci pensare due volte. Sto quindi, se pur con i miei tempi, proseguendo nella lettura del ciclo di Avalon e questo che vedete qui sopra è il secondo volume. È un prequel della storia che tanto ho amato e si colloca all'inizio della vita dell'isola di Avalon e racconta la nascita del culto delle sacerdotesse. Nonostante questo, o forse proprio per questo, non sono sicura di aver amato La casa della foresta tanto quanto avrei voluto. Tutto il tempo che avrei voluto dedicato alle ragazze, alla nascita di un culto nuovo che le mettesse al centro e le rendesse protagoniste, è invece dedicato ad una storia d'amore tormentato, e purtroppo non era quello che cercavo. Peccato. L'ho inserito comunque perché quell'ambientazione, quei momenti che se pur pochi ci sono, quel mondo lì, mi fanno impazzire e trovo che l'autrice, mannaggialamiserie, sia ottima.
Lavinia, dal canto suo, ha a sua volta un'ottima autrice. LeGuin riprende in mano la storia di Lavinia, moglie di Enea, e le regala lo spazio che nell'Eneide non le veniva concesso. La seguiamo bambina, poi giovane donna contesa tra mille pretendenti desiderosi di prendere in moglie la figlia di re Latino, e infine moglie prima e vedova poi dell'eroe. Lo spazio che le viene concesso serve a LeGuin per spiegare a Lavinia come mai non le fosse stato dato prima. Nata in una famiglia nobile, infatti, alla giovane non è dato spazio di essere se stessa nonostante un padre affezionato e illuminato. Non c'è spazio per la crescita personale a meno che questa non vada nella direzione del bene del regno, non c'è desiderio, speranza, volontà. Ci sono una missione da compiere e un ruolo da svolgere, il resto sono solo capricci. 
Il solo momento in cui a Lavinia sarà concesso di decidere per sé sarà nei boschi, nella natura, dove può muoversi lontana da ciò che la sua società ha deciso per lei.
Tutte le donne in questione, quindi, è solo nella natura che hanno spazio per esprimersi, per esistere prive di aspettative e compiti. È solo protette dai boschi che possono essere autenticamente felici.

Donne oscure

Infine, su instagram a gennaio ho iniziato un progetto di lettura: undici testi tutti al femminile, preferibilmente di genere. Ho spaziato tra gotici più classici e narrazioni più moderne, passando per il folk locale, fino alle raccolte di racconti. Con alti e bassi è stato un viaggio così interessante che lo ripeterò l'anno prossimo. In questa sede non mi dilungherò sulle letture, tanto sono tutte state accompagnate da lunghe dirette su instagram, qui accenno solo al fatto che dovete, dobbiamo continuare a leggere le donne del perturbante, preziose e raffinate. Ho imparato tantissimo.

lunedì 18 dicembre 2023

2023 - un riassunto: Dungeons&Dragons

20:53
 Giunti alla fine di questo poderoso anno di merda ho pensato che fosse una buona cosa rispolverare un po' il blog, che a parte i post di ottobre è stato un po' abbandonato a se stesso. L'idea è di dedicare qualche post alle cose che hanno caratterizzato gli scorsi mesi e che mi hanno tenuta in vita mentre attraversavo la tempesta.
Cominciamo quindi con un post molto anomalo per la sottoscritta: uno tutto dedicato al gioco di ruolo più famoso del mondo: Dungeons&Dragons.
Io e mio marito stiamo insieme da 12 anni e sono altrettanti che lui mi cita questo gioco. Abbiamo provato insieme a seguire qualche campagna online ma io avevo sempre una lamentela: mi sembrava che tutti si prendessero molto - troppo - sul serio, e io non riuscivo ad entrarci in sintonia. Non so cosa sia cambiato quest'anno, ma ho deciso di dargli una possibilità, e da quel momento la mia vita è finita: in questa casa non si parla, non si gioca, non si guarda altro. Ho raccolto quindi un bel po' di cose di cui parlarvi e pertanto ecco in modo un po' bizzarro per un blog sul cinema dell'orrore un post tutti intero su D&D.




La prima cosa da citare è ovviamente la campagna che abbiamo iniziato con i nostri amici. Stiamo invecchiando, abitiamo distanti e lavoriamo come somari e pertanto ci serve una scusa per aumentare le occasioni in cui passare del tempo insieme. Stiamo giocando l'avventura del Kit Essenziale, visto che a parte il Moderatore - mio marito, che ovviamente è il nostro master - siamo tutti nuovi a questo mondo e come per magia la casa si è già riempita di diversi costosissimi manuali per proseguire una volta conclusa questa. Sempre se io ci arrivo perché le botte che mi prendo ogni santa volta non fanno ben sperare per quella povera disgraziata della mia personaggia. Mi diverte molto anche vedere i miei amici in vesti nuove e riconoscere i loro tratti in quello che fanno nel gioco. Io infatti impulsiva pure lì, sbaglio tutto.




Questi sono i tizi che mi hanno tenuta prigioniera per almeno dieci mesi di questo 2023 e che prevedo non mi lascino andare per i prossimi anni. Sono molto famosi ma li presenterò comunque, per chi passasse di qui per caso: si chiamano Critical Role, sono un gruppo di attori e doppiatori (alcuni voci di praticamente ogni videogioco a cui abbiate mai giocato, come per esempio mia madre Laura Bailey che è in ogni anime e in ogni videogioco mai creato) che ha iniziato a giocare a Pathfinder fino a che il sito Geek&Sundry - oggi Nerdist - ha chiesto loro di farlo in live su Twitch. Per rendere più democratico il loro gioco hanno fatto un passaggio e si sono messi a giocare a D&D. La loro prima campagna si chiama Vox Machina e io sono innamorata di tutti loro, senza esclusione. Guardare amici che giocano di ruolo, oltre a riprodurre la dinamica che si verifica a casa mia, offre due livelli di passione: quella per i personaggi e quella per gli interpreti, che si vogliono evidentemente molto bene. Alcuni di loro sono sposati, altri fidanzati, ci sono state rotture che hanno smosso l'internet per anni e in generale si è creata una fanbase appassionata e feroce. Leggere di loro è quasi altrettanto appassionante che vederli giocare. Certo, se sei ad un livello misero come me vedere questi semidei all'opera è un po' frustrante, ma ci arriveremo e saremo molto potenti anche noi. Per il momento sono mazzate. 
Il fatto che siano tutti attori rende le loro sessioni diverse da quelle delle persone che nella vita fanno i tecnici, le gastronome o le psicologhe, come siamo noi, ma questo ovviamente aumenta l'intrattenimento. Sono autentici, casinisti, muoiono spesso e altrettanto spesso parlano di cacca, ridono sguaiatamente e cantano Hamilton con una frequenza che mi rende felice. Non posso smettere di guardarli anche se solo la loro prima campagna è più lunga di tutto Grey's Anatomy.





Dalla prima campagna dei tizi di cui sopra Prime ha tratto una serie animata, The legend of Vox Machina, di cui abbiamo visto solo la prima stagione per non avere spoiler sul resto della campagna, visto che per ovvie ragioni le due cose si muovono su ritmi molto diversi. La serie è simpatica e per i fan della campagna è simpatico vedere personaggi a cui ci si è tanto affezionati muoversi col volto che i giocatori hanno pensato per loro, ma non sono sicura che la serie funzioni alla perfezione per chi non è già introdotto al mondo di Vox Machina. Comprendo la difficoltà: sono ore e ore di gioco che si è dovuto riassumere in pochissimi episodi molto rapidi. Unire le strizzate d'occhio necessarie a tenersi stretti i fan e al tempo stesso una struttura narrativa che funzionasse anche per chi si approcciava a questo mondo per la prima volta è sicuramente un lavoraccio, ma non sono sicura che ci siano riusciti alla perfezione. Sarebbe interessante capire quanto l'hanno apprezzata le persone che non hanno seguito le infinite dirette di gioco. 
Sono comunque deliziata all'idea di continuare a vederli nella loro forma ""reale"" e continueremo a seguire le stagioni non appena saremo in pari con la campagna.




