sabato 15 luglio 2017

#CiaoNetflix: Holy Hell

11:38
Per qualche motivo siamo (plurale maiestatico) attratti dalle cose cupe, macabre, malsane. Serial killer, casi irrisolti, sette, luoghi infestati. Il mondo è pieno di gente affascinata da queste cose e io vorrei dire che non lo sono, ma mentirei sapendo di mentire. Perdo le serate a leggere di storie come quella di Cicada 3301, o sulle creepypasta, o sulle leggende metropolitane, come un quindicenne.
Le sette sono quelle che attraggono la parte più 'adulta' di me. Il modo in cui umani normalissimi vengono circuiti completamente da altri umani quasi normalissimi è per me fonte di incredibile curiosità. Netflix lo sa, e quindi mi propone Holy hell.

il trash di questa foto è quasi ammirevole
Buddhafield è stata una setta, attiva indicativamente per una ventina d'anni, guidata da Michel Rostand. A girare il documentario è uno dei membri che ha lasciato la comunità alla luce di terribili rivelazioni sulla guida spirituale a cui tutti si sono affidati così a lungo.

Ora, lo 'spoiler' non credo nemmeno sia tale. Se avete un minimo di conoscenza base sul mondo delle sette sapete che il sesso è uno degli elementi che per primi vengono ridiscussi. La sessualità non è quasi mai serena e convenzionale, ma diventa uno strumento, e Buddhafield non è certo da meno. Il passato di Michel è senz'altro più divertente, ma quando si parla della comunità tutto si fa più inquietante.

Buddhafield ha trovato nei suoi seguaci una folta comunità di persone dalla fortissima fede religiosa. Come spesso accade si è attaccata come una malattia tra chi ha avuto un vissuto complesso (il regista, per esempio, era stato cacciato di casa dai genitori perché omosessuale) e finisce per rovinare definitivamente menti già fragili. La cosa sconvolgente è quanto all'inizio Michel abbia sfruttato in un modo sporchissimo la fede di chi non aveva altro che quella. Ora, io non credo, ma so quanto la religione sia importante per chi ha una fede onesta. Lo so che pare strano credere esistano veri credenti, ma esistono eccome. Prendere un lato così forte della vita di qualcuno e sfruttarlo in modo così sfacciato, proponendo reali incontri con dio per esempio, è stata la manovra più subdola di Michel. Quello che accade dopo è una conseguenza di questo becero sfruttamento e del lavaggio del cervello che ne è seguito.
Le persone come Michel mi intrigano sempre per quello che riescono a fare a chi li circonda. Io non sono capace di convincere il mio moroso ad iniziare Sense8, questo convinceva degli sconosciuti a lasciare le loro vite per entrare nella sua, di esistenza. Ha convinto estranei ad idolatrarlo, a fare di lui la divinità che lui stesso ha sempre creduto di essere. Per me è una capacità incredibile. Ingiustificabile, ma incredibile.

Come spesso accade, il documentario è realizzato montando interviste alle persone scappate dalla setta e filmati reali della vita di Buddhafield, e se da un punto di vista 'tecnico' non mi ha colpito particolarmente, è senz'altro molto intenso. Buddhafield ha cambiato la vita di centinaia di persone, che ne porteranno i segni per sempre. E tutto per mano di una persona sola.

giovedì 13 luglio 2017

Nel guscio, Ian McEwan

17:51
Anni e anni fa ho letto Espiazione.
Pianti e disperazione, seguiti dalla decisione insindacabile che io, di McEwan non avrei mai più letto niente.
Accade poi che lo scrittore decida di prendere l'Amleto, un mio grandissimo amore, e di trasformarlo in un romanzetto breve ed esilarante, in cui a parlare sia un feto.
E niente, è stato di nuovo amore.



L'Amleto in questione, se così possiamo chiamarlo, è un feto senza nome, che vive beato nella pancia della sua mamma Trudy, involontario testimone del piano che Trudy e l'amante-cognato Claude stanno escogitando per uccidere John, il suo papà.
Nel frattempo degusta vini, ascolta podcast e dibattiti tv e si prende gioco di tutti noi.