 Impossibile non citare in questa carrellata quello che è indubbiamente uno dei miei film dell'anno. Dungeons&Dragons: L'onore dei ladri è infatti non solo un bel modo di omaggiare un gioco che ha tenuto unite generazioni intere ma anche una commedia deliziosa e un film divertente come non ne vedevo da tempo. Adoro Chris Pine così ironico, ho amato il modo leggero e scanzonato di trattare temi grandi come il lutto e la sofferenza e sono rimasta estasiata dal drago ciccione che francamente è la cosa a cui ripenso quando un cliente mi risponde male e mi rovina il turno di lavoro. 
Bello per le famiglie, bello per i grandi che vogliono tornare piccini e bello per chi è grande e vuole restarci. Consiglio a proposito del film l'episodio a lui dedicato del podcast Chiodi Rossi.




Un piccolo accenno lo dedico anche a questo film d'animazione del 2020, disponibile su Disney+, che sebbene non parli apertamente del gioco di ruolo lo omaggia affettuosamente. Parla di due fratelli, uno giocatore e l'altro no, che devono ricorrere alla magia per vedere un'ultima volta il padre defunto. Hanno bisogno della magia presente nel gioco preferito del fratello maggiore, che il minore aveva sempre snobbato e che ha imparato a rivalutare, proprio come qualcuno di vostra conoscenza. 
Non sono molto brava a giudicare l'animazione, ma questo l'ho trovato dolce e delicato, simpatico al punto da tenermi con sé ma senza mai perdere di vista l'intensità del dolore della perdita. Molto tenero.




In un post tutto dedicato al gdr, non poteva mancare l'evento a tema D&D che ha scosso il pianeta: il fenomeno Baldur's Gate 3, vincitore di premi prestigiosi e ammaliatore di giocatrici appassionate grazie al personaggio biondo che vedete qui sopra. Io e il Moderatore ci stiamo giocando insieme, meno di quanto lui vorrebbe, e se per caso facciamo l'errore di cominciare la nostra vita si conclude. Dobbiamo essere staccati con la forza. Giochiamo da una quantità di ore fuori dal buonsenso eppure non abbiamo neppure finito il primo atto e questo è perché il Moderatore è un giocatore di quelli che si ferma a controllare ogni cosa mentre io di fianco protesto non ascoltata. Mi piace vedere i risultati delle scelte che si compiono e anche la dinamica dei combattimenti che riesco a gestire senza crepare di ansia come con giochi ben più frenetici. Mi fa sentire più in controllo della situazione. 
La sola cosa che rimpiango è di avere creato nel gioco un personaggio uguale a quello della campagna nella vita reale, scelta che col senno di poi non rifarei perché ci sono così tante classe e razze da esplorare che è un peccato limitarsi sempre alle solite due, però ho margine per modificare qualcosa col tempo, visto che le ore di gioco a quanto pare sono infinite. Non che sia una lamentela la mia, anzi. Sono felice che siano così tante, mi piace molto e mi insegna cose che posso applicare nella mia campagna. Fino al punto in cui siamo arrivati ora sono più interessata alla costruzione del mondo e dei personaggi che alla storia ma non dubito che presto anche quello arrivi ad un punto più definito. O forse non c'è ancora arrivato perché perdiamo le ore a mercanteggiare, chi lo sa.
È un'esperienza che mi piace condividere con mio marito, è un gioco che si presta così bene alla condivisione e mi diverte molto.


Nei prossimi giorni torniamo a parlare di cose più vicine alla solita Redrumia!

martedì 19 settembre 2023

Redrumia Summer Compilation 2023

10:57
 Non c'è niente che mi metta più amarezza della fine dell'estate, di solito. Non voglio sentire discorsi sul caldo e il sudore: noi rettili stiamo bene così, grazie tante. 
Questa, però, è stata senza dubbio alcuno l'estate peggiore della mia vita e sebbene i prossimi mesi non si prospettino migliori sono contenta di essermela messa alle spalle. Poiché la Vita Vera ha preteso che io le dessi tempo e attenzioni, in questi mesi sono riuscita a leggere e guardare pochissimo. La verità è che quando le cose vanno malemale non è solo il tempo a mancare, ma anche e soprattutto la testa. Il tempo libero che ho avuto l'ho sprecato scrollando i social senza sosta perché lo scorrimento di video veloci e leggeri mi ha distratto più di quanto facessero in quel momento i film e i libri. Questa fruizione rapida e che non richiede niente è stata un rifugio, ma non le permetterò più di prendersi così tanto tempo perché, come penso possiate ben immaginare, è solo un modo di scappare, ed è una cosa che non voglio più concedermi, non così.
Nonostante questo, qualcosa sono riuscita a godermi, e ve ne parlo un po'.
Sarà lunga, mettete su il caffè.

Foto di Dakota Roos su Unsplash



CINEMA

Questo è l'argomento che mi dà più dispiacere e quindi ce lo leviamo subito. Ho guardato così pochi film che mi sono sentita svuotata di ogni motivazione. Sono a mia discolpa uscite molte poche cose che mi interessassero davvero, e quelle poche che ho visto non mi hanno fatto strappare i capelli dalla gioia. Non ho neppure partecipato al fenomeno Barbenheimer, nel senso che non ho ancora visto nessuno dei due e sono interessata a recuperare solo Barbie a giorni.
Mi sono principalmente dedicata a riguardare pellicole già viste per un progetto di cui non comincio a parlare ora solo perché nei prossimi mesi vi ammorberò, ma mi ha fatto piacere perché riguardare cose già note è spesso di comfort e un bell'esercizio di analisi. Devo farlo più spesso, la fomo mi spinge sempre verso la ricerca di cose nuove quando invece anche prendersi del tempo per riguardare cose già note è molto gratificante.
Tra le pochissime prime visioni vi cito solo L'esorcista del papa - così odiato dal web ma così squisitamente autoironico che io mi sono divertita come una pazza - ma anche The Blackening, una horror comedy che parla di poc, molto meta e scanzonata ma che secondo me manca del mordente che avrei voluto avesse, e infine The Borderlands, un found footage inglese del 2013, così spaventoso e curato che mi ha confermato per l'ennesima volta che i ff sono proprio i film della vita mia. È ambientato in una piccola comunità, in cui due sacerdoti sono invitati dal Vaticano ad investigare perché all'interno della chiesa si sono verificate delle attività sospette. Quindi, ricapitolando: piccola comunità, film minimal con pochissimi ambienti e altrettanti personaggi, ambientazione religiosa. Ha tutti gli ingredienti necessari per diventare uno dei film del cuore della Redrumia e infatti sono certa che sarà uno di quelli che tornerò spesso a vedere.

E, con mio sommo sgomento, mi tocca riconoscere che per il cinema è tutto qui.

LIBRI

Un pochino meglio è andata per quanto riguarda le letture. Involontario fil rouge è stato il lutto, e anche se ammetto che non è il periodo giusto per me per letture di questo tipo, ho trovato in questi mesi dei romanzi davvero eccezionali.
Il primo è  Appunti sulla tua scomparsa improvvisa, di Alison Espach. È il racconto, in prima persona, di una sorella minore che sopravvive alla morte della maggiore. Non è solo una narrazione molto intensa sul lutto e su come si è costretti a sopravvivere, ma anche un racconto così lucido dell'infanzia che è per me stato sconvolgente scoprire che non si trattasse di un'autobiografia. Il modo in cui la protagonista, Sally, racconta alla memoria della sorella Kathy che cosa sia accaduto dopo la sua morte in un incidente stradale, non è pornografia del dolore. È un dolcissimo modo di raccontare come si rimane, come il mondo prosegue anche se una sua piccola parte si è cristallizzata nel tempo. Un romanzo molto doloroso ma onesto con il lettore, che non sfrutta facilonerie letterarie per infliggere sofferenza non necessaria. Mi è piaciuto tanto.
Sempre di lutto parla How to sell a haunted house, l'ultimo romanzo di Grady Hendrix, in cui due fratelli che si sono allontanati col tempo devono ritrovarsi dopo la morte accidentale di entrambi i genitori per gestire le questioni burocratiche e in particolare la vendita della loro casa. Parla di sorelle maggiori che per tutta la vita si sono sobbarcare il peso del loro ruolo e di come crescendo devono scontrarsi con chi la difficoltà del ruolo in questione non la comprenda. Hendrix parla sempre in qualche modo di prigionia, e anche questo non è da meno: la prigione familiare è quella da cui non ci si scrosta mai, e che lascia segni e cicatrici che durano per sempre. Qui, a restare indietro, non sono solo i segni, ma anche delle inquietantissime bambole di pezza da ventriloquo, che la mamma dei due fratelli ha cucito con passione per tutta la vita e che hanno uno spietato attaccamento alla vita.
Cito in velocità Maeve, il libro di Germano che sicuramente conoscete già e che io mi sono comprata a Vinci alla Festa dell'Unicorno. Si tratta di uno spin off di Girlfriend from Hell, il suo primo romanzo sulla Pandemia Gialla, e mi è piaciuto tanto quanto. Sono libri pieni di una disperazione cruda, che anche in questo caso non ha tempo di piangersi addosso: sono degli apocalittici privi di speranza ma non per questo privi di umanità. Le persone sono autentiche, l'empatia totale. 
Forse il libro dell'estate però è stato per me Sirene, di Laura Pugno, che mi ha consigliato la mia amica Silvia (grazie!). È un testo breve ma spietato, completamente diverso da qualsiasi cosa io mi aspettassi. Siamo in un mondo in cui l'umanità è annientata da un cancro causato dal sole, e i pochi sopravvissuti ora allevano sirene, la cui prelibata carne viene sfruttata in ogni modo possibile. Pugno non ha paura di essere estrema: sesso e cibo si fondono in un ibrido in cui tutti i desideri della carne vengono soddisfatti da creature il cui livello di autocoscienza non è chiaro. In un mondo finito sono comunque gli uomini a farla da padroni, piegando la natura a proprio piacimento, plasmando la realtà in modo da trarne in ogni caso il maggior profitto possibile. La criminalità organizzata comanda quello che resta della società, il potere è corrotto, le donne sono merce di scambio e le sirene tutto quello di cui un uomo ha bisogno per sopravvivere. Un grande lavoro che, tra le altre cose, è profondamente antispecista. Sirene è un testo spietato, esplicito, crudissimo: per me un lavoro eccellente davvero. 
Infine, un consiglio piccino piccino che arriva sempre da una mia amica. Martina, infatti, mi ha prestato Quel che resta delle case, un racconto di Emanuela Canepa uscito con la nuova casa editrice Tetra, che pubblica ogni mese quattro racconti in un formato piccino picciò, quadrati e a soli quattro euro. Questo parla di folklore, stregoneria, legami familiari, eredità, assenze, case affamate. Lo fa senza mai esplicitare nulla, solo il dispiacere della mancanza e la paura del nuovo. L'ho trovato molto affascinante e ne avrei voluto molto di più. Esplorerò meglio Canepa, nella speranza che decida di farlo diventare un romanzo intero.

MIX

Soli due podcast hanno caratterizzato la mia estate: Tredici, il racconto curato da Il Post sulle rivolte nelle carceri di marzo e aprile 2020 e Dove nessuno guarda, il lavoro di Pablo Trincia sulla vicenda di Elisa Claps. Sono entrambi lavori professionali la cui qualità non è in discussione, ma diciamo che tendo a preferire il tono più giornalistico e analitico del Post a quello di Trincia che a volte trovo un po' melò, soprattutto quando si parla di true crime. I due casi, però, sono ovviamente frustranti e dolorosi, e hanno in comune la totale assenza di empatia, il disinteresse per l'altro, la mancanza di cura e premura per gli esseri umani. E poichè siamo in un periodo storico in cui questa mancanza di premura ci pare legittimata da chi invece le persone dovrebbe proteggerle, ecco che ascolti del genere diventano più importanti che mai. 
Quest'estate, poi, ci ha lasciato Michela Murgia. Poiché il suo uso delle parole mancherà molto, sto recuperando tutti gli episodi di Buon vicinato, la piccola rubrica che durante la pandemia ha tenuto sul suo canale Youtube insieme a Chiara Valerio. Valerio è la mia girl crush del momento, una mente che trovo strabiliante. Vederle fare, insieme, questo esercizio di argomentazione e pensiero è incredibilmente stimolante. Due menti brillanti che giocano con pensiero e parola, per me bellissimo e arricchente.
Infine, il recente viaggio in Irlanda. Ci siamo concessi di partire, io e Riccardo, nonostante il periodo non fosse ideale per allontanarsi da casa, perché dopo i due mesi precedenti io ero a tanto così da un esaurimento nervoso. Avevo bisogno di andare via, e questo viaggio, che in teoria è stato il nostro viaggio di nozze, era già stato rimandato dopo l'evento molto spiacevole di questa primavera. Ci siamo regalati due settimane in cui dedicarci solo a cercare di riempirci gli occhi di bellezza e leggerezza, ed è stato fondamentale. L'Irlanda si presta molto a viaggi anche piuttosto introspettivi, di quelli che si fanno quando c'è bisogno di prendere davvero contatto con quello che si affronterà una volta tornati a casa, e per me è stato davvero così. Abbiamo passeggiato tra abbazie abbandonate e immensi prati verdi, toccato l'oceano e rallentato i ritmi di una vita che non concede tregue. È stato salvifico, e l'Irlanda è così bella che si è presa un pezzetto del cuore. 

Ora si riparte con una delle parti belle della vita, quella in cui parlo di cinema dell'orrore su internet con degli sconosciuti. Sono tornata su Instragram, su TikTok, su Twitch. A breve tornerà anche Nuovi Incubi, e chissà che in questa stagione io non riesca ad essere più costante anche con il mio amato vecchio blog. Il resto, piano piano, si sistemerà.


lunedì 5 giugno 2023

Primavera 2023: un riassunto

12:47
 Nel mio personale calcolo delle stagioni, la primavera finisce con il mese di maggio, affinché io possa far durare il più a lungo possibile la sola stagione che conti: l'estate.
Poiché per me ormai il cambio di stagione c'è già stato, mi pareva un buon momento per fare una carrellata delle cose più significative tra quelle viste, lette e ascoltate nei mesi passati.




Libri

Sono stati mesi abbastanza soddisfacenti dal punto di vista delle letture, perché ho goduto di un po' più di tempo libero che mi ha permesso di concedermi lunghe ore in poltrona immersa nel mio primo amore. Non mi dilungherò sui libri del progetto Dark Ladies, che sono stati oggetto di dirette su instagram, tutte salvate sul profilo per chi desiderasse recuperarle, ma in questa sede mi fa piacere condividere che sono molto contenta di come sta procedendo l'anno con loro, le signorine della narrativa di genere, e che mi stanno dando grandi gratificazioni.
Sempre in tema di signorine e orrore, in questi mesi ho finalmente recuperato Il mostruoso femminile, quello di Jude Ellison Sady Doyle che ha un'infelice omonimia con quello di Barbara Creed. I due testi parlano di tematiche simili effettivamente, ma se quello di Creed è più accademico, quello di Sady Doyle affronte i temi in modo più immediato e semplice, rendendole alla portata di chiunque. Un ottimo modo per entrare nel tema del mostruoso femminile ed essere indirizzati verso le sue tematiche principali.
Prosegue inoltre la mia lettura del Ciclo di Avalon di Marion Zimmer Bradley. Le nebbie di Avalon è diventato il mio libro preferito, l'ho amato di una passione ardente. Il secondo capitolo è La casa della foresta, che continua il discorso al femminile che sta al centro della saga intera, ma che si sposta indietro nel tempo, ben prima di Camelot. Questa volta ci si concentra sulle sacerdotesse, e sulla storia che ha portato Avalon in essere, ma raccontata intorno ad una storia d'amore di cui purtroppo mi è importato troppo poco perché il coinvolgimento potesse essere lo stesso. Impazzisco per la scrittura dell'autrice e proseguirò comunque nella lettura, ma questo per me non ha toccato i picchi del suo predecessore.
Grandiosa scoperta è stata invece per me Guida il tuo carro sulla ossa dei morti, di Olga Tokarczuk. Un romanzo brillante e divertentissimo, la cui protagonista è forse il personaggio femminile migliore che ho mai letto su carta: un'anziana insegnante che rifiuta di andare in pensione, appassionata di astrologia e delitti, che traduce poesie con uno studente molto più giovane e nel tempo libero risolve i delitti che le stanno accadendo intorno. Un romanzo fortemente antispecista, se non proprio un manifesto intero di un movimento che vuole il bene di altri esseri viventi, un noir moderno e irresistibile, una scoperta felicissima. Non finirò mai di tesserne le lodi. 
Mi sono poi sottoposta alla lettura di V13, l'ultimo libro di Carrére, il racconto del processo per gli attentati terroristici avvenuti a Parigi il 13 novembre 2015. Quando Carrére scrive true crime, lo avevamo già sperimentato con L'avversario, è un maestro: sa su quali tasti premere per coinvolgere emotivamente il lettore senza usare mezzucci poco eleganti e scorretti, sa quali sono le cose su cui puntare l'attenzione per dare un resoconto completo e nel rispetto di quanto accaduto. In questo caso era ancora più difficile, perché non toccava solo storie personali ma anche la coscienza collettiva francese. Ha diviso il testo in tre parti: una dedicata alle vittime, una all'estremismo islamico, per comprendere come nasca il fenomeno del terrorismo e come siano nati, nello specifico, questi terroristi, e una sulla conclusione del processo. È breve, accessibile e completo. Per me, portentoso.
Ho appena ultimato la lettura più dilaniante degli ultimi mesi, Appunti sulla tua scomparsa improvvisa, di Alison Espach. È il racconto di Sally, che si rivolge alla sorella Kathy per raccontarle cosa è accaduto dopo la sua morte improvvisa, da adolescente. Sally ricostruisce il rapporto con la sorella con una lucidità disarmante, racconta dell'infanzia come se ne fosse appena uscita, ed esamina il lutto con tale introspezione, tale chiarezza, da essere ammirevole. Non mi avrebbe stupito se fosse stato autobiografico. Pare non lo sia, il che lo rende un lavoro letterario ancora migliore. 
Infine insieme a Riccardo stiamo leggendo la saga di Blackwater. Leggiamo libri insieme nel senso che io li leggo a voce alta mentre lui guida, e questi libretti piccini e dall'estetica splendida si prestano alla perfezione per questo metodo di fruizione. Sono la storia di una cittadina che si rimette in piedi dopo una piena che ne ha alterato finanze ed equilibri, ma principalmente raccontano la storia di una famiglia, i Caskey, e delle loro diatribe: eredità, figli, potere. A metà tra Dinasty e The Shape of Water, ci stiamo divertendo come i matti.