Mettiamo che abbiate un pomeriggio libero. Che siate un po' stanchi, che il lavoro vi stressi, che il moroso vi tedi con la proposta di andare domenica a vedere l'Inter.
Facciamo così. Prendete Nel guscio, finitelo, poi tornate a ringraziarmi. (Anche se da ringraziare ci sarebbe Ian, ma tant'è). Sarà una lettura breve, quasi brevissima, ma piena. Il feto che parla è più brillante della maggior parte dei nati, ha spirito d'osservazione (paradosso, ok, intendo che è sveglio), e acume, assimila informazioni come una spugna e non manca di sottolineare tutto quello che sa, comprese le sue conoscenze sui vini (troppi) che la madre beve in gravidanza.

Gli adulti in questo libro sono passati sotto la più atroce delle lenti d'ingrandimento, quella dell'occhio giudicante e inflessibile dei bambini. Trudy è il personaggio più in contrasto, amatissima e tremenda madre assassina che il feto non può detestare sebbene lei con il suo comportamento sregolato lo metta anche a rischio, Claude è un pagliaccio, al quale il feto non concede un momento di tregua. Non ne fa una giusta, non è una bella persona e il feto non solo lo sa, ma nemmeno perde l'occasione di rimarcarlo. Il padre, invece, altro discorso. Ah, quanto amore ha questo feto per il suo papà! Sognatore illuso, il padre è un poeta innamorato e con delle fette di salame sugli occhi belle spesse come le tagliamo qui sul mantovano.

L'Amleto, quindi, diventa il racconto esilarante di una storia tragica, che non scade mai nella faciloneria delle risate crasse e scoreggione, ma che conferma come McEwan sia l'autore che tutti vorremmo essere.
Grazie al cielo abbiamo la fortuna di leggerlo.

sabato 8 luglio 2017

#CiaoNetflix: Okja

13:07
Non mi sono mai sentita particolarmente vicina alle tematiche animaliste. Ho due gatti che amo incredibilmente, ho sempre avuto gatti da che ho memoria, e sbatterei ai lavori forzati quelle bestie che usano violenza sugli animali perché non c'è niente che mi faccia più girare i cosiddetti della gratuità del male. Eppure mi tengo volentieri alla larga da quelli che 'I cani sono meglio delle persone' o da quelli che trattano meglio il loro animale rispetto alle persone di cui sono circondati (e il mondo di quella gente qui ne è pieno).
Okja, però, non è un cane, è un maiale. Un maialone dalle dimensioni esorbitanti, più simile ad un Totorone che ad un suino, dalle vaghe fattezze ippopotamesche, e non sono stata in grado di resisterle, anche alla luce delle recensioni entusiaste che sono girate sul web.


Okja è, come vi dicevo, un maiale. La sua razza è stata creata in laboratorio con lo scopo apparente di risolvere i gravi problemi di fame nel mondo. Alcuni esemplari sono stati spediti in giro per il mondo, da piccoli fattori che avevano il compito di crescere i super maiali. Noi conosciamo la storia del maiale spedito in Corea e cresciuto da una bambina, Mija, e da suo nonno. Quando la multinazionale tornerà in Corea per riprendersi Okja, la bambina non sarà disposta a lasciarla andare così facilmente.

Poteva essere uno di quei filmettini della mutua sul rapporto con i nostri amici animali (Paul, Beethoven, Io e Marley...) e causare in me quell'irritazione che il mio snobismo conosce così bene. Avrei potuto interromperlo a metà, presa dalla noia.
Invece mi sento come quando guardo un film dello Studio Ghibli: affascinata, commossa, piena di buoni sentimenti da un lato e incazzata nera con l'umanità dall'altro.
Okja ricorda un po' Nausicaa della valle del vento se vogliamo, nel modo in cui prima ti trascina in un mondo favolesco e poetico per poi prenderti per mano e mostrarti che non è vero niente, che anche gli idealisti possono essere degli stronzi, che una piccola buona azione non può surclassare il male che gli altri fanno, che i buoni non esistono, che sì Jake Gyllenhal fa tanto ridere ma alla fine è il più fetente di tutti.
Con il grottesco fa inorridire, in un modo che con me pochi altri hanno ottenuto.
In mezzo a tutto questo, alla denuncia, allo scoprire lo squallore di un sistema sbagliato in ogni suo aspetto, il barlume di luce che sta negli occhi di Mija. Mija non molla un cazzo. Vuole il suo maiale e se lo va a prendere, e vi voglio proprio vedere a fermarla. È stata tradita più volte, è stata ingannata, è stata arrestata, ma non sia mai che qualcosa la allontani dal suo sogno: tornare alla semplicità della sua vita con il suo maiale e il suo nonno. Combatte con i denti per la più umile delle esistenze, senza pretese nè lamentele, semplice e dolcissima. Non si è mai fermata a piangere in un angolino, come facciamo noi ogni giorno quando vediamo i documentari su come vengono trattati gli animali negli allevamenti intensivi per poi condividere la notizia su fb, scambiarci le reazioni tristi e poi tornare alla nostra grigliata del primo maggio. È una storia di amicizia straordinaria.