Film

Anche cinematograficamente sono stati mesi gratificanti. La seconda stagione di Nuovi Incubi - che ci sta dando grandi soddisfazioni ma purtroppo sta volgendo al termine - parla del teen girl horror e quindi mi sono guardata un sacco di ragazze ricoperte di sangue, incazzate e violente, e mi sono divertita come una bambina. In generale, però, di tutti gli horror che ho guardato ho parlato in live o su Instagram, qua mi limiterò a fare una carrellata delle visioni non di genere che più mi hanno toccato nei mesi passati, con una promessa a me stessa: ritornare a scrivere anche post più di frequente su film singoli, come ho fatto per anni.
Prima di tutto ci sono stati i due documentari sulle montagne: se da un lato Free Solo si è rivelato una visione appassionante e coinvolgente, lo stesso non posso dire di Sei tu, Micheal? recentemente approdato su Disney+. Una storia di ego, denaro e potere, che nulla ha a che vedere effettivamente con la montagna. Il fatto di essere realizzato con tanti soldi però fa sì che ci siano riprese interessanti sulla scalata e sulle ricerche di un corpo dopo il Camp 4, il più alto momento di sosta prima della salita per il summit. Però non ha alcun valore se non mostrare quanto certe operazioni siano possibili solo grazie allo sfruttamento delle popolazioni locali, e questo è sempre importante tenerlo a mente.
Sono anche stati i mesi in cui ho visto i due Assassini con Kenneth Branagh, esattamente le cose che cerco quando desidero un film leggero e che si sono rivelati all'altezza delle aspettative. Knives Out 2, Glass Onion, invece, non solo le ha rispettate, le ha superate: goduriosissimo.
Mai avrei pensato, però, almeno prima di conoscere Riccardo, che i miei due film della primavera sarebbero stati uno Spiderman e un film su Dungeon&Dragons.
Honor Among Thieves si è rivelato un gioiello di comicità e avventura, con un inaspettato Chris Pine e il desiderio evidente di far vivere allo spettatore un film dal profumo quasi vintage, da avventura di altri tempi. Ci siamo divertiti come i matti, all'arrivo del Paladino che cammina solo in linea retta eravamo con le lacrime agli occhi. Era da tempo che al cinema non mi sentivo così per un film che non fosse un horror.
Across the Spiderverse è invece un capolavoro fatto e finito. Un film potentissimo sulla lotta al sistema, sul sovvertire le regole, sul prendersi il proprio posto nel mondo con le unghie e i denti. Si prende il supereroe popolare per eccellenza, quello di quartiere, vicino alle persone, e gli si dà il volto di un ragazzino nero, alla base della società, lontano dai grossi e potenti Spiderman degli altri universi. Non gli si dà un'intelligenza fuori dalla norma, un potere diverso dagli altri, una caratteristica unica. Lo si lascia umano, solo questo, con la necessità di avere uno spazio per sé, il bisogno di rivendicarsi il proprio diritto di esistere. Lontano dai meccanismi che portano i grandissimi supereroi in essere, Miles vuole solo essere se stesso e fare quello che può per dare una mano. E solo così, esigendo lo spazio per essere, cresce, ispira e diventa modello. Per la prima volta un film sui giovanissimi fa anche un importante discorso sulla genitorialità, senza il cinismo tipico di narrazioni anni '80, per esempio, ma con grande affetto ed empatia. Unisce un personaggio femminile complesso e intrigante, una SpiderGwen che mi aspetto sia la vera protagonista del prossimo film. Un'animazione mai vista prima, un messaggio di certo non nuovo ma mai visto messo in scena così, con questa potenza, con questo coraggio, un film incredibile. 

I Critical Role

Non guardo una serie tv da settimane intere, e tutto per colpa dei Critical Role. Per chi non li conoscesse, sono un gruppo di doppiatori, amici da una vita, che gioca a D&D in live su Twitch da tanti anni. Col tempo sono diventati così famosi che hanno una serie su Prime ispirata alla loro campagna, ma anche fumetti, manuali di gioco - addirittura è in arrivo un gdr tutto nuovo creato da loro, Candela Obscura - merch. Un fenomeno enorme di cui ovviamente io non ero a conoscenza. Poi, siccome abbiamo iniziato a giocare una campagna con i nostri amici, ho pensato che sarei diventata più brava guardando qualcuno con esperienza giocare, e Riccardo mi ha presentato loro. È stato amore a prima vista. Guardare gente che gioca di ruolo ha una caratteristica interessante. Quando guardo una serie molto a lungo finisce che non mi affeziono solo ai personaggi ma anche ai loro interpreti e al loro rapporto fuori dal set, perché penso sempre che quando si passa così tanto tempo insieme facendo una cosa così bella il legame diventi importante. Non amo i film di Harry Potter ma quando vedo le scene dell'ultimo giorno di lavoro del cast piango come un vitello. Guardare gente che gioca di ruolo unisce queste due caratteristiche, perché si unisce l'interesse per l'avventura - nello specifico noi dei CR stiamo guardando Vox Machina - a quello per i giocatori, che in questo caso sono amici da anni, sposati e fidanzati tra di loro, testimoni di nozze e madrine di figli nati proprio durante le campagne. 
Nella mia, di campagna, mio marito è il master, e giochiamo con la mia migliore amica, il suo migliore amico e la nostra coppia del cuore, per cui è come essere a casa quando guardo loro.
In più, hanno un portentoso master che ha messo in piedi un'avventura piena di emozioni, e giocatori di rara simpatia. Adesso siamo arrivati ad un punto in cui ci si è liberati di un giocatore che appesantiva un po' l'atmosfera e gli altri sono diventati folli anarchici: si trasformano in mucche, danno fuoco alle case, ammazzano le vecchie. In questa casa sono diventati praticamente i protagonisti delle nostre vite.

L'outernet

Questa primavera per me è stata caratterizzata da un evento molto significativo e spiacevole, che mi ha sconquassata a modino e che al tempo stesso mi ha rimesso in discussione le priorità. Piano piano mi sto rimettendo in sesto anche se mi accorgo che ne porto addosso più conseguenze di quante avrei creduto, però mi è stato utile a capire di cosa avevo bisogno. 
Con Riccardo ci siamo concessi una vacanza nella Tuscia, di cui avevamo un disperato bisogno e che ci ha permesso una parte d'Italia che sottovalutavamo e che si è invece rivelata di inaspettata bellezza. 
In più sono riuscita a convincerlo ad andare a visitare l'ex manicomio di Mombello, pietra miliare dell'urbex lombardo. Ormai è un luogo troppo noto perché l'esperienza sia autentica: è stato completamente svuotato da chi non ha ancora capito che se vai a visitare un luogo abbandonato devi tenere le manacce a posto, ma ammetterò che i graffiti hanno contribuito ai brividi dell'esperienza paradossalmente. Io mi sono molto divertita, Riccardo un po'  meno. 
È stato per me anche molto significativo, questa primavera, aver potuto contribuire ad un saggio a sei mani, scritto insieme alle mie amiche Lucia e Ilaria, che è uscito sull'ultimo numero di Segnocinema, la mitologica rivista di settore. L'ho ripetuto mille volte sui social, ma mi emoziona molto ripensarci.


Ancora una volta, questa primavera ho avuto la prova del potere delle storie. Mi è successa una delle cose più difficili della mia vita, e ho come sempre cercato rifugio nelle parole e nelle immagini di chi crea delle storie per mettere meglio a fuoco la vita vera. Non saprei dire se mi ha aiutato a elaborare meglio, ma di sicuro mi ha aiutato a spostarmi per un po' dalla mia, di vita vera, che in quel momento non volevo frequentare, e in certi momenti è stato fondamentale. È fondamentale ridere di gusto al cinema mentre un tipo cammina su un grosso sasso senza scansarlo, è fondamentale piangere quando si legge di una sorella maggiore mancata, è fondamentale guardare delle giovani donne mettere insieme una squadra di supereroi disastrati per salvarne un altro. So per certo che la parte migliore di me è diventata tale perché l'hanno modellata le storie. 

lunedì 27 marzo 2023

Ho guardato un po' di serie tv

12:39
 In questi giorni in cui la sorte mi ha concesso un po' più tempo libero del consueto ho avuto la possibilità di recuperare molte più serie tv del solito. Preferisco sempre i film alla serialità, ma mi serve compagnia quando cucino, o quando sono troppo stanca per un film intero, quindi ho raccolto un po' di visioni di cui mi fa piacere parlare insieme.
Pronti? Temo sarà un post fiume.




Lo scorso mese mi sono dedicata ad un rewatch di The Big Bang Theory, che avevo cominciato all'epoca della sua uscita e mai concluso. È uno di quei prodotti che le persone della mia Vita Vera© amano molto mentre la mia bolla del web detesta appassionatamente. Io, con una diplomazia che non mi appartiene, in questo caso mi colloco nel mezzo. Non mi diverte quanto diverte altri, mi fa decisamente ridere meno, principalmente perché ho passato metà del tempo incazzata. I quattro subumani di genere maschile che sono protagonisti sono ripugnanti, al limite della violenza nei confronti delle loro compagne, viscidi insicuri con tanto bisogno di buona terapia. Le ragazze, però, sono quelle che mi hanno fatto restare. Penny non si sottovaluta mai, se non quando le fanno notare la sua supposta inferiorità intellettiva, è deliziosamente autoironica e la sua crescita non la rende più simile ai suoi amici ma solo più sicura di sè. Certo, il suo finale è dolceamaro, visto che le accade qualcosa che non desiderava e viene fatto passare come segno di "maturazione", ma sono disposta ad accettarlo visto che nel momento finale viene riconosciuto il suo contributo significativo in anni di amicizia. Bernadette è priva di etica, concentrata sul lavoro e la carriera, che non ha paura di imporsi. Amy, la mia preferita, è molto significativa: ha un ruolo di rilievo nello STEM, e non dimentica di incoraggiare le giovani donne nel suo discorso finale, ma soprattutto è quella che più di tutte beneficia dell'amicizia femminile, che la tira fuori dal suo guscio imposto da anni vissuti con una madre complessa, che la rende libera di essere se stessa, che la accetta anche quando è difficile comprenderla. Amy brama amicizia femminile e quando la trova la sua vita ha un'impennata in positivo che la sua relazione sentimentale non le darà mai.
Sto con questo insinuando che TBBT sia una serie femminista? Assolutamente no, e ho anche il sospetto che alcune delle cose positive siano quasi involontarie. Amy Farrah Fowler, sono qui solo per te. 




Mi vesto come una diciassettenne che ascolta solo pop punk ma potete giurarci che Next in Fashion lo guardo appena esce. Ho capito col tempo che mi appassionano le persone che hanno grande talento e pertanto i reality talent mi divertono parecchio. Mi piace vedere gente che ha evidentemente una mente superiore e che dal nulla riesce a creare qualcosa, in questo caso vestiti. La seconda stagione ha cambiato la co-host, Gigi Hadid ha preso il posto di Alexa Chung e sebbene preferissi la prima devo dire che la modella non se l'è cavata male. I concorrenti erano magnifici, e ho parecchio faticato a trovare un preferito anche se la vittoria mi ha reso piuttosto soddisfatta. 




Ho finalmente recuperato la tanto chiacchierata The Bear, e ho capito perché ha fatto così tanto parlare di sé. Mai avrei pensato di finire così coinvolta dalle sorti di un piccolo e piuttosto marcio diner di Chicago, eppure l'effetto Jeremy White ha colpito anche me. Se l'effettiva sopravvivenza del locale è un punto di grande coinvolgimento, è agli umani che ci lavorano dentro che si rivolge tutto l'affetto di chi la serie l'ha messa in piedi. Sono persone che in modi differenti si trovano a dover affrontare un lutto importante e che non sanno come comunicarsi che tutti vogliono la stessa cosa. Ci sono menti forgiate dalla propria storia personale che sono così diverse da cozzare costantemente ma che devono imparare a convivere perché hanno un obiettivo in comune e lo stesso peso sul cuore. Ogni piccolo gesto, quindi, nella frenesia della vita della ristorazione, diventa fondamentale per passarsi messaggi. Un grembiule di un colore diverso, un colpo sparato per aria per spaventare, una rissa tra gang placata con dei panini, la ricetta perfetta per il donut migliore possibile. Non si comunica a parole, ci si siede vicini a fumare insieme per mandare in fumo i pensieri sgradevoli e si torna a comunicare lavorando insieme.
Un piccolo gioiello di cui non vedo l'ora di vedere il seguito.




L'ho guardata principalmente per l'amore della mia vita Ewan McGregor? Ovviamente.
So che tutti i grandi amanti di Star Wars hanno quasi detestato Obi-Wan Kenobi, però io no. Era forse una storia che avrebbe potuto essere un film? Credo di sì, con i giusti tagli avrebbe potuto essere una storia carina e accattivante. Hanno deciso di farne un prodotto seriale probabilmente ancora scottati dai fallimenti di cose come Solo (che a me aveva anche divertito, ma si sa che sono di bocca buona), e il risultato è molto diluito. Ho amato pazzamente la piccola Leia, cavallina imbizzarrita e senza paura, e ho amato Obi-Wan, per quel mio consueto debole per i personaggi tormentati, avrei solo voluto vederli più "concentrati". Però non credo affatto sia la delusione che tanti hanno descritto.




Tra le cose guardate come spegni-cervello c'è stata la seconda stagione di Dinner Club, la serie di Prime nella quale Cracco porta in giro per l'Italia alcune personalità dello spettacolo per conoscere le specialità locali per poi cucinarle insieme per gli altri partecipanti. Cracco mi sta simpatico come un attacco di cervicale, ma in ogni stagione ci sono persone che sia a me che al Moderatore piacciono, e quindi tutto sommato abbiamo tollerato il cuoco. Se nella prima stagione c'era il nostro venerato Mastandrea a portare sulle spalle il peso del programma intero, in questa Giallini e Zingaretti ci hanno dato discrete soddisfazioni. C'è da dire che la vera scoperta però è stata Sabrina Ferilli, presente in entrambe le stagioni. Con ogni probabilità abbiamo scoperto l'acqua calda, ma l'attrice è matta come un cavallo, sboccata e spontanea ed è diventata la nostra preferita. 
A parte questo, lo sguardo divertito con cui il cuoco guarda e si rivolge ad alcune delle persone che incontrano sul loro percorso è di violenta superiorità (ha bene da fare il piacione, ma si vede eccome), ai limiti del perculo, e questo è imperdonabile. Che se ne vada affanculo nei suoi locali di lusso e non vada a disturbare la gente reale che fa il suo lavoro.