Badate bene che mangio pochissima carne ma non sono vegetariana. Ogni tanto, però, mi capita di pensarci, a cosa alimento grazie alla mia alimentazione (sorry not sorry), e di cercare di fare decisioni più ponderate.
Oggi, però, ci penso un po' di più.

giovedì 6 luglio 2017

Lo specchio nero - Gianluca Morozzi

19:45
Il bar in cui lavoro si trova in un paese che si chiama Bozzolo, è in provincia di Mantova. Domani sera, a Bozzolo, ci sarà Gianluca Morozzi a presentare il suo nuovo romanzo, Lo specchio nero.
Il caso vuole che io facessi la corte al signor Morozzi da un po', cioè da quando Francesca Crescentini, la solita Tegamini di cui vi parlo sempre, ha parlato di Radiomorte.
Radiomorte ancora non l'ho letto, ma la mia biblioteca aveva giusto appena comprato questo, quindi ne ho approfittato.


Il romanzo parla di Walter, direttore editoriale di una casa editrice bolognese. Un giorno si risveglia sul luogo di un delitto, chiuso a chiave tra due porte che solo lui stesso può aver chiuso. Walter non ricorda niente, ma sa per certo di essere innocente. Nella settimana successiva all'omicidio cercherà di fare chiarezza sull'accaduto.
Avevo detto che non ero più attratta dai gialli, e lo confermo. Inseguivo Morozzi perché le parole entusiaste di Francesca mi avevano contagiato (debole che non sono altro), ma non era tanto il genere ad interessarmi quanto piuttosto un nuovo autore con cui ricominciare il mio rapporto con la narrativa italiana.
Sono incuriosita?
Senz'altro.
Sono innamorata senza possibilità di redenzione?
No.
Lo specchio nero parte con ottime premesse, che suonano molto citazioniste (stanze chiuse dall'interno? Edgar Allan Poe, sei tu quello che intravedo?), e ritrae alcuni spaccati d'Italia molto interessanti. Ruoli di potere raggiunti con mezzi, diciamo, alternativi, sette religiose e le loro conseguenze, la realtà degradata dei quartieri più disagiati delle grandi città.
Tutto ciò, però, non sembra stare in piedi con un vero intento di approfondimento, quanto piuttosto come se tutto fosse solo volto alla risoluzione del caso. La sensazione è che ogni dettaglio sia messo lì apposta perché noi lo notiamo, così che poi il lettore possa sommare i pezzi del puzzle. Questo, ormai, è un lato dell'esperienza di lettrice che non mi importa più molto, ho avuto la sensazione di giocare ad un libro game e purtroppo non è più quello che cerco.
Oltretutto in questo caso l'assassino non è nemmeno un gorilla, che era una soluzione che con un eufemismo definirei brillante, quindi non ho nemmeno avuto particolare entusiasmo per il finale, che secondo me è il vero punto debole.
Questo non significa che ho chiuso con Morozzi. Radiomorte mi aspetterà, e non ho nessuna intenzione di fermare qui il mio ritorno all'Italia che scrive.
Solo, con qualche giallo in meno.

lunedì 3 luglio 2017

The devil's candy

16:06
Oh, Sean. La blogosfera lo diceva che eri tornato, ma io li ignoravo. Li ignoravo perché sono scema, e oggi sono qui a pentirmi del mio essere scema prostrandomi ai tuoi piedi con questo post.
Ti vogliamo tutti molto bene e siamo molto grati tu esista.




Lo Sean con cui parlo è Sean Byrne, che qualche anno fa mi ha causato una bella notte insonne con il suo The Loved Ones, e che a quanto pare fa solo film (belli) con titoli bellissimi.
In questo, Liz di Roswell è sposata con un pittore, con il quale ha una figlia, Zooey. I tre comprano una casa nuova, ma fin dalla prima sera la loro tranquillità è disturbata da un omone che si presenta alla loro porta, sostenendo di essere il figlio della coppia morta in quella stessa casa tempo prima.

Poco tempo fa, parlando di The town that dreaded sundown, ho detto cosa mi piace di alcuni horror recenti. Dicevo che amo come qualcuno (quelli più intelligenti) prenda elementi classici e canonici per rifinirli, risistemarli, smussarli, per regalarci un'esperienza tradizionale ma allo stesso tempo innovativa.
Ecco, abbiamo un nuovo nome da aggiungere all'elenco.
The devil's candy parte da una premessa che conosciamo come le nostre tasche: famiglia compra casa, in casa c'è stata una tragedia, papà è quello che la 'sente' di più.
Amityville, certo, ma anche quel signorino sconosciuto di Shining.
Ora, non è che adesso mi metto a fare paragoni giganteschi, ma il film di Byrne mi ha commossa tantissimo, e un horror non mi commoveva (?) da tempo.
Andiamo con ordine, però.

La casa nuova. Elemento principale di questo sottogenere, a volte è quasi un personaggio del film. L'Overlook lo era, era protagonista. Qua no, la casa è solo un pretesto. Non è una di quelle incantevoli magioni vittoriane per le quali la sottoscritta perde la testa in tempo record, no no. È una bella casona, ma anonima, senza alcun valore se non quello di essere una gran fonte di gioia che poi si trasforma in disgrazia.
La famiglia. Ogni recensione di questo film che esista nel web parla di quanto incantevole sia questa famiglia. A costo di ripetermi, i tre sono uno spettacolo. Imperfetti, uno schiaffo in faccia agli ideali borghesotti che ci vengono spesso schiaffati in faccia, ma pieni di un amore limpido e genuino, legati da un rapporto quasi amicale. Empatizzare e non soffrire con loro è impossibile.
Elemento demoniaco, perché c'è. Partendo dal presupposto che se anche solo si fa intuire alla lontana che Big S è coinvolto io me la facio addosso preventivamente, il film è furbo e lo usa solo come 'voce nella testa'. Conseguenza? Ancora più paura. Sipario.
Cattivo e violenza sono inversamente proporzionali. Tanto più il personaggio Pruitt Taylor Vince è ripugnante e colmo di disagio, allo stesso tempo Bryne si prende la libertà di non mostrarci niente di sconvolgente dal punto di vista del sangue. Non che non ce ne sia, ma lui non ha bisogno di farci sbarrare gli occhi dallo sgomento.
Ci ha fatto spalancare il cuore, e quello è molto, molto più difficile.

sabato 1 luglio 2017

Liebster award 2017

13:40
Time for some meravigliosi fattacci nostri, il mio momento preferito della blogosfera!
Quest anno mi sono portata a casa tre Liebsters, il che significa che ho una marea di domande a cui rispondere. Accorciamo quindi la mia consueta intro e passiamo alle risposte.



Domande di Kara LaFayette:

1) Scegli il tuo film d'autore preferito e quello commerciale.

Shining perché la sua esistenza mi ha insegnato che fino a quel momento avevo guardato al cinema nel più sbagliato dei modi. Il labirinto del fauno e La città incantata finiscono la sacra triade dei miei film intoccabili. Valgono come commerciali anche se non sono statunitensi?:D


2) Se fossi un produttore molto ricco, in quale progetto cinematografico tratto da un romanzo (o racconto) ti imbatteresti? 
S A N D M A N.
Ok, è un fumetto. Ho barato? Però, immaginatevelo quel Cumberbatch che sogno come Morfeo, avanti. Me lo merito un film su Sandman. Il mondo lo merita.

3) Qual è l’attrice più sopravvalutata (non vale dire Meryl Streep per citare Trump)? E l’attore? Quali sono, invece, attori e attrici più sottovalutati?
Ce ne sono molte che non mi piacciono: Keira Knightley, Carey Mulligan...ma la regina delle mie nemiche è lei: ANNE HATHAWAY. Uomini: non.trovo eccezionale Robert Downey Jr, anzi onestamente lo tollero pochissimo. Sottovalutati: il mio grande amore Martin Freeman e Natalie Portman.