Avevamo guardato le prime stagioni di LOL perché i meme su Twitter erano sinceramente bellissimi. La prima stagione in effetti era stata piacevolissima, complici buoni nomi coinvolti e la - almeno parziale - spontaneità della prima volta. La seconda stagione aveva avuto dalla sua un cast pure migliore, e infatti non ci aveva deluso. Questa terza sinceramente fiacca, noiosa, di un cringe quasi senza precedenti. Sono riusciti a far sembrare piatta Marina Massironi e questo è ai limiti del penale. Un vero flop.




Avevo letto il romanzo di recente e non ho resistito al richiamo della serie tv che è appena arrivata su Prime. L'ho trovata un lavoro ottimo. Atmosfera, costumi, musica, interpreti: è tutto davvero bellissimo. Le canzoni scritte per la serie sono magnifiche, i concerti sono una meraviglia, il modo in cui si parla dei media e della loro influenza è importante. Sceglie persino di dedicare un po' più di attenzione ad  un personaggio nero e queer che nel libro era trascurato. Si respira l'aria del tour musicale del tempo, si mette a fuoco la pericolosità di una vita vissuta sul filo del rasoio, si mostra la complessità delle relazioni e non si fa un ritratto edulcorato dell'amore, ma anzi si evidenzia come anche le storie più belle hanno momenti orrendi e difficili. Ci sono personaggi spezzati da vite complesse, da famiglie sbagliate, da amori malsani che fanno il male di tutti i coinvolti. Le sue tre protagoniste femminili sono così carismatiche che da oggi vorrei solo essere il cosplay di tutte e tre, con i loro capelli stupendi e i loro vestiti magnifici.
Eppure si arriva al finale, che decide deliberatamente di buttare tutto nel water e tirare lo sciacquone. In 9 episodi si è costruita la storia di Billy affinché capisse quale strada prendere, quale vita scegliere, quale persona essere, per poi, negli ultimi minuti, liberarsi di tutto quanto. Se quello che accade è perfettamente nelle corde del personaggio di Camila, è del tutto sbagliato per quello di Billy, che tossico era nel primo episodio e tossico si è rivelato fino alla fine, e di certo non faccio riferimento al suo abuso di sostanze stupefacenti. Che immenso peccato, che spreco di ottimo materiale, che brutto.




Mi sono consolata ricominciando la mia serie teen preferita: Veronica Mars. La storia della giovane investigatrice privata del liceo di Neptune ci aveva conquistato tutti, nei primi anni 2000, perché tutti volevamo essere lei: cool, sicura di sé, senza morale ma con un forte senso di giustizia che le fa aiutare chiunque, forte e bellissima. Veronica aveva conoscenza nei luoghi malfamati della città, amici tra i criminali locali e persone potenti in debito con lei. Eppure era l'outsider, quella esclusa e che il resto della scuola prendeva in giro, cosa che la rendeva ben più simile a noi comuni mortali.
In tutto questo appeal della sua protagonista, la storia funzionava, e oggi lo posso dire col distacco del tempo, perché si trattava di gialli ben costruiti, di mistery in cui non si temeva di mettere nulla in discussione. Le famiglie, l'autorità locale ma non solo, i ricchissimi 09ers, l'intero sistema giudiziario statunitense: tutto è potenzialmente sbagliato se ci si mette in mezzo una ragazzina che non ha nulla da perdere. Veronica, guardata con gli occhi di un'adulta (sob) è una pazza incosciente, incapace di imporsi limiti ragionevoli, incapace di comunicare realmente con chi la circonda se non vi è costretta, confusa ed emotivamente caotica: è un'adolescente come tutti gli altri, e per questo la amiamo tanto e l'abbiamo tanto amata quando avevamo la sua età. Era quello che eravamo, ma al tempo stesso molto più figa di quanto saremmo mai stati. Le voglio molto bene e sono felice sia arrivata su Prime, per tornare a Neptune a giocare alla detective insieme a lei.
Dalla comodità del mio divano, però, che io incosciente così non lo sono mai stata.


lunedì 6 marzo 2023

Rileggere Harry Potter a 32 anni

18:19
Non ho mai fatto mistero, sebbene ne parli pochissimo, della mia relazione con Harry Potter. Nonostante provi un profondo imbarazzo per la sua autrice, che si è rivelata una persona che speravamo tutti non fosse, sono molto legata ai romanzi. Non fraintendetemi, quindi, questo che prevedo sarà un post fiume non serve in alcun modo a difendere né Rowling né chiunque condivida i suoi miserabili pensieri e anche il suo atteggiamento da povera vittima della woke generation.
Ma torniamo alle cose belle. Letti per la prima volta da bambina, esattamente coetanea dei personaggi che mano a mano sono cresciuti con me, Hogwarts è stata casa quando tanto avevo bisogno di averne una. Ho con i libri quindi un rapporto molto intimo, mi legano a loro un profondo affetto e ricordi dolcissimi. Ne sono pure piuttosto gelosa.
Erano anni, però, che non rimettevo piede nel mondo magico, e siccome ho preso questa abitudine di scrivere libri per bambini mi sembrava che rileggere la saga dal successo più straordinario di sempre potesse essere una buona idea. Lo è stata, nonostante tutto. 
Ne parliamo insieme, vi va?




Non ho pretesa, in questa sede né altrove, di fare un'accurata indagine di mercato per comprendere e analizzare le ragioni per cui questa serie di libri sia diventata il fenomeno travolgente che è ancora oggi, non ne ho proprio le competenze e lo trovo anche un po' noioso. Il mio vuole essere solo, come di solito da queste parti, un post a sentimento, una chiacchierata insieme su qualcosa che tanto mi sta a cuore.
Certo, riletta con occhi più maturi la saga ha una serie di problematicità che oggi sono evidenti ma che da piccola non avevo mai colto. Una su tutte: una vera e propria ossessione per il peso dei personaggi, che è sì coerente con il periodo in cui è stato scritto, ma che oggi agli occhi del lettore stona parecchio. I personaggi grassi si dividono in due categorie: i cattivi, come Dudley che non ha altre caratteristiche fisiche che non siano il suo peso sempre crescente o la Umbridge, e i materni, come la signora Weasley, Hagrid e in un certo senso anche la Signora Grassa, che con il suo ruolo e la sua posizione in un certo senso "protegge" i Grifondoro. 
A costo di sollevare delle ovvietà, è una saga completamente priva di rappresentazione, in cui tutti i personaggi sono bianchi, abili, etero - con l'eccezione di Silente, volendo, anche se questa è una cosa che non sta nei romanzi ma solo nelle dichiarazioni della sua autrice fatte pure, a mio parere, in modo furbetto e disonesto. Parlando ai giovanissimi, non sono problematicità da nulla: stiamo dicendo loro che se non rientrano in queste caratteristiche non sono i protagonisti, e che questa saga non parla a loro. Noi che siamo della generazione che con Harry Potter è diventata grande siamo vittime storiche dell'ossessione per la magrezza malsana che i primi anni 2000 ci vendevano come sola possibilità di essere accettabili, e la saga ha rinforzato quello che tutti gli altri ci dicevano. Sebbene nei romanzi successivi questo costante rimando al peso vada leggermente scemando, il danno ormai era fatto. Tutto il resto, invece rimane invariato, dal primo al settimo.
Eppure, e mi perdonerete per l'eccesso di miele, non ha perso la sua magia. Riletti oggi, i romanzi di Harry Potter si sono confermati tra le più straordinarie storie per ragazzi mai scritte, e proverò a spiegarvi, ma soprattutto a spiegarmi, il perché.
Quello che funzionava allora e funziona oggi è il potentissimo senso di appartenenza. La costruzione così dettagliata dell'universo magico porta a totale immedesimazione. Come dicevo, nel momento della mia vita in cui mi ci sono approcciata avevo bisogno di un luogo a cui appartenere, e Hogwarts me lo ha dato, perché lo diventa per i suoi studenti. Diventa casa, è accogliente e calda, è familiare e dolce, è un caldo abbraccio in cui rifugiarsi. Il modo in cui il castello da solo prende il posto della famiglia, fin da quando i suoi studenti sono poco più che bambini, è candido e radioso. Si sale su un treno che ti porta in un castello magnifico che per tanto tempo finirai per chiamare casa, e funziona perché all'interno del castello si ricreano esattamente le dinamiche familiari che hai da poco lasciato. Hai amici che diventano fraterni perché non hai scelta, insegnanti che non diventano mai vere e proprie figure genitoriali ma che almeno riportano l'aspetto autoritario in un luogo che altrimenti ne è completamente privo. Non ci sono educatori o figure alla pari che si occupino dei bambini quando le lezioni sono finite. Si fa affidamento sugli altri studenti, che vengono premiati con piccoli ruoli di autorità, come i Prefetti e i Capiscuola, ma tutto sommato non appena si sale sul treno viene richiesto agli studenti di diventare grandi nel modo più dolce possibile: appoggiandosi gli uni agli altri.
Questo è per me il vero, immenso, punto di forza: il valore dell'Altro. Lo so, lo so, conoscendo oggi la sua autrice è quasi ridicolo, ma sto cercando di separare opera e autore. 
Harry Potter è speciale senza avere fatto nulla per esserlo. Non è il più intelligente ma neppure quello che lo è di meno. Non ha poteri particolari, doni che lo rendano diverso. Lo è in virtù di quello che qualcun altro ha fatto per lui (di nuovo, il valore dell'Altro), ha un potere che gli è stato donato senza alcun merito. E questo è magnifico, è rincuorante, è anti performativo. In un mondo che ci chiede costantemente di provare quanto siamo meritevoli delle cose che abbiamo, Harry ha tanto senza avere fatto niente, ma soprattutto è circondato di amore. E su questo ci torniamo.
Tornando sul discorso del tanto famigerato world building, invece, quello che mi ha dato la sensazione di essere l'elemento vincente è composto da due cose: familiarità e rispetto.
Quando parlo di familiarità intendo che fa riferimento costante alla vita che i lettori conoscono così bene. Hogwarts è una scuola, e pertanto ha regole, lezioni, compiti. Ha momenti di divertimento, di quelli che ti porti appresso per la vita intera, e altri rognosi da cui desideravamo scappare, come il professore che pensiamo ci detesti o la materia in cui facciamo schifo. Lo sport ha un ruolo fondamentale, al punto che non solo il Quidditch è stato creato dal nulla con un complesso sistema di regole, campionati e capacità richieste, ma ha anche un peso importante in termini di pagine spese per parlarne. A partire dai primi volumi, dalla lunghezza più contenuta, capitoli interi sono dedicati a partite, allenamenti, squadre. Alcuni eventi fondamentali succedono a bordo campo, durante le partite, in grandi occasioni come la Coppa del Mondo. La vita di un qualsiasi ragazzino - inglese ma non solo - è portata in scena in modo realistico, ma migliorato. La vita comune subisce il più bello degli upgrade: la magia.
E quindi gli elementi più tradizionali del mondo magico come lo conoscevamo già prima nella cultura popolare diventano parte dell'esperienza comune dei ragazzini, creando sulla carta la vita dei sogni. 
In questo senso però non tratta come stupidi i suoi giovani lettori, e qui andiamo nella parte sul rispetto. Considera chi legge alla pari degli adulti e pertanto anche la costruzione del mondo magico adulto è reale: ci sono un Ministero, con tutti i problemi di elezione e successione, Tribunali, con annessi problemi di corruzione, banche, istituzioni burocratiche, prigioni. Col passare degli anni i lettori sono introdotti a tematiche più "mature", che però fin da La pietra filosofale sono pronti solo per essere esplorati. È tutto stato sempre lì, serviva solo il tempo di conoscerlo per bene. 
Ovviamente a rendere il tutto molto buono è la "premeditazione", la costruzione a tavolino di un mondo complesso e completo ma alla portata di lettori di ogni età, che hanno la sensazione di leggere qualcosa che parli a loro ma che li faccia sentire grandi.

A toccare il mio cuore, però, sono altri due elementi.
Come dicevo prima, l'Altro. Harry Potter da solo è un simbolo, nulla più. Fin dalla sua nascita, però, è stato graziato da un gruppo di persone che lo hanno amato a prescindere dal suo ruolo, e crescendo ha saputo costruirsene uno suo, di gruppo, che lo amasse altrettanto. Non c'è una sola circostanza in cui se la cavi da solo, in tutti i libri, a partire dai primi bisticci con Draco fino alla magnifica Battaglia di Hogwarts. Harry vive in una nuvola di amore, che lo protegge e lo incoraggia, che lo supporta e lo rimprovera quando necessario. Sono innumerevoli, nei romanzi, gli abbracci stretti, quelli che ti dai solo quando pensavi che non avresti mai più rivisto qualcuno, le mani intrecciate di nascosto per incoraggiarsi, le parole sussurrate alle orecchie per aiutarsi. È un mondo fatto di quell'intimità che hanno solo le persone che potrebbero perdersi da un momento con l'altro, e quello è proprio un amore diverso da qualsiasi altro. Poiché la perdita nei romanzi esiste, e anche frequente, quell'amore qua si fa sempre più forte. 
Sì, il trope della famiglia per scelta è uno di quelli che tanto mi emozionano, e questa saga ne è la quintessenza. La sola famiglia tradizionale, i Weasley, non fa altro che aprirsi agli altri, allargando questo piccolo mondo in cui quel poco che c'è è di tutti, e in cui la profonda dignità della povertà impedisce di lamentarsene. Molly non è solo quella che cucina per tutti, è quella che ama tutti come se li avesse messi al mondo lei. È preoccupata per tutti allo stesso modo, è protettiva e accogliente, senza un istante di cedimento. Siamo su questa barca insieme e insieme remiamo per arrivare alla destinazione.
L'altro elemento, infine, è l'Ordine della Fenice. Anche questo non è un mistero per chi ha già letto questo blog, ma i ribelli mi straziano il cuore. Quelli che in pochi, barcamenandosi tra il nulla che possiedono, muoiono per un ideale. Quelli che hanno una missione più importante della vita stessa, ovvero liberare il mondo dall'oppressore. L'Ordine vecchio, decimato dai primi anni di Voldemort, che si ricostruisce e fa spazio ai nuovi membri, tutti insieme con la paura di perdersi ma con un nemico da combattere per liberare il popolo intero. Con i vecchi caduti nel cuore e le nuove generazioni da proteggere. I ribelli, come piccola pentola di fagioli che sobbollisce al di sotto del frastuono del male, che si fa spazio in un mondo in cui il cattivo si è preso le istituzioni e la libertà. E quindi le riunioni di nascosto, le parole d'ordine per accedere, un nascondiglio segreto, modi creativi per comunicare, tutti piccoli momenti che mi scaldano il cuore e mi fanno sempre credere che, comunque vada, un piccolo gruppo di ribelli da qualche parte sta combattendo per qualcosa di più importante del mondo intero. Mi piace pensare che avrei il coraggio di essere una di loro. 

Harry Potter è stato costruito a tavolino per funzionare con chiunque, persino con i ragazzini dalla vita privilegiata, perché riconoscono aspetti che sono familiari anche a loro e hanno una bella avventura magica. È nei ragazzini a cui la vita ha riservato un po' di iella, però, che si prende uno spazio immenso nel cuore. Perché ti dice che quel tipo di amore lo puoi avere anche tu, anche se non sei niente di speciale ma solo perché esisti, perché quel tipo di famiglia lì lo puoi trovare anche tu, quando incontri qualcuno che ti assomiglia e gli lasci modo di scoprirti, perché ti racconta che casa non è un'abitazione, e se lo è non è una reggia lussuosa: è il luogo in cui senti che puoi dormire la notte sapendo che per un po' il male non ti può venire a prendere.
Per me, oggi, è ancora un po' quel luogo sicuro lì: in mezzo a mille tribolazioni, so sempre che alla fine "all was well", e ricomincio a respirare per un po'.

martedì 6 luglio 2021

Ho finalmente guardato la reunion di Friends

15:09

 Io lo so che nel 2021 Friends è una serie molto meno amata di quanto fosse fino a qualche anno fa. Di sicuro io non sono più la persona che qualche anno fa si è guardata tutte e dieci le stagioni in poche settimane, e di sicuro le mie opinioni si sono fatte più consapevoli.