4) Qualche tempo fa, Iñárritu affermò che i cinecomics fossero un genocidio culturale. Molti di noi lo hanno preso a pernacchie, essendo una generalizzazione estrema ed esagerata. Ma alla luce dei fatti poco gloriosi (non del botteghino, ma della reale qualità di alcuni cinecomics), oggi che ne pensi? 
Sono combattuta. Da un lato penso che i genocidi culturali siano ben altro, dall'altro penso anche che proprio chi produce prodotti così pop avrebbe il potere di usare il cinema - ma anche qualsiasi altro media - come veicolo di messaggi importanti, per esempio, oppure sfruttare personaggi dalla grande notorietà per guadagnare creando però un prodotto di qualità. Mi sembra che ci si sia provato in qualche caso, e quindi non mi sento di demonizzare. Ciò detto, a me i cinecomic non piacciono, mi rompo le scatole al minuto 6.
5) Che rapporto hai con l’animazone? Lungometraggi o serie TV animate ti interessano? Se sì, quali ti sono entrati nel cuore?
 Non la amo, guardo poche cose e molto selezionate. Di solito non sono interessata nè a Disney - Pixar, nè a Dreamworks, fatte ovviamente le dovute eccezioni. Il mio cuore va allo Studio Ghibli, pur non essendo io un'appassionata di cultura nipponica. Tra i miei preferiti, Ghibli e non: La città incantata, ovviamente, Wolf children, Song of the sea, Il castello errante di Howl, Dragon Trainer, Shrek.
6) Cosa pensi davvero dei cagatori di minchia (categoria da me messa in risalto) ai quali non piace mai niente e dove tutto viene scisso in capolavoro assoluto o merda?
 Siccome un tempo ero la Regina Autoeletta dei Cagatori di Minchia oggi li guardo con il doppio della severità, perché se ce l'ho fatta io a smettere allora possono tutti.
7) Sei chiuso in ascensore con Takashi Miike, Nicolas Winding Refn e Patty Jenkins. Tutti e tre ti fissano in silenzio con le braccia conserte, in attesa che tu dica qualcosa. Di cosa parli? A chi ti rivolgi per primo? 
 Refn! Il mio rivolgermi a lui sarebbe perlopiù fissarlo intensamente e cercare di trasmettergli amore.
8) Ti svegli una mattina e non sei più tu. Ti guardi allo specchio e sei diventato/a un personaggio di un film o di una serie TV. Quale?
Oh, se proprio devo scegliere allora Eva Green in Penny Dreadful.
9) Sei all’interno di The Sims, la fattucchiera ti porta la lampada magica da strofinare. Scegli i tuoi tre desideri.
 1) Vivere facendo quello che amo
2) Una casa con un soppalco e una mansarda. E una veranda con il portico. E una libreria gigantesca.
3) C'è una, e una sola, parte del mio corpo che detesto. Fattucchiera, sai cosa fare.
10) Hai mai partecipato alla realizzazione di un film o serie TV? Se sì, quali? e se no, ti piacerebbe? In quale ruolo?
 Ho sempre preferito il ruolo di spettatore, ma adorerei essere quella che gira per il mondo in cerca di oggetti di scena, nei mercatini dell'artigianato e dell'antiquariato. Esiste ancora una professione del genere?
11) La tua colonna sonora cinematografica preferita.
Orgoglio e pregiudizio, Only lovers left alive, Dirty Dancing, Sense8. (Ok, è una serie, ma che colonna sonora pazzesca ha?)


Domande di Giulia:

1) Qual'è il personaggio d'invenzione nel quale ti riesci ad immedesimare maggiormente e perché?

Questa domanda spunta ogni anno e io, dopo diversi tentativi, non ho ancora trovato la risposta giusta.

2) Qual è il personaggio d'invenzione che hai detestato o detesti fortemente e perché?

Va beh dai qua non c'è gara per nessuno al mondo: Dolores Umbridge.

3) C'è qualcosa che hai imparato e che adesso fa parte del tuo bagaglio personale dalla tua esperienza nella blogosfera?

L'umiltà, l'imparare sempre da chi ha qualcosa da trasmettere e la fragilità delle opinioni.

4) Qual è il motivo che ti spinge a scrivere?