 

Nonostante infatti sappia che la sitcom più famosa del mondo ha dei difetti sopra i quali oggi difficilmente passeremmo, io le voglio un bene dell'anima e gliene voglio così tanto perché mi ci sono identificata in ogni istante. Nel periodo in cui l'ho guardata per intero la prima volta uscivo tre volte la settimana con la mia compagnia, la mia famiglia per scelta. Quello che vedevo sullo schermo lo raccontavo poi la sera alla mia Monica, al mio Joey, alla mia Phoebe. Persone che sono nella mia vita da quando ho nemmeno 15 anni, che mi hanno vista crescere e che ho visto diventare adulti. Ho visto adolescenti prepuberali diventare adulti con la barba, ho visto ragazze timide con il cuore d'oro costruirsi con le unghie e i denti la carriera dei propri sogni. E li ho visti diventare le persone che sono oggi nello stesso bar di sempre, che ci serve sempre lo stesso aperitivo da quando eravamo minorenni e il prosecco in teoria non ce lo potevano dare, figuriamoci il negroni. Quel rapporto lì, così familiare, così intimo, così chiuso a chiunque fosse "esterno", lo conosco alla perfezione. E proprio quei miei rapporti lì hanno avuto la naturale evoluzione che hanno avuto quelli nella serie: si cresce, ci si accasa, qualcuno si trasferisce, qualcuno si sposa, qualcuno si allontana...

Eppure il solito prosecco al solito barettino di paese ogni tanto lo si prende ancora, e quando siamo sempre lì siamo sempre noi. Friends ha parlato di me e degli amori della mia vita come nessuna serie aveva fatto prima, e io questo lo adorerò per sempre, anche quando riconosco che sta serie l'intersezionalità che oggi per me è così importante non sa manco dove stia di casa, che abbia dei limiti e che sia un frutto della sua epoca.


Quindi, con questa premessa che suona un po' come una giustificazione, pare chiaro che io la reunion la dovessi vedere. Mi sono presa il mio tempo, ma oggi eccoci qua a parlarne. 

La notizia dell'episodio speciale aveva lasciato i fan tra il perplesso e il felice come una Pasqua. Io pure non è che me la sia vissuta con troppa partecipazione, devo ammettere. Eppure, una volta emerso che non si sarebbe trattato di un episodio classico ma più di una chiacchierata per amore dei vecchi tempi, ho iniziato a cedere all'entusiasmo. Questo per una semplice ragione caratteriale: io ho nostalgia anche delle cose che non ho mai vissuto, sono malinconica di costituzione, e queste operazioni con me funzionano sempre. E infatti, lo dico subito così chi non è troppo interessato può fermarsi qua, a me la reunion è piaciuta, ma con delle riserve. 

Quando finisco una serie tv che ho tanto amato mi ritrovo (come immagino molti altri) a passare le ore su Youtube a guardare interviste, bloopers, backstage, ogni cosa che possa tenermi in compagnia ancora un po' di personaggi che non sono pronta a lasciare. Finisco puntualmente sul video che ritrae l'ultimo giorno di riprese (c'è sempre un video dell'ultimo giorno di riprese) e a quel punto mi si deve raccogliere con una spugna perché piango fino a sciogliermi. Pensare che non si vedranno più, che non lavoreranno più insieme, la fine di un'epoca...mi commuovono, che ci devo fare. Quindi questa reunion è proprio stata pensata su misura per farmi fare il piantino. Non importa se è un meccanismo di una faciloneria imbarazzante, a me è bastato rivederli sul set per sentirmi di nuovo "a casa". 


L'episodio è una bella passeggiata sul viale dei ricordi, nella quale emerge chiaramente che oggi proseguire con la serie non avrebbe avuto alcun senso. Li abbiamo salutati quando è stato giusto farlo, quando non ci sarebbe stato altro da raccontare. Invece è stato bello parlare con gli attori non solo dei momenti divertenti sul set, dei ricordi da simpatico dietro le quinte, ma anche accennare a cosa possa avere significato per loro e le loro vite partecipare a qualcosa di così globalmente dirompente come è stato Friends. Avrei voluto che quel segmento fosse più lungo, sono state dette cose interessanti che avrei avuto piacere a sentire un po' più a lungo sulla portata popolare della serie, sul boom di notorietà. Piacevoli anche i momenti nei quali si è parlato dei casting, della scrittura, della produzione: una serie non è solo i suoi protagonisti, sebbene a finire sulla copertina di Rolling Stones siano stati solo loro. Eppure, e qui arriviamo alla nota dolente dell'episodio: questi spazi piacevolissimi, che avrebbero così meritato di ricevere più attenzioni, sono stati brutalmente tagliati con l'accetta in favore di momenti assolutamente evitabili come la partecipazione di guest star assolutamente irrilevanti nella serie. Carini i mariachi di Ross a Rachel? Ma sì, però se hai lì Tom Selick non puoi lasciare più spazio a lui? Oppure, lungi da me voler dire anche solo una cosa negativa su quella meraviglia di Lady Gaga che amo sempre di amore appassionato, ma il suo segmento è stato solo una perdita di tempo. Così come la sfilata degli abiti più iconici. Quest'ultimo nel dettaglio è una cosa che avrei gradito moltissimo, se la reunion fosse stata una stagione intera. Ma in un singolo episodio? Mi ha ricordato lo straziante musical di Kurt nella spregevole nuova stagione di Una mamma per amica. Inutile e perditempo. Queste persone hanno lavorato insieme per dieci anni, di cose da dire ce ne sarebbero state milioni, certamente più stimolanti di vedere Justin Bieber con una brutta postura e il costume da armadillo di Ross.


La vera cosa che ho sofferto, però, è stata la quasi totale assenza di Matthew Perry. Chandler non è solo il mio personaggio preferito: è me sullo schermo. Non che io sia una persona simpatica, anzi. Però sono hopeless, and awkward and desperate for love, proprio come lui in una delle sue scene più famose, e dio solo sa se nel suo costante prendersi per il culo io non ci abbia visto mille volte me stessa. Nel suo rifiuto delle cose difficili, nel suo cancellare tutto quello che non va, nel suo usare la presa in giro per palesare affetto, ci sono sempre stata un pochino anche io. Perry ha avuto durante le riprese della serie il periodo più infelice della sua vita, e non sorprende che la sua partecipazione alla reunion sia stata così marginale. Io, però, da semplice spettatrice, ne ho sofferto un pochino, e il fatto che lui attribuisse la responsabilità del suo essere un po' perso ad un intervento subito poco prima non è di gran consolazione. Per me una reunion di Friends in cui c'è così poco di Chandler è una reunion a metà. Umanamente mi dispiace molto, con ogni probabilità si sarebbe tagliato una gamba piuttosto che essere lì e io di sicuro non lo biasimo, ma da semplice spettatrice avrei desiderato altro. 


Ripensandoci a mente fresca direi che la reunion era stata pensata in un modo piacevole: ripercorrere quello che è stato e come è stato, parlare della produzione, ridere insieme di cose passate. Sulla carta poteva essere magnifico per chi alla serie vuole molto bene, ma ha per me superato un pochino la linea del paraculismo, nello specifico nelle scene delle interviste ai fan. Io credo nel potere delle storie, ho da dieci anni un blog in cui parlo di quanto ami le storie, e lo so che alcune di queste ti danno gli strumenti per imparare a gestire meglio quello che succede quando spegni lo schermo o chiudi il libro. Lo so bene. Eppure sentir dire che Friends ha aiutato una persona che voleva togliersi la vita è una cosa che fatico a mettere nella giusta prospettiva. Forse ho solo la fortuna di non sapere cosa significhi soffrire di una patologia come la depressione, e in tal caso mi scuso se questa opinione risulta offensiva o ignorante. Veder spiattellato così, in mezzo a Jennifer Aniston che piange per i ricordi e Matt LeBlanc che legge il proprio "Ho cagato qui" sui pannelli del set, però, mi sembra solo un modo per dire: "Visto come siamo stati bravi? Madonna che roba proprio buona, proprio gente di buon cuore siamo", che non solo non è mai un sentimento genuino ma che soprattutto è un sentimento che fa bene solo a se stessi. Un antipatico autocompiacimento assolutamente non necessario. Vent'anni dopo la gente ancora parla di Friends, nel bene e nel male, questo tono non serve. 


Mi rendo conto che alla fine questo post suoni molto negativo, ma giuro che nonostante queste cose a me è piaciuto vederli tornare sul set, risedersi sui divani e le poltrone, rimettersi i vestiti, ripetere le battute. Non avrei voluto un episodio in cui Monica e Chandler mettono in punizione i gemelli, o uno in cui Phoebe e Mike pagano il rogito. Mi è sembrata la scelta migliore, anche se non sviluppata al meglio possibile.


Ma soprattutto, la sola e unica critica che conta: perché non c'era Paul Rudd?


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