Non ho motivi di natura psicologica troppo approfonditi, semplicemente mi piace farlo, mi appaga e mi sento sempre di stare spendendo bene il mio tempo se lo sto passando scrivendo.

5) Visione in sala o visione casalinga?

Entrambe, assolutamente. Per fortuna non si escludono.

6) Qual è il primo film in DVD/Blu-ray che hai acquistato?

Non ne acquisto mai, ma il mio primo è stato La casa, in un'uscita in edicola di mille anni fa. Prima di allora, quasi solo VHS per ovvi motivi non acquistate da me.

7) C'è un film (o anche più di uno) che assolutamente guardi una volta l'anno dovesse cascare il mondo?

I tre della mia Sacra Triade citati sopra: Shining, Il labirinto del fauno, La città incantata.

8) Quale film avresti voluto dirigere? Avresti cambiato qualcosa?

Risponderò a questa domanda come rispondo ogni volta che mi viene fatta: L'Esorcista, così magari ne avrei un po' meno paura.

9) Un film che hai interrotto a metà visione o meno e perché.

L'altro giorno ho iniziato Quarto potere ma non l'ho ancora finito perché devo incastrare le cose da fare in bizzarri orari di lavoro, quindi spezzo tutto!

10) Il cibo che preferisci mangiare durante la visione di un film.

Le patatine alla paprica, mio grande amore. 

11) Blockbuster o cinema indipendente?

Come sopra: entrambe. Per fortuna abbiamo una vasta scelta!

Domande di Marco:

1) Cosa ti ha spinto ad aprire un blog?

La voglia di trovare persone che condividessero la mia stessa passione.

2) Se potessi tornare indietro nel tempo, cambieresti qualche fatto storico? Se sì, quale e in che modo lo cambieresti?

Aiuto, che domandona. Impossibile sceglierne uno, la storia è piena di brutture. La salita al potere dei pentastellati però è una cosa che mi sarebbe piaciuto evitare, se vogliamo stare nei tempi recenti.

3) Quale personaggio di fantasia (cinema, letteratura o fumetti) vorresti come migliore amico?

Fumetti: Death, sorella di Morfeo. Letteratura: quel cazzone di Bartimeus. Cinema: Ash Williams, non scherziamo. 

4) Avete qualche ricordo particolarmente emozionante legato ad una giornata (serata) al cinema?

Ero in sala a vedere il remake di Evil Dead. Film finito, sala svuotata. Eravamo rimasti solo io e il mio ragazzo e una coppia di uomini cresciutelli. Ho avuto la sensazione fossero grandi amanti della saga originale, perché quando è comparso il profilo di Bruce sullo schermo sono scoppiati a ridere. Me li sono immaginati giovani e appassionati, davanti al vecchio film, e mi sono emozionata. Sparate ancora merda sui remake, però, voialtri.

5) Con quale criterio collezionate i vostri dvd/bluray?

Non colleziono:(

6) In quale città o luogo cinematografico, reale o non, vorreste andare in vacanza?

Ma Crystal Lake chiaramente!
No, ok, scherzo. La Contea.

7) Ti svegli e sei l'uomo più ricco del mondo. Come cambia la tua vita?

Smetto di lavorare come dipendente e apro la mia attività. Compro casa ai miei e una mansardina per me, poi finisco di pagare la macchina e quando la mia attività sarà ben avviata mollerò tutto e mi ritirerò a non fare niente dalla mattina alla sera. So che molti dicono che non sarebbero in grado di lasciare il lavoro, ma io sì, eccome. Vi riempirei l'amazon di libri indesiderati:D

8) Quale canzone vorresti fosse suonata al tuo funerale?

Non mi piace l'idea di dovermela scegliere, vorrei che qualcuno scegliesse qualcosa che gli ricorda me.

9) Se dovessi dare a tuo figlio un nome cinematografico, quale sarebbe?

I nomi dei miei figli sono belli che selezionati, ma posso dire che Ophelia per una bambina è tra le possibili selezioni!:D

10) A quale film associate la vostra infanzia?

Dirty Dancing, il mio migliore amico since 1990.

11) Con quale blogger, che seguite più o meno assiduamente, uscireste a bere una birra?

Praticamente con tutti, perché mi sono data all'arte buongiornissima di defolloware chi non mi interessava più seguire per un motivo o per un altro, quindi unirei un paio di tavoli e li conoscerei volentieri tutti!

Il regolamente vuole che io tagghi 11 persone, ma andrò per il mio classico: se passate di qui e leggete queste domande significa che siete taggati. Vediamo se riesco a farmi sufficientemente i fatti vostri:

.Quali sono i film e i libri di cui hai paura? Non intendo paura da film horror, intendo quelli che non hai ancora affrontato per timore siano troppo grandi.
. Preferisci scrivere recensioni positive o negative? Ovviamente tutti preferiamo vedere bei film, ma proprio dal punto di vista della scrittura, cosa ti diverte di più?
. Ho preso una cotta per Adam Driver. Io ho fatto coming out, tocca a voi: attore o attrice bruttarelli ma che vi piacciono da matti. Qua tutte a dire di Fassbender, ma io voglio la verità.
. Avete la possibilità di far scrivere la vostra biografia ad uno scrittore, non necessariamente il vostro preferito: chi scegliete?
. La colonna sonora della vostra vita?
. Quando scrivete, che sia un post o che sia altro, cosa ascoltate? Riuscite ad avere un sottofondo o vi serve il silenzio?
. Avete scritto il fumetto della vita, sapete che cambierete le sorti dell'editoria. A chi lo fate disegnare?
. A quale grande concerto del passato avreste voluto partecipare?
. Ho detto nelle risposte che odio i cinecomic. Se li ami, vuoi provare a farmi cambiare idea?
. C'è una citazione cinematografica che è diventata parte del tuo linguaggio comune? Quale?
. Visione di film domestica: divano, letto, poltrona? Pc, telefono, televisione, proiettore? Come vi gestite?

Non vedo l'ora di farmi i fatti vostri:D

giovedì 29 giugno 2017

Il bazar dei brutti sogni - Stephen King

16:02
Non sono capace - nè tantomeno voglio - di porre alcuna resistenza quando esce il nome di King.
Finchè lui scrive io leggo, punto.
Non staremo qui a discutere degli alti e bassi della sua carriera, dei romanzi preferiti (Dolores Claiborne, Dolores Claiborne, Dolores Claiborne!) nè di quelli sfavoriti (oh, a me La Torre Nera annoia), nè del suo essere il più pop tra gli autori contemporanei.
Una cosa, però, è un dato di fatto, un dogma quasi religioso, un mantra da ripetersi nei momenti di incertezza:
Come li scrive bene lui, i racconti, quasi nessuno.




Il bazar dei brutti sogni è la sua ultima raccolta, datata 2015. È composta da 16 racconti, 2 poesie e 2 novellette. Non è che possiamo star qui a recensirli singolarmente, ma tanto per darvi un'idea veloce: secondo me sono più le storie che funzionano che quelle che falliscono. Che poi, non è che ami usare il verbo fallire, intendo solo che la maggior parte mi sono piaciute, ecco.

Storie come Ur, Miglio 81, Tuono d'estate, La duna, Il bambino cattivo e Una morte sono secondo me l'essenza del Kingone al cubo. Auto maledette (Miglio 81), dispositivi elettronici misteriosi, isole che anticipano la morte, bambini crudeli senza motivazioni e condanne a morte sono cose che abbiamo già sentito e amato dalle sue labbra. Non importa, perché quando l'argomento è maneggiato così bene potrà anche essere ripetuto all'infinito ma si ama comunque. Sono aspetti che hanno caratterizzato King fin dal principio della sua carriera e che oggi, dopo anni e migliaia di parole, non hanno perso smalto. Anche quando si corre il rischio di trovarli prevedibili (come è stato per me Giù di corda, già pubblicato in Notte buia, niente stelle), la qualità non cala.

Certo, non sono pazzeschi tutti e 18. Potrei (ehm) anche avere evitato del tutto le poesie. Nel complesso, però, le storie che proprio non mi sono piaciute sono pochissime, una su tutte Blocco Billy, la storia sportiva che mi ha annoiato a morte.
Quando Stephen King scrive racconti, però, tira fuori il meglio dalle sue parole, e ritorna agli antichi fasti.

Più noi pivelli pensiamo che King abbia finito il carburante e si avvicini alla destinazione, più lui se la prende a male e allora ricominciano i brividi.
Di gioia, però.

